La invisibile forza lavoro negli appalti
Lo scorso 28 aprile 2017, il Tribunale di Padova ha emesso una ordinanza importante a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori ed applica nella fattispecie l’art. 29 comma 3 dlgs 276/2003 come modificato dalla legge 122/2016, secondo cui l’assunzione di personale in occasione del cambio di appalto può configurare un trasferimento di azienda o ramo di azienda. In caso di trasferimento di azienda, l’art. 2112 codice civile impone il passaggio ope legis del personale da cedente a cessionario con conservazione dei diritti (quindi niente trattative al ribasso per intenderci).
Si può configurare trasferimento di azienda anche nel cambio di appalto che si realizzi mediante la mera assunzione di personale prescindendo dall’acquisizione di mezzi ove tale contingente di personale sia stabilmente organizzato e dotato di specifiche abilità e mantenga, con il cambio di appalto, la sua consistenza e attitudine a produrre determinati beni e servizi.
Citiamo testualmente da un’altra sentenza, del Tribunale di Roma del settembre 2016
L’istruttoria svolta (v. deposizioni degli informatori Ma. e So.) ha dimostrato che i ricorrenti hanno lavorato per molti anni presso il magazzino dove erano adibiti al momento del licenziamento, in virtù di ripetuti contratti di assunzione con le diverse società appaltatrici che si sono susseguite nella gestione dell’azienda (v. anche documenti in atti); i diversi cambi appalto coinvolgevano in blocco tutti i lavoratori addetti al magazzino, incluso il capo impianto, e nei vari passaggi non vi era una significativa discontinuità d’impresa; i lavoratori quasi non si accorgevano del cambio di appaltatore, ne venivano informati dai sindacati e poi l’azienda subentrante proponeva il nuovo contratto di lavoro .
Secondo la più recente ed evoluta interpretazione dell’art. 2112, che è conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia, che trova spazio anche nella giurisprudenza interna di legittimità e merito ed è oggi suffragata dalla recente modifica legislativa dell’art. 29, comma 3, d.lgs. 276/2003 (v. art. 30, l. 122/2016), si ha infatti trasferimento d’azienda anche nell’ipotesi di cambio appalto, quando il passaggio dei lavoratori da un appaltatore all’altro non determini una significativa discontinuità dell’impresa, indipendentemente dal trasferimento contestuale di beni materiali e dall’esistenza di rapporti contrattuali tra impresa cessante e impresa subentrante.”
La sentenza di Padova prevede dunque la conferma dei contratti alle medesime condizioni previste dal CCNL Multiservizi e il ripristino delle stesse condizioni contrattuali (ore) precedenti al passaggio al cambio di appalto. Il ricorso era stato patrocinato dal sindacato ADL (associazione difesa lavoratori) a tutela dei lavoratori impiegati nel servizio di guardiania presso filiali di una importante Banca ma crediamo che il principio possa valere per tutte le altre situazioni in cui avviene un cambio di appalto.
Ma cosa è accaduto?
I lavoratori erano inquadrati con il CCNL Multiservizi/Pulizie (circa 1200 € lorde al mese per 170 ore mensili – per un netto di circa 1000 €) , un contratto che pur avendo una paga base piuttosto bassa puo’contare sull’articolo 4 che prevede la clausola sociale della conservazione del posto di lavoro. La ditta subentrante nell’appalto che si è aggiudicata la nuova gara ha deciso di applicare un altro contratto, quello dei “servizi fiduciari e vigilanza privata” per altro piu’ sfavorevole con una paga base decisamente piu’ bassa che alla fine comportava lo stipendio mensile di centinaia di euro in meno.
Ora nei cambi di appalto si verificano due condizioni particolarmente sfavorevoli, da una parte si riducono le ore perché cambiano le condizioni della gara o perché il sindacato si fa promotore di una riduzione concordata delle ore individuali per scongiurare eventuali perdite di posti di lavoro.
E’ accaduto in ogni comparto e parte d’Italia, una volta aggiudicata la gara (spesso anche all’ombra della Pubblica amministrazione), vengono convocati i sindacati maggiormente rappresentativi (che nel privato poi sono ormai quelli firmatari dell’accordo sulla rappresnetanza del Gennaio 2014), viene detto loro che le mutate condizioni nell’appalto determinano cambiamenti tali da mettere in discussione la conservazione di tutti i posti e alle medesime condizioni, a quel punto si organizza una assemblea tra iscritti o \e lavoratori raccontando che bisogna fare dei sacrifici per salvaguardare l’occupazione tagliandosi tutte\i un po’ di ore e di salario.
Queste assemblee nascono dalla paura e dalla disinformazione perchè il punto di vista padronale diventa quello del sindacato che si piega alle ragioni della controparte e parte con una mediazione al ribasso, cedere sull’impianto generale per poi cantare vittoria.
Ma in questo modo il sindacato non esce vincitore e la forza lavoro si rassegna in preda a paure e ignara di quelli che sono anche i piu’ elementari diritti. Il monopolio della conoscenza, la disinformazione e la paura giocano ruoli determinanti. Chi non accetta compromessi a perdere si rivolge spesso al sindacato di base quando ormai è troppo tardi per scongiurare i danni provocati dalla gestione non conflittuale della trattativa che accompagna il cambio di appalto, anzi in molti casi di trattativa non c’è traccia alcuna
La seconda condizione vede il cambio del contratto applicato con l’adozione di un ccnl decisamente sfavorevole che determina anche contributi previdenziali piu’ leggeri per chi ha già la certezza di arrivare alla soglia dei 70 anni di età con pochi e miseri contributi.
L’azione legale intrapresa da Adl contestava il cambio di appalto rifacendosi alla normativa L. 122/2016 che recepisce una Direttiva Europea in tema di cambi di appalto.
Cosa dice questa legge?
Intanto chiunque vinca un appalto deve dimostrare di avere una struttura organizzativa ed operativa autonoma, è impensabile insomma che vinca una gara una ditta o cooperativa che non abbia una sua struttura organizzativa, dei responsabili, delle divise , dei dpi e strumenti lavorativi autonomi. Questo accade per evitare che ci siano delle aggiudicazioni a cooperative e ditte che di fatto non hanno autonomia organizzativa e gestionale. Il nuovo appaltatore poi è tenuto a subentrare in tutti i rapporti lavorativi dal vecchio appaltatore, insomma deve garantire la continuità del rapporto con tanto di anzianità di servizio, trattamenti retributivi, orario di lavoro e inquadramento, risponde con il vecchio appaltatore per eventuali crediti dei dipendenti al momento del trasferimento
La sentenza del Tribunale di Padova poi riprende quell’articolo della costituzione, (art 36 che riportiamo integralmente il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non puo’ rinunziarvi) che parla di una retribuzione dignitosa in grado di assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza dignitosa.
Questa sentenza è importante anche perché stabilisce la continuità del rapporto di lavoro e la tutela dei contratti pre esistenti
Bisogna assicurare sempre e comunque il passaggio diretto di tutti i lavoratori e le lavoratrici da un appalto all’altro al fine di scongiurare che una forza lavoro eccedente sia addotta come giustificazione per ridurre le ore o per aprire procedure di licenziamenti collettivi.
Il ruolo del committente è di primaria importanza nel determinare condizioni a tutela della forza lavoro negli appalti, per questo bisogna considerare gli enti pubblici interlocutori nella definizione degli stessi capitolati evitando che con la “scusa” dell’acquisto di pacchetti direttamente da Consip o dalle città metropolitane si disimpegnino sul versante delle tutele collettive ed individuali limitandosi a un generico riferimento al contratto nazionale applicato. Insomma non basta applicare generiche clausole sociali che non mettono al riparo da perdite salariali, dall’aumento dei carichi di lavoro, dalla riduzione degli organici.
Ci sono allora due ambiti ben precisi in cui operare, il primo è quello della fase in cui le gare di appalto vengono scritte e realizzate al fine di inserire tutte le clausole sociali necessarie, per stabilire un controllo effettivo della stazione appaltante che si estenda anche alle condizioni di lavoro, il secondo ambito riguarda la contrattazione con le ditte nell’appalto per evitare trattative e accordi al ribasso.
Nel primo ambito il ruolo delle Rsu negli enti pubblici potrebbe essere decisivo se solo si affermasse il principio che i lavoratori degli appalti vanno tutelati al pari di quelli a gestione diretta. Ma la logica dei confederali è ben altra, dividere i lavoratori in diversi comparti, non metterli insieme per rivendicare condizioni di vita e di lavoro dignitose e con la divisione vince solo il padrone, pubblico o privato che sia.
Nel secondo caso, se i sindacati rappresentativi si fanno loro stessi promotori di accordi a perdere, si determinano tutte le condizioni per peggiorare la qualità dei servizi erogati deteriorando condizioni lavorative e di vita già precarie e poco dignitose.
Il sindacato, i lavoratori e le lavoratrici non possono aspettare il momento dell’aggiudicazione della gara quando in molti casi è troppo tardi per scongiurare il disimpegno economico (riduzione di risorse, cambiamenti nell’appalto che potrebbero giustificare una riduzione della forza lavoro) dell’ente pubblico
E in questa ottica la sentenza di Padova puo’ essere di aiuto, ovvio insieme alla nostra determinazione .e a un approccio sindacale nei cambi di appalto antitetico a quello visto, anzi subito, negli ultimi anni.
Le prossime settimane, con il rinnovo estivo di tanti appalti all’ombra della pubblica amministrazione, potrebbero essere il campo di azione dove sperimentare nuove forme di conflitto e di azione sindacale anche se all’orizzonte non intravediamo nessun segnale di rottura con un presente fatto di sfruttamento, precariato e e subalternità. Ovviamente ci auguriamo di essere smentiti.
Federico Giusti
7/5/2017 www.controlacrisi.org
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