La legge che precetta i lavoratori fu voluta da sindacati confederali e centrosinistra, e Salvini la peggiora ancora

Prima Repubblica. Paradossi – Lo strano caso della 146/90 che Salvini ora vuole cambiare. Fu approvata coi voti di Dc, Pci e Psi e sostenuta da Cgil, Cisl e Uil: serviva ad arginare i sindacati di base

Il ministro Matteo Salvini dice che occorre modificare la legge 146/90 che regolamenta il diritto di sciopero perché “se devi fare uno sciopero al giorno vuol dire che lo sciopero non funziona più”. Ancora qualche giorno fa se la prendeva con “l’ennesimo venerdì di sciopero caratterizzato, non solo da caos e disagi, ma soprattutto da violenze, scontri e danneggiamenti a beni pubblici e privati”. L’obiettivo è cambiare la legge nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, ma il paradosso è che se la prende con una legge che è stata voluta dai sindacati e che è invece utilizzata proprio per limitare il diritto di sciopero, ad esempio con l’abuso della precettazione e il sostegno che a questa garantisce la Commissione di garanzia. È quindi uno strano caso, quello della 146/90, nata in una situazione “consociativa” della Prima Repubblica, approvata con il voto favorevole di Dc, Pci e Psi, voluta fortemente dai sindacati e che oggi sembra rivolgersi contro i lavoratori e le lavoratrici.

Quando nel maggio 1990 la Camera diede il via libero definitivo al governo c’era l’immarcescibile Giulio Andreotti (sesto governo) e il ministro del Lavoro era Carlo Donat-Cattin: la legge, però, fu di iniziativa parlamentare. Anzi, di iniziativa sindacale potendo contare in Parlamento, tra l’altro, sul lavoro di un luminare del giuslavorismo italiano come Gino Giugni, al momento dell’approvazione presidente della Commissione Lavoro del Senato. Cgil, Cisl e Uil salutarono positivamente l’approvazione della legge – “era ora che il Parlamento si decidesse”, disse l’allora segretario generale aggiunto della Cgil, Ottaviano Del Turco – anche perché recepiva le preoccupazioni relative all’ascesa del movimento sindacale extra-confederale, che si materializzava in scioperi molto duri, definiti “selvaggi”, ad esempio nel comparto trasporti. Scioperi dei macchinisti o di “aquila selvaggia”, i piloti del comparto aereo. Non a caso l’Unità del 25 maggio 1990, nel dare conto del voto della Camera, titolava: “Governo diviso sulla legge ‘anti-Cobas'”, cioè gli organismi sindacali di tipo nuovo che erano sorti nel corso degli Anni 80, inizialmente nella scuola pubblica, e che, ad esempio, trovarono terreno favorevole nelle Ferrovie con la creazione del Coordinamento macchinisti uniti di Ezio Gallori.

La legge voleva regolare quel tipo di conflitto e dare ordine a uno scontro sociale che iniziava a sembrare fuori portata. A sorreggere le nuove norme, quindi, erano i giuslavoristi di riferimento del sindacato (Giugni, il professor Giorgio Ghezzi che è deputato del Pci in quella legislatura e partecipa attivamente al dibattito, mentre giuslavoristi di area sindacale come Tiziano Treu o Umberto Romagnoli saranno tra i componenti della prima Commissione di Garanzia). Il Partito comunista, segretario Achille Occhetto, è tra i fautori della legge e nel suo intervento finale, tenuto da Novello Pallanti, ricorda innanzitutto che questa “ha avuto un’origine che si può definire sindacale” e la definisce “una legge di grande valore sociale , civile, politico e costituzionale”. Sembrano però profetiche le parole pronunciate in aula da uno dei pochi oppositori, Giovanni Russo Spena, intervenuto a nome di Democrazia proletaria (che con Verdi e Verdi Arcobaleno nutre i 26 voti contrari contro i 333 favorevoli): “Mi preme dire che alcuni partiti della sinistra, e segnatamente quello comunista, hanno compiuto un errore che in futuro potrà essere pagato in maniera grave anche dal movimento sindacale nel suo insieme, essendo questa una legge pilota che può essere utilizzata a seconda dei rapporti sociali di forza”.

Quasi 35 anni dopo, il problema sembra proprio quello dei rapporti di forza. Se sono più sfavorevoli al mondo del lavoro, come è ormai evidente da qualche decennio, la legge costituisce un’arma contundente che finisce per limitare il diritto di sciopero. Di questo è fortemente convinto l’avvocato del lavoro Lorenzo Franceschinis, consulente di buona parte del sindacalismo di base e in particolare del sindacato dei trasporti Orsa, precettato lo scorso ottobre a Milano: “Uno dei segnali dell’impatto negativo della legge sul diritto di sciopero è che grazie alla 146 si fanno accordi di categoria che limitano già in partenza quel diritto”. Ma il problema principale, oltre al diritto di precettazione stabilito dall’articolo 8, è il ruolo della Commissione. Questa è indicata dai presidenti delle Camere e poi ratificata dal capo dello Stato, ma nasce nel contesto della Prima Repubblica, in cui le opposizioni avevano spesso la presidenza di una delle due assemblee legislative. La Commissione aveva così una effettiva funzione di garanzia politica.

La prima Commissione è presieduta dal professor Sabino Cassese e tra i suoi membri si trovano nomi come Aris Accornero oltre ai citati Treu e Romagnoli. Dal 1996 a presiederla sarà Gino Giugni e tra i membri ci sono figure come Ugo Rescigno. Oggi a presiedere la Commissione è la professoressa Paola Bellocchi, ordinaria di Diritto del lavoro all’università di Teramo per la cui nomina il gover no ha riaperto il bando. Che il problema risieda nel ruolo della Commissione è l’opinione della Cgil, per lo meno della categoria Trasporti. Stefano Malorgio, segretario della Filt, la categoria più esposta all’impatto della legge, pensa che “la Commissione di garanzia sta dando interpretazioni restrittive soprattutto nei confronti delle grandi organizzazioni e non agisce invece nei confronti delle aziende, che pure ha nno una responsabilità”.

Bisognerebbe quindi agire in direzione di una riduzione della conflittualità, eliminando le cause degli scioperi, in particolare con la stipula di contratti. Ma anche Malorgio sostiene che la Commissione era nata come istituto di “garanzia”, quindi super-partes, mentre oggi appare di parte e così ci si trova di fronte a “un uso eccessivo delle precettazioni anche quando si ris pettano tutte le norme”.La precettazione e il ruolo della Commissione di garanzia sono definiti dalla legge, da cui non si può certamente prescindere. Se verrà cambiata, come dice Salvini, sarà in peggio. Ma è difficile non credere che abbia avuto un ruolo di depotenziamento dello sciopero.

Salvatore Cannavò

16/12/2014 https://www.ilfattoquotidiano.it

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