La lotta per l’abolizione dell’ergastolo tra populismo penale, voglia di riscatto e Costituzione tradita.
In alcuni momenti si è persino sfiorato questo traguardo. Nel 2008 la commissione per la riforma del codice penale aboliva il carcere a vita dal nostro ordinamento. Anche oggi, nonostante il populismo penale sembra farla da padrone, si percepisce consenso riguardo all’abolizione dell’ergastolo. Diversi sono i disegni de legge abolizionisti presentati anche durante l’ultima legislatura e, per ultimo, dagli Stati generali dell’esecuzione penale era uscita la volontà di superare concretamente l’ostatività indirizzando la commissione per la riforma dell’ordinamento penitenziario verso l’abolizione sia dell’ergastolo che dell’ostatività, salvo poi annullare tale volontà nella legge delega dalla quale prende avvio la riforma dell’ordinamento, varata dal governo uscente ed ancora oggi bloccata per le note vicende politiche che stanno attraversando l’Italia. Testimonial importanti si sono schierati dalla nostra parte sia in ambito cattolico sia tra i familiari delle vittime.
E allora ci chiediamo quali siano gli ostacoli alla rimozione di un obbrobrio giuridico disumano e incostituzionale che uccide torturando lentamente il diritto e la speranza di riscatto di chi è condannato a morte fino alla morte.
Una delle risposte plausibili è la mancanza di coraggio politico in uno Stato che ha sacrificato i diritti umani, tutti, in una logica di mercato dove il profitto viene prima del benessere collettivo di ognuno e ciascuno, dove la sicurezza è argomento da talk show politici che hanno come unico obiettivo quello di intimorire la società, farla sentire più insicura, farle avere paura. Perché secondo uno schema che va sempre più consolidandosi, attraverso la paura si dominano le popolazioni. E attorno alle paure sociali, reali o indotte che siano, si ingenera la richiesta di sicurezza, di pene esemplari, di più galera per tutti mercificando i diritti e le libertà tramutando la nostra Costituzione in carta straccia. A conferma di questo basta leggere il contratto di governo sottoscritto da Lega e 5 Stelle che seppellisce definitivamente lo Stato di Diritto a favore dello Stato penale.
Negli scorsi mesi ci siamo messi in gioco sostenendo un progetto politico partito dal basso, Potere al Popolo, che ha accolto e condiviso nel programma elettorale alcune delle battaglie che da anni ormai portiamo avanti. Non era scontato che una formazione giovane ed eterogenea come questa accogliesse punti tanto spinosi e controversi. Al di là del risultato elettorale è stata una occasione costruttiva che ci ha permesso innanzitutto di sfatare la retorica securitaria ed emergenziale che da oltre un quarto di secolo impera attraverso decine di incontri formali e informali dove si è discusso di ergastolo e 41 bis fuori dai circuiti di “addetti ai lavori” che solitamente affrontano questi temi. Abbiamo avuto la possibilità di trovare nuovi interlocutori e di intessere relazioni positive per il futuro perché riteniamo che queste battaglie, per essere vinte, devono essere portate nella società. È necessario, oggi più che mai, provare a far nascere una nuova sensibilità diffusa affinchè si superi non solo l’ergastolo ma la necessità della segregazione fisica, della privazione della libertà, come dispositivo correttivo dei mali sociali. Ritornare ad essere “comunità sociale” contro lo Stato penale. Pretendere la certezza dei diritti prima della certezza della pena.
Il prossimo 26 giugno, in occasione della giornata mondiale delle vittime di tortura, assieme all’Associazione Liberarsi, a Ristretti Orizzonti e all’Associazione Fuori dall’Ombra, sosterremo la terza giornata di digiuno nazionale per l’abolizione del fine pena mai con la consapevolezza che può siamo in una fase storica e politica in cui i Diritti sembrano scomparsi. E a maggior ragione non si deve mollare.
Associazione Yairaiha Onlus
22/5/2018 www.yairaiha.org
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