La Medicina penalizza le Donne

Le malattie comuni ad entrambi i sessi non sono eguali nel maschio e nella femmina e si differenziano per vari fattori, inclusi la prevalenza, i sintomi e gli esiti. Esistono anche altre importanti differenze che riguardano le modalità con cui l’organismo degli uomini e delle donne reagisce alla presenza dei farmaci nel corpo umano.  Sappiamo anche che la tossicità dei farmaci è differente e che solitamente le donne subiscono maggiormente gli effetti tossici dei farmaci.  E’ necessario un nuovo approccio nei percorsi di ricerca farmaceutica per sanare questa ingiustizia nei confronti delle donne.

L’approvazione di nuovi farmaci viene attualmente realizzata a livello dell’EMA (European Medicines Agency) sulla base delle regole dettate dalla legislazione europea. In pratica, i nuovi farmaci, per essere autorizzati, devono garantire tre importanti caratteristiche: “qualità, efficacia e sicurezza”. Questi elementi sono adeguati per farmaci che agiscono sui sintomi o malattie per i quali non siano autorizzati altri trattamenti, ma non sono sufficienti quando siano già disponibili altri farmaci per la stessa indicazione terapeutica. Infatti, spesso non sappiamo se il nuovo farmaco sia meglio o peggio rispetto a quelli già esistenti, perché mancano studi di confronto oppure perché come controllo si usa il placebo invece del migliore trattamento in uso nella pratica clinica. Questa è una situazione inaccettabile da un punto di vista etico, soprattutto quando si tratta di malattie gravi e croniche, e che va chiaramente a vantaggio delle industrie che commercializzano i farmaci e non della salute pubblica. Lo scenario cambierebbe completamente se la legislazione stabilisse l’approvazione dei nuovi farmaci sulla base di “qualità, efficacia, sicurezza e valore terapeutico aggiunto”. In questo caso sarebbe necessario fare studi comparativi e dimostrare che il nuovo farmaco migliora esiti importanti di efficacia e/o sicurezza rispetto alle alternative disponibili. Di conseguenza se il nuovo farmaco fosse uguale o inferiore a ciò che abbiamo già non verrebbe approvato; se dimostrasse di essere superiore, gli altri farmaci non avrebbero più ragione di essere utilizzati.

Come è noto, il percorso di ricerca necessario per arrivare all’autorizzazione di un nuovo farmaco è molto lungo e complesso. In linea generale inizia con studi preclinici in vitro e poi in vivo su varie specie animali. Questi modelli nella stragrande maggioranza sono maschi, a meno che non si tratti di una malattia che colpisce solo le donne, e giovani. Esaurita la parte preclinica sono tre le fasi cliniche: la fase 1, che serve per studiare la farmacocinetica, le tossicità e stabilire la dose massima tollerata, coinvolge in genere soggetti volontari sani quasi esclusivamente maschi. La fase 2, che serve per estendere lo studio della farmacocinetica nella popolazione target e per studiare la risposta, è spesso condotta negli uomini. Infine, anche nella fase 3, che serve a stabilire l’efficacia del nuovo farmaco, la maggioranza dei soggetti che partecipano agli studi sono uomini adulti prevalentemente nell’età fra 20 e 65 anni. Per la fase 3 sono normalmente necessari due studi clinici, ed entrambi sono realizzati dall’industria interessata a commercializzare il farmaco. Si otterrebbe maggiore obiettività se uno dei due studi fosse svolto da un ente indipendente.

Una delle principali problematiche dell’attuale impostazione del processo di sviluppo e approvazione dei farmaci riguarda la rappresentatività delle popolazioni studiate negli studi clinici. Più del 50 percento della spesa per i farmaci viene utilizzata per gli anziani che frequentemente non sono inclusi negli studi sperimentali. Le fragilità, comorbidità, la differente farmacocinetica nelle persone anziane possono alterare significativamente l’efficacia e la tollerabilità dei farmaci, per cui estendere i risultati ottenuti in una popolazione di adulti spesso non è corretto. Un discorso simile può essere fatto per i bambini, nei quali i farmaci vengono spesso utilizzati aggiustando le dosi dell’adulto in base al peso corporeo, dimenticando che il bambino non è un piccolo adulto, ma un organismo in crescita sul quale il farmaco potrebbe avere effetti diversi.

Peggio ancora è la situazione delle donne perché negli studi clinici controllati vengono incluse solo quando già la maggior parte delle caratteristiche del farmaco sono state acquisite nell’uomo (1). Non solo, ma vengono inserite in una percentuale insufficiente e ciò avviene per varie ragioni incluso il rischio di una possibile gravidanza. Si stima che per circa il 75 percento degli studi di fase 3 non sia possibile stabilire il livello di efficacia per l’uomo e per la donna e quindi anche i dati relativi alla femmina vengono accorpati a quelli dei maschi. Tuttavia, è noto che uomini e donne differiscano per molti aspetti dal punto di vista genetico, epigenetico e ormonale e ciò causi notevoli differenze nella fisiologia e nello sviluppo e manifestazione delle malattie. Le donne hanno un cromosoma diverso dall’uomo, hanno una situazione ormonale completamente differente, un sistema immunitario più efficace di quello degli uomini.

Silvio Garattini e Rita Banzi

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13/12/2023

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