LA MIGRAZIONE, IL VIAGGIO PER MARE E IL NAUFRAGIO: UN TEMA ORIGINARIO
Estraggo da un mio scritto su “lavoro, contadini e migrazione” in corso di pubblicazione, di fronte all’immane e non isolata tragedia.
Per delineare la prospettiva transepocale appropriata, è utile richiamare un documento originario della cultura europea, il poema Opere e giorni (Eργα καὶ Ἡμέραι) di Esiodo, in 828 esametri, concepito nell’VIII secolo a.C.. L’autore è nato ad Ascra, in Beozia, ed è figlio di un migrante economico. La circostanza dell’emigrazione del padre è ricordata vividamente: “…andava per mare, mancando di beni per vivere, e qui giunse una volta, compiuto un gran tratto di mare, lasciata l’eolica Cuma, sulla sua nave nera; non beni fuggendo, né ricchezza, né prosperità ma la malvagia miseria che Zeus agli uomini manda; venne ad abitare vicino all’Elicona, in un tristo villaggio, ad Ascra, d’inverno cattiva, aspra d’estate, piacevole mai”(1). Siamo all’interno del perimetro dell’epica classica ma qui il focus è il dramma sociale e umano dell’emigrazione. Poco più oltre, un verso incisivo e quanto mai attuale: “Sorte paurosa è morire nel mare in tempesta”(2). L’illustrazione di Giacomo Manzù, che arricchisce l’edizione introdotta da Salvatore Quasimodo, ben rappresenta la pericolosità e la necessità del navigare, alla ricerca di fortuna, tipiche della condizione dell’umanità mediterranea.
CARLO DE FILIPPIS
Note
1. Esiodo, Opere e giorni, traduzione di Graziano Arrighetti, Garzanti, Milano, 1985, versi 633-640, pp. 43-45
2. Esiodo, Le opere e i giorni, Edizioni dell’Elefante, traduzione di Fausto Codino, saggio introduttivo di Salvatore Quasimodo, illustrazioni di Giacomo Manzù, Roma, 1966, verso 687, pag. 89
27/2/2023
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