LA MISERA SCUOLA DI VALDITARA
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L’anno scolastico appena cominciato, il secondo dell’era Valditara, si preannuncia complicato , e questa non è una novità, sempre più orientato al modello della scuola per il mercato e le imprese. Rimangono i problemi di sempre, lo stato deplorevole di molti edifici, la piaga del precariato ( 200 mila docenti) , gli stipendi magri rispetto alla media europea, l’affollamento delle classi nonostante il calo demografico, l’accorpamento di istituti che producono mostruosità di agglomerati di studenti e docenti solo su base numerica.
In queste settimane si assiste anche alle trattative per il rinnovo del contratto nazionale. Dall’osservazione del dialogo tra governo e sindacati appare chiaro che anche questa volta non ci sono e non ci saranno risorse sufficienti per migliorare il funzionamento delle scuole. Se dal punto di vista economico non c’è da stare allegri, ci sono molti altri elementi di preoccupazione, per tutti, lavoratrici e lavoratori, studenti e studentesse, genitori e più in generale, i cittadini.. Il ministro Valditara, che ha esordito, nel suo incarico, cambiando il nome al Ministero, nel corso di quest’anno non ha fatto mancare le occasioni per far sapere quale scuola vuole realizzare: Una scuola semplificata, dice, libera dalla burocrazia.
Come si potrà realisticamente semplificare e migliorare il funzionamento di mega istituti condotti da segreterie ridotte a sparuti gruppi di assistenti amministrativi che devono destreggiarsi tra complicatissime gestioni dei Pon e mille altre incombenze.
Non basta aumentare la digitalizzazione , se la scuola continua ad essere considerata un nodo di dislocazione di risorse finanziarie. Tutti i fondi apparentemente dedicati alla scuola attraverso i Pon ed il Pnrr ad esempio, non rispondono alle reali necessità delle scuole stesse,( ristrutturazioni, ampliamenti, disponibilità di organico), ma a esigenze del mercato.
A beneficiare in modo consistente della cura Valditara quest’anno è l’istruzione tecnica e professionale, la cui riforma è stata approvata in Consiglio dei Ministri . Viene delineata la “ filiera formativa tecnologica – professionale. Dal 2024/25 si avvia la sperimentazione di istituti tecnici e professionali con durata quadriennale seguiti da un biennio presso gli ITS Academy. Si prevede un importante ruolo delle Regioni, che si occupano già di formazione professionale, ed un intenso collegamento con il mondo del lavoro, con una didattica molto più laboratoriale ed un incremento dell’alternanza scuola lavoro.Si realizza così, a parere del ministro, un eccellente risultato, “Oggi l’istruzione tecnica e professionale diventa finalmente un canale di serie A, in grado di garantire agli studenti una formazione che valorizzi i talenti e le potenzialità di ognuno e sia spendibile nel mondo del lavoro, garantendo competitività al nostro sistema produttivo” Salutata con grande favore dal mondo dell’industria la canalizzazione ricorda un po’ le scuole di avviamento, in chiave moderna, naturalmente. D’altra parte, sembra sempre più dominante l’idea di una scuola che separi al più presto i destini professionali dei giovani anzi giovanissimi, grazie anche all’altra grande novità, le figure di docenti tutor ed orientatori che in splendida sinergia con il mondo del lavoro sapranno indirizzare dalla più tenera età gli studenti. I quali potranno scoprire attitudini ed inclinazioni ed incanalarsi, appunto, nella giusta posizione. Perchè a cosa deve servire la scuola se non a produrre lavoratori e lavoratrici adeguatamente preparati al roseo futuro di precarietà e flessibilità che li attende?
Ma anche per chi nella scuola lavora. docenti e non, le condizioni non migliorano e anzi peggiorano, come si vede dalle questioni sindacali, per cui i pochi spiccioli riconosciuti devono bastare per incarichi, scartoffie burocratiche, assalti alla libertà d’insegnamento e al ruolo stesso del docente, al quale viene chiesto di partecipare ad una scuola che sia funzionale al sistema, che anche se si definisce comunità educante e democratica è sempre meno luogo di discussione e crescita, spesso alla mercè del dirigente scolastico che dispone e impone le direttive ministeriali.
Il ministro ha dichiarato pure che nella scuola, secondo lui, vale la regola delle “due elle”:“Per me vale la regola delle due ‘elle’: libertà e lavoro. La scuola deve educare a diventare cittadini maturi e consapevoli, capaci di scegliere, senza essere alla mercè di persone, istituzioni, gruppi, ideologie. Deve educare alla libertà, e lo fa attraverso la cultura, la preparazione che è disciplinare e umana. E poi deve insegnare la bellezza del lavoro. In conformità ancora una volta con la nostra Costituzione. Se a bimbi di 8 anni un artigiano mostra come ha costruito un tavolo che esprime la sua arte, con competenza e sacrificio, si vedrà che con quelle mani e con quell’ ingegno si creano oggetti meravigliosi. E li si apprezzerà”.
E se per il lavoro, come si è visto, la soluzione è far entrare in tutti i modi le imprese nella scuola, attraverso una didattica utilitaristica ed uno stretto controllo sulla produzione di futura manodopera, che cosa significherà , la Libertà ? non certo che si possa fare ciò che si vuole ! Anzi, la disciplina e finanche l’umiliazione sono formative. Forse la libertà che intende il ministro è quella della scelta educativa tra scuola statale e scuola paritaria, che la nostra Costituzione riconosce ma senza oneri per lo Stato, mentre il ministro ha annunciato, finanziamenti straordinari, la possibilità di accedere ai pon e l’equiparazione dei servizi prestati nelle scuole paritarie per l’abilitazione.
Piccoli, e grandi passi verso la distruzione della scuola statale, sempre più povera nella sostanza, perché non riceve quello di cui ha bisogno, sempre più classista, caricata di tante e tali funzioni da oscurare quella principale di formazione culturale e di cittadinanza, di istruzione e cultura. La scuola del sistema deve preparare i più grandi al lavoro, deve funzionare da parcheggio per i più piccoli ( l’altra grande idea è di allungare i periodi di apertura delle scuole), far crescere il mercato della tecnologia, favorire l’iniziativa di privati. Tutto tranne che costruire comunità democratiche di individui liberi, dotati di spirito critico e degli strumenti per leggere la realtà sociale e politica.
Loretta Deluca
Insegnante. Collaboratrice redazionale diLavoro e Salute
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