La mortalità durante la pandemia di COVID-19 nei Sistemi Locali del Lavoro

Il quadro generale

La pandemia di COVID-19 ha colpito in maniera particolarmente pesante il nostro paese. Secondo i dati riportati nel sito¹ del Johns Hopkins Coronavirus Resource Center al 31 maggio siamo il sesto paese al mondo per numero di casi e il terzo per decessi. Si tratta ovviamente di dati non perfettamente comparabili, visto che ogni paese utilizza un proprio criterio nell’individuazione dei contagiati e dei morti per COVID-19, come ben diversa è l’incidenza dei test effettuati sull’insieme della popolazione. Nonostante questi problemi di comparabilità, non c’è dubbio che l’Italia sia stata uno dei paesi più colpiti sia in termini di diffusione dell’epidemia che di esiti letali.

Come è noto, questi ultimi nel nostro paese si riferiscono a decessi di persone notificate come positive al COVID-19. Questa potrebbe, quindi, non esser stata la causa (unica o principale) della morte, come è possibile che in diversi casi al deceduto non sia stata diagnosticata l’infezione. Inoltre, va considerato che in molte aree del paese l’impatto della pandemia sulle strutture sanitarie è stato talmente ampio e repentino da aver sicuramente avuto conseguenze negative sul decorso delle altre patologie. Eccezion fatta, ovviamente, per gli incidenti stradali e altre cause di natura accidentale che il lockdown generalizzato scattato l’11 marzo dovrebbe aver fortemente ridotto.

Per assicurare una lettura complessiva e tempestiva dell’impatto diretto e indiretto della pandemia sulla mortalità l’Istat ha opportunamente diffuso dati sulla mortalità giornaliera nel 2020 confrontandola con quanto avvenuto nel quinquennio 2015-2019. Un primo rilascio relativo a 1.689 comuni è avvenuto il 16 aprile² un secondo più ampio il 4 maggio con un rapporto preparato congiuntamente dall’Istat e dall’Iss. In questo caso sono stati diffusi i dati relativi a 6.866 comuni (pari all’86% della popolazione residente) per il primo trimestre (1° gennaio–31 marzo) degli anni 2015-2020, ottenuti grazie all’integrazione dei dati provenienti dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) con quelli dell’Anagrafe Tributaria. Per 4.344 comuni (pari al 57% della popolazione residente) sono anche stati forniti dati fino al 15 aprile 2020. Si tratta di informazioni che si sono rilevate di grande utilità per comprendere la dinamica della pandemia e il suo impatto complessivo sulla mortalità, dando luogo a diversi contributi alcuni ospitati anche su Neodemos³.

La mortalità nel 2020

In primo luogo, appare interessante considerare gli andamenti cumulati dei decessi dal 1° gennaio per gli anni dal 2015 al 2020 per i due sottoinsiemi di comuni. Dalla Fig. 1 si può notare come ai due estremi si trovino il 2016 e il 2017. Il 2016 può essere considerato un anno positivo per l’andamento della mortalità. Non solo registra il minor numero di decessi nelle prime settimane dell’anno nei due gruppi di comuni, ma anche il totale annuale per l’intero paese (615.261) rappresenta il minimo del periodo. Di conseguenza la stima della speranza di vita alla nascita è aumentata nel 2016 di 0,5 anni, principalmente dovuti alla diminuzione della mortalità delle persone con 65 anni e più. All’altro estremo troviamo il 2017, segnato da un forte impatto dell’influenza stagionale e un visibile aumento nel numero dei decessi nei primi mesi, con 649.061 morti a fine anno4. Il 2020, l’anno di nostro interesse, segna un andamento della mortalità molto vicino al minimo del 2016 fino alla fine di febbraio (ovvero nel periodo compreso fra il 60° e il 70° giorno dell’anno), dopo di che registra un sostenuto aumento dei valori.

In questa sede abbiamo cercato di offrire una lettura di questi dati attraverso una griglia territoriale diversa da quella amministrativa, considerando i Sistemi Locali del Lavoro (SLL). Queste sono aggregazioni di comuni definite dall’Istat utilizzando i flussi degli spostamenti giornalieri casa/lavoro dei residenti, e presentano il vantaggio di riflettere le reali dinamiche economiche e sociali che caratterizzano il territorio piuttosto che i confini amministrativi. Inoltre, nel nostro caso permettono di considerare realtà demografiche più ristrette delle province ma più ampie dei comuni, con ovvie ricadute positive dal punto di vista statistico soprattutto nelle regioni del Nord dove maggiore è stato l’impatto della pandemia ma anche più frammentata è la partizione amministrativa del territorio. Al fine di aumentare la robustezza delle analisi svolte si è scelto di concentrarsi solo sugli SLL i cui dati di mortalità (a livello comunale), alle due date, assicuravano una percentuale di copertura in termini di popolazione residente pari almeno al 75% del totale. Si tratta di 460 SLL al 31 marzo e di 238 al 15 aprile5

In Figura 2a e in Figura 2b è possibile osservare graficamente i risultati dell’analisi sui 460 SLL di cui si dispone dei dati fino al 31 marzo. Si è scelto di fermarsi a tale data e non considerare i dati al 15 aprile per offrire un’analisi basata su una proporzione di SLL decisamente più elevata (pari al 75% del totale degli SLL contro il 39%). La data di inizio, il 20 febbraio, coincide con il primo decesso per COVID-19 riportato al Sistema di Sorveglianza Integrata dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

In Fig.2a sono rappresentati gli SLL distinti cromaticamente in base alla variazione percentuale nel numero dei decessi osservati nel periodo 20 febbraio-31 marzo 2020 rispetto alla media nello stesso periodo dei precedenti 5 anni. I 42 SLL in rosso acceso, hanno sperimentato nel 2020 più che un raddoppio dei decessi rispetto a quanto osservato in media negli anni precedenti. Quasi tutti questi SLL si trovano in Lombardia e nella parte occidentale dell’Emilia-Romagna, lungo l’asse Piacenza – Fidenza – Parma, sono adiacenti e generano una ampia zona duramente colpita. Il massimo aumento si registra nel SLL di Albino (73 mila ab., +647%), seguito da quelli di Clusone (39 mila ab., +474%) e Grumello del Monte (82 mila ab., +468%); il più colpito tra i SLL con più di 100 mila abitanti è Bergamo (803 mila ab., + 374%) che precede Chiari (193 mila ab., +339%) e Cremona (142 mila ab., + 328%). Da segnalare, inoltre, la presenza di singoli Sistemi separati dallo hotspot lombardo come i piccoli SLL di Canazei e Castelrotto in Alto Adige e di Garessio in provincia di Cuneo e il più grande di Pesaro (122 mila ab.; +200%) nelle Marche. Intorno alla grande zona appena descritta, è presente una cintura di SLL anch’essi duramente colpiti dall’aumento di mortalità con crescite comprese tra il 25% e il doppio dei decessi osservati nel periodo di confronto. SLL in cui si osserva una variazione percentuale come questa ce ne sono altri sparsi in tutta la penisola – tra i più colpiti e popolosi Cattolica (Romagna e Marche, 50 mila ab.) +86%, Imperia (Liguria; 59 mila ab.) +85%, Aosta (Val D’Aosta; 78 mila ab.) +37%, Augusta (Sicilia; 74 mila ab.) +27% e Sassari (Sardegna; 206 mila ab.) +28% – indici di focolai scoppiati al di fuori dell’area di massimo impatto e rimasti, fortunatamente, circoscritti alle zone interessate. Ancora più alto (139) il numero di SLL dove l’incremento di mortalità non supera il 25%: gran parte di questi si trova al Nord, ma diversi sono presenti nell’Italia Centrale e nel Mezzogiorno. I restanti 118 SLL presentano una diminuzione di mortalità, si collocano prevalentemente nel Mezzogiorno e nell’Italia centrale ma non mancano al Nord, in particolare in Emilia-Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

Nella Figura 2b, invece, abbiamo considerato l’andamento dei decessi negli SLL in termini di Z-score: una misura di sintesi costruita rapportando la differenza tra valore osservato nel 2020 e media 2015-2019 alla deviazione standard del numero dei decessi dei cinque anni precedenti. Le dimensioni demografiche dei Sistemi Locali del Lavoro presentano infatti ampie differenze, dalle grandi città metropolitane (Milano, Torino, Roma e Napoli) ad aggregazioni di piccoli comuni, tener conto della variabilità dei decessi nel periodo utilizzato permette di considerare questo fattore e irrobustisce i risultati dell’analisi. Per capire meglio come agisce la variabilità nell’analisi dei risultati osserviamo alcuni SLL; i sistemi locali del lavoro di Albino e Bergamo presentano valori tra i più elevati sia in termini di variazione percentuale di decessi sia in termini di Z-score. Albino, in particolare, ha sperimentato durante la pandemia la più elevata variazione di decessi, con un aumento di quasi 6,5 volte rispetto allo stesso periodo negli anni precedenti e, anche tenendo conto della variabilità, risulta avere il valore dello Z-score più alto tra tutti gli SLL: 131. Un numero di decessi, nel periodo sotto esame, 131 volte la variabilità espressa in termini di deviazione standard, un evento tragicamente eccezionale. Il SLL di Albino comprende il comune di Nembro, uno dei focolai più devastanti, e a differenza di quello di Codogno, compreso nel SLL di Lodi (224 mila ab.; +290%), non dichiarato zona rossa. Anche Bergamo, SLL dieci volte più popoloso di Albino, ha sperimentato un aumento tragico dei decessi: nel 2020 si è osservato il 374% in più di decessi rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Elevato anche lo Z-score, 59, che indica come l’aumento dei decessi sia superiore di quasi sessanta volte la variabilità osservata tra 2015 e 2019. In questo SLL è presente il comune di Alzano Lombardo, che insieme a Nembro, ha sperimentato una mortalità dieci volte superiore al livello degli anni precedenti. Osservando congiuntamente le due mappe si può constatare come il grande hotspot lombardo-emiliano che ha sperimentato un aumento di mortalità molto elevato in termini di variazione percentuale si conferma la zona con gli Z-score maggiori, con aumenti superiori a 15 volte la variabilità del fenomeno negli anni di confronto. Al di fuori di quest’area vanno segnalati, in primis, i due SLL di Rimini (195 mila ab.) e Pesaro che presentano un valore dello Z-score rispettivamente pari a 21 e 34 e poi altri SLL sparsi che presentano valori di Z-score compresi tra 5 e 10 localizzati quasi completamente nella zona di maggiore impatto con l’eccezione di Cattolica e Riccione (56 mila ab.) in Emilia-Romagna (10 e 6, rispettivamente), Augusta in Sicilia (5) e Muravera (23 mila ab.) in Sardegna (8).

Per cogliere l’evoluzione del fenomeno in questi primi mesi del 2020 e valutare l’aumento della mortalità su base annua si è scelto di selezionare alcuni SLL e mostrare il trend della variazione di decessi tra il 2020 e gli anni precedenti, partendo in questo caso dal 1 gennaio – anche se i dati in figura sono presentati dal 20 febbraio. Nella figura 3 si possono così osservare gli andamenti di 17 tra i sistemi che hanno sperimentato una variazione di mortalità tra le più elevate e che hanno una popolazione residente di almeno 70.000 residenti, e i 4 sistemi delle principali città metropolitane italiane. Solo Milano tra gli SLL metropolitani risulta aver sperimentato un aumento (27% in più) dei decessi rispetto agli anni precedenti, Roma e Napoli osservano una diminuzione dei decessi, mentre Torino si avvicina al pareggio dei valori con una crescita nella seconda metà di marzo che andrà verificata con i dati di aprile. Emerge ovviamente il SLL di Albino che mostra una variazione nei decessi altissima, pari ad un aumento di oltre 2 volte e mezza il numero medio di decessi osservato negli anni 2015-2019. Oltre al livello si vedono anche chiare differenze nell’inizio della sovramortalità: Lodi (il sistema di Codogno) e Pesaro, ad esempio, vengono ben presto superati dal sistema di Albino e in seguito da altri sistemi lombardi. Un andamento che sicuramente risente della chiusura anticipata di alcune aree e del ritardato lockdown in altre.

Sembra, infine, che gli SLL composti dai comuni che forniscono i dati fino al 15 aprile mostrino una sostanziale stabilizzazione nelle tendenze della mortalità, quando non l’accenno di un calo nell’incremento. Essendo dati cumulati è probabile che i trend tenderanno a diminuire maggiormente nel medio periodo. Questo è difficile a dirsi o a prevedersi per quei comuni i cui dati si fermano al 31 marzo, ma si può forse presumere (e augurarsi) che anche questi si allineino a questo andamento, vista l’introduzione di un lockdown totale l’11 marzo.

Conclusione

Dall’analisi effettuata emerge l’impatto devastante che la pandemia ha avuto sulla mortalità di una vasta area del paese, molto più elevato di quanto non dicano i dati del Sistema di Sorveglianza. Emergono anche profonde differenze territoriali, spesso all’interno delle stesse regioni. Un’indicazione, quest’ultima, che dovrebbe far riflettere, in questa fase di riapertura delle attività, sulla necessità di avere dati di monitoraggio che tengano conto dei reali rapporti di natura economica e sociale che caratterizzano i territori per permettere interventi più mirati e calibrati. Il confronto dell’andamento del fenomeno nei sistemi dove più elevato è stato l’impatto della pandemia mostrano chiaramente come l’adozione di provvedimenti di chiusura ha rallentato la crescita del fenomeno e ne ha consentito la stabilizzazione. Da questo punto di vista, va sottolineato come il provvedimento di lockdown generalizzato dell’11 marzo ha permesso di circoscrivere la pandemia in una parte del paese, evitando che gli stessi livelli di questa area si raggiungessero in tutto il territorio nazionale. Ha anche permesso una inversione delle curve, che è augurabile sia confermata dai dati dei prossimi mesi.

L’analizzare dei decessi non ci ha mai fatto dimenticare di considerare delle persone, morte molto prima di quanto tutti si aspettassero e in condizioni strazianti. Il nostro rispetto va a loro e il nostro ringraziamento alle persone che hanno fatto di tutto per salvarle e assisterle.

Note

¹Dati relativi alla pandemia sono disponibili anche a: www.ecdc.europa.eu;
https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019; https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/
e per i dati giornalieri dei decessi: www.euromomo.eu

² www.istat.it

³ G.C. Blangiardo, Effetti demografici di Covid-19: scenari di mortalità e S. Prati e P. Pezzotti, L’eccesso di mortalità totale dovuta al COVID-19. Cosa ci dicono dati ISTAT e ISS.

4 www.epicentro.iss.it
www.istat.it

5 I Sistemi che non raggiungevano questa soglia sono riportati in bianco nelle mappe.

Corrado Bonifazi, Daniele De Rocchi, Frank Heins, Giacomo Panzeri

17/6/2020 https://www.neodemos.info

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