La morte del giovane Moussa Diarra

Anzitutto esprimo le più vive condoglianze a familiari e amici per la morte del giovane Moussa Diarra fuggito dal Mali alla ricerca di una migliore speranza di vita e di salute ; è evidente che nulla potrà risarcire veramente per questa morte ma c’è anche il rischio che l’evento venga considerato “normale” e inevitabile contribuendo e creare le condizioni che facilitano il ripetersi di luttuosi eventi analoghi; le manifestazioni d solidarietà all’agente di polizia vanno in quella direzione; purtroppo alla fine degli anni settanta del secolo scorso fu accantonato il saggio principio secondo cui la condotta reattiva delle “forze dell’ordine” non dovesse travalicare la “entità lesionistica” del rischio subito; la cosiddetta “legge Reale” superò questo principio consentendo dislivelli nelle condotte reattive/aggressive che, come prevedibile, determinarono morti e lutti evitabili; il concetto di “uguale livello di entità lesionistica” tuttavia rimane sul piano etico, sociale e politico l’unico accettabile; in altri termini se una persona , ancor più in condizioni di disagio o addirittura in stato confusionale, minaccia o colpisce con un bastone o con un coltello , non si può “rispondere” con un’ arma da fuoco; mi ha sollecitato a riflettere sulla tragica recente vicenda di Verona un commento , peraltro di una fonte giornalistica che ritengo molto valida ed attendibile, che ha sollevato la questione della mancata disponibilità in quella circostanza della pistola taser; è stata asserita una mancata
disponibilità per mancato approvvigionamento; non condivido il ragionamento di fondo; l’evento non doveva essere gestito né con proiettili ma neanche con la pistola taser ; è significativo che il via libera alla pistola taser pare essere stato facilitato da un altro evento tragico accaduto alcuni anni fa a Genova nel corso di un tentativo di gestire un tso (trattamento sanitario obbligatorio in ambito psichiatrico) : dalla pistola dell’agente erano partiti tre colpi che colpirono la persona ; alcune fonti istituzionali videro in quell’evento la opportunità per sponsorizzare la pistola taser in quanto arma “meno pericolosa”; in verità deve essere evitata anche la pistola taser che, in tutto il mondo, ha causato già numerose vittime; allora che fare ?

Non conosco , se non dalle cronache giornalistiche , la effettiva dinamica che ha portato alla morte del giovane Moussa Diarra ; credo tuttavia che situazioni analoghe debbano essere gestite diversamente da quanto accaduto; se il ragazzo deceduto (così ha riferito qualche fonte) brandiva un coltello, ferma restando la necessità di far intervenire un “negoziatore” professionale , l’intervento “fisico” residuo , in caso di fallimento di ogni possibilità di dialogo, deve essere gestito certo con garanzia di protezione degli agenti ma questo non necessita di armi da fuoco bensì di barriere fisiche contro armi da taglio; occorre cioè pensare a veri e propri ddppii (come per qualunque altro rischio lavorativo) senza innescare una escalation di mezzi lesivi ; anche il numero degli agenti che intervengono è importante e deve essere garantito un numero congruo di presenze; questo si è visto chiaramente anche in interventi di “contenimento” di persone in condizioni di scompenso psichiatrico : il numero delle persone che intervengono è garanzia di sicurezza perché “nessuno” (né il paziente né gli operatori sanitari) si faccia male”;

le cronache riferiscono di inizìative di solidarietà con l’agente che ha aperto il fuoco ma quello che bisogna focalizzare non è solo la eventuale responsabilità del singolo (eccesso di mezzi di difesa) quanto quella di una organizzazione , evidentemente, non adeguata che dovrebbe garantire formazione, mezzi idonei , ddppii (dispositivi di protezione individuali) , capacità di de escalation ( che, per esempio, i medici stanno imparando anche attraverso appositi corsi ecm , più frequenti da quando le aggressioni al personale sanitario sono cresciute, segno non di generica “propensione a delinquere” degli utenti dei servizi sanitari , ma segno di povertà crescente e di disperazione ).

Auspico quindi che sia resa piena giustizia al giovane Moussa Diarra per le conseguenze mortali di un intervento “sproporzionato” ma auspico anche che l’evento non sia letto dagli organi giudicanti, semplicisticamente, come “errore umano” di un singolo agente ma come effetto di una organizzazione inadeguata e lacunosa che deve agire in maniera molto diversa per gestire irischi e deve farlo con maggiore raziocinio e con rigoroso rispetto dei diritti umani.

Un caro saluto a familiari, amici e sostenitori della causa di giustizia.

Vito Totire

Medico del lavoro/psichiatra, portavoce centro “F.Lorusso” via Polese 30 40122 Bologna
Bologna 24.11.2024

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