La narrazione tossica su improbabili riprese economiche serve per rubarci il futuro
Qualche giorno fa, sulle pagine de Il Sole 24 ore (era il 23 Agosto) , abbiamo letto l’ articolo di Marco Leonardi, consigliere economico della presidenza del Consiglio, secondo cui se si riducono i costi di licenziamento solo per i nuovi contratti (come ha fatto il Jobs Act) i lavoratori che non sono ancora occupati ma stanno cercando un’occupazione potranno concordare un salario più alto a fronte della riduzione della protezione contro il licenziamento”.
La realtà è invece l’esatto contrario, il potere di acquisto dei salari è in continua diminuzione. Solo pochi mesi fa l’Osservatorio nazionale della Federconsumatori parlava di una stangata per ogni famiglia italiana con perdita di potere di acquisto superiore a 2330 euro annui
Ingiustificato e fin troppo facile l’ ottimismo dell’autorevole consigliere della Presidenza del consiglio, le statistiche sono innumerevoli ma, chi piu’ o chi meno, tutte concordano sulla perdita di potere di acquisto dei salari.
Sono le nuove legislazioni in materia di lavoro, dalla Legge Biagi alla Fornero, dal Jobs act alle recenti sentenze di Cassazione sui licenziamenti senza dimenticare il blocco dei salari nella Pubblica amministrazione e il mancato adeguamento delle pensioni al costo della vita a determina regressione e perdita di acquisto.
La facilità di licenziamento rende piu’ precaria e ricattabile la forza lavoro, il potere di contrattazione, nell’era del testo unico sulla rappresentanza, è ai minimi termini tanto è vero che si afferma lo scambio diseguale (e svantaggioso per i lavoratori) tra aumenti salariali e i bonus aziendali che negli anni decreteranno vantaggi per i datori di lavoro in termini fiscali, contributivi oltre al lucroso business che si cela dietro a previdenza e sanità integrativa.
Se poi guardiamo ai contratti nazionali rinnovati si capisce bene che la crescita dei salari non esiste a meno di non parlare di alcune figure apicali nella organizzazione del lavoro. Anni fa leggevamo che la forbice tra salari di funzionari e dirigenti pubblici rispetto ai dipendenti si era decisamente allargata, una forbice ancora piu’ dilatata la troviamo nel privato dove i managers ottengono buone uscite principesche
Ma torniamo a quanto scrive Leonardi, un piccolo manifesto dei cosiddetti buoni propositi governativi.
I tanto decantati servizi alla persona sono sempre a basso costo\reddito, gestiti attraverso il sistema delle cooperative e degli appalti al ribasso, il contratto di riferimento è part time.
La manifattura e l’industria non investono in ricerca e tecnologia, le delocalizzazioni hanno salvato i profitti della azienda ma i posti di lavoro sono in costante diminuzione.
Ci sono poi i lavori che subiranno un forte ridimensionamento con lo sviluppo tecnologico, pensiamo ad esempio come utilizzeranno i fondi di Industra 4.0 per capire che la innovazione tecnologica non diminuirà lo sfruttamento, l’orario di lavoro nè tanto meno crea nuova occupazione. L’esperienza dell’indotto Piaggio è illuminante, in un anno hanno già chiuso i battenti due fabbriche, le cooperative della logistica subiranno tagli agli organici e molti dei precari stagionali in Piaggio non sono stati confermati, senza dimenticare le produzioni delocalizzate e la continua erosione occupazionale (chi va in pensione da anni non viene sostituito). La tecnologia asservita al profitto capitalistico non porta quindi vantaggi e benefici per i lavoratori e le lavoratrici.
Illuminanti alcuni dati pubblicati in un rapporto dell’agenzia europea EuroFond (clicca qui per leggere) anche se la loro lettura avviene in termini discordanti.
In Europa sono oltre 23 milioni i disoccupati ma supera 50 milioni la forza lavoro cosiddetta fragile, quella dei lavori ultraprecari; l’Italia vanta il piu’ alto numero dei lavoratori scoraggiati, quelli che ormai hanno rinunciato, o quasi, a cercare una occupazione, in tutta Europa il ricorso alla precarietà e al part time è sempre piu’ accentuato.
La globalizzazione e le nuove normative in materia di lavoro hanno creato precarietà e miseria, i nuovi lavori sono per lo piu’ sottopagati. questi sono dati incontrovertibili.
Avere tagliato i costi del lavoro per i nuovi assunti nel 2015 e 2016 ha quindi creato posti di lavoro ? Molti di questi nuovi lavori esistono ancora nei tempi dei licenziamenti facili?
Le statistiche dimostrano che una volta venuti meno i contributi statali alle imprese anche i nuovi posti di lavoro, o presunti tali, sono crollati e sostituiti, solo in parte . dai contratti precari e a tempo determinato che hanno ripreso a crescere.
Da tempo gli assertori delle politiche economiche Governative sciorinano dati supporto delle loro asserzioni, per esempio parlano di occupazione in crescita e di aumento medio dei salari medi ma tanto ottimismo stride con la realtà, tra salari bloccati per legge o rinnovi aleatori, bassi salari costanti per apprendisti, stagionali, interinali e lavoratori a termine, aumento degli operai senza lavoro e privati degli ammortizzatori sociali. Asserire poi che i salari siano in crescita presupporrebbe pubblicare dati relativi ai settori in saluta con tanto di qualifiche, profili e mansioni, dati ad oggi mai forniti e dubitiamo che lo saranno anche in futuro.
L’idea del Governo è sempre quella di salari crescenti nel corso della vita lavorativa, partire con bassi salari per aumentarli nel corso degli anni o contrattare aumenti ad personam , legare il salario di secondo livello a presunte performances (come nel pubblico impiego) o meglio ancora vincolarlo ai profitti di impresa.
I giovani di oggi sono per lo piu’ precari e avranno, domani una pensione da fame, in Europa siamo tra i paesi dove piu’ basso è il salario d’ingresso dei giovani lavoratori, la politica degli sgravi ha favorito le imprese ma non i lavoratori perchè tale era lo scopo del Governo e del provvedimento adottato.
La narrazione tossica sui dati economici serve per restituire credibilità a politiche dannose e improduttive, disintossichiamoci allora dalle vulgate padronali e Governative, lo si faccia ricostruendo la storia degli ultimi anni; senza pietà rimettiamo in discussione le politiche subalterne ormai vigenti tanto in politica che nel sindacato, facciamolo subito, di tempo ne abbiamo perso fin troppo
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