La pandemia di licenziamenti e gli atti mancati della CGIL

Dopo le grandi mobilitazioni di CGIL CISL e UIL del 26 giugno a Torino, Firenze e Bari con Landini che aizzava la piazza sull’aut aut al governo Draghi, dopo poco più di una settimana le stesse capitolavano a Roma con la firma di un semplice Presa d’Atto nella quale Confindustria e sindacati acquisiscono la fine del blocco dei licenziamenti al termine di agosto,e malgrado questo si impegnano a ricorrere alla semplice persuasione morale sui propri associati per cercare degli accordi per evitare i licenziamenti prima che vengano fatti.
Siamo di fronte ad una nuova piccola Caporetto senza aver sparato neanche un colpo. Tanto da risvegliare il vecchio Cofferati per fargli dire che una “roba simile” lui non l’ha mai vista e firmata nella sua lunga vita sindacale.
Il tentativo di spingere la base fino alla soglia dello sciopero generale, per poi tirare immediatamente il freno a mano non è passata inosservata. Poco saputi magari si, ma fessi no, si mormora fra i delegati delle varie fabbriche e nei luoghi di lavoro con ancora il vanto di una certa sindacalizzazione di massa.

Che cosa ha portato Landini, e gli altri due anonimi segretari confederali, ad uno sfacciato dietrofront?
Forse la promessa di un maggior impegno a risolvere la questione degli ammortizzatori sociali, facendo una proposta e avviando dei tavoli di confronto in tempi brevi, e il maggiore coinvolgimento sul PNRR. E poi ancora un coinvolgimento sulla riforma fiscale e la riforma del mercato del lavoro (ovvero l’ennesimo tentativo di contenimento della precarietà).
Ma sono solo promesse e non certezze, intanto nella base si è seminata l’ennesima speranza tradita dalla confusione.

I casi dei licenziamenti immediati della GKN di Firenze, la Timken di Brescia, la Gianetti Ruote di Monza, la dicono lunga su come sia stato recepita ila presa d’atto persuasiva di Confindustria da parte delle aziende multinazionali da parte delle Multinazionali presenti nel nostro paese. Così come rimangono aperte e accese le vertenze Ilva ed ex-Alitalia. D’altra parte l’Unione Europea è sempre stata contraria alla scelta italiana del blocco dei licenziamenti così prolungato, trovando finalmente nel principe Draghi il proprio esecutore testamentario, costi quel che costi.

Ma la confusione nell’agitare gli obiettivi, senza valutare contesto e forze, con vergognosi rinculi, si è nuovamente manifestata con la polemica sui Green Pass nei posti di lavoro, fino alla richiesta di imporre per legge al Governo ila vaccinazione obbligatoria, quando questa è percorribile per un solo vaccino sui quattro disponibili con conseguente esposizione del Ministero del Tesoro ad un incremento della spesa non percorribile. In altre parole La Cgil, insieme a Uil e Cisl, esce dal ginepraio polemico della guerra dei Green Pass con un appello (condiviso con Bonomi) che non verrà raccolto per lo meno fino alla fine dell’anno, quando si raggiungerà presumibilmente la vaccinazione del 70% e oltre della popolazione.

Questi sono i risultati del Sindacato immagine, di opposizione e di governo, che dialoga poco e male con la propria base e molto di più con i giornalisti.
Ma questo è pure il risultato di una linea demo-populista (demagogica comunque) nella quale il capo parla direttamente alla base (tramite pure i media) per isolare gli apparati che lo assediano quotidianamente, rendendo la propria ricandidatura inevitabile per il prossimo congresso del prossimo anno.

La questione è talmente palmare che la conferenza di organizzazione che si prepara in queste settimane è stata volutamente spostata a ridosso del congresso, per depotenziarne gli effetti nefasti di riorganizzazione e riposizionamento aggressivo interno della ex destra interna (quella consociativa ex-colliana, collaterale al PD) e di pezzi dell’ex centro camussiano malpancista.

Una conferenza trasformata in assemblea light, senza tesi emendabili, ma in una semplice compilazione di proposte tematiche, su 11 temi, da trattare a fine
dicembre a Rimini, dà l’idea di come questo appuntamento importante per cambiare e aggiornare il sindacato, sia stato completamente depotenziato a fini interni, per garantire un rinnovo dei gruppi dirigenti al prossimo congresso senza troppi colpi di scena.

Nel frattempo la base delle fabbriche è scesa in sciopero, solitaria, sostenuta dalle categorie dell’industria in difesa dei posti di lavoro a luglio. Ad agosto con altri scioperi per la difesa del diritto alla mensa (per coloro senza green pass e il tampone a pagamento) ricordando alle aziende che il green pass non è un pretesto per non investire più in sicurezza anti-covid, come molti datori pensano.

A settembre sono partiti nuovi scioperi a Torino nelle fabbriche del settore chimico e automotive, sulla base di una piattaforma rivendicativa lanciata dalla Pirelli contro la cancellazione della copertura INPS sulla quarantena Covid e la minaccia di annullamento dei vantaggi fiscali sui fondi contrattuali pensionistici integrativi in mancanza di una riforma seria del sistema pensionistico.
Segnali di un autonomia operaia che però la confederazione non sembra ancora cogliere nella loro importanza e valenza.

Redazione Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di settembre 2021 http://PDF http://www.lavoroesalute.org/

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2021/

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