LA PERCEZIONE DELLA REALTA’
CLAUDIO NEGRO: LA GROSSOLANA IGNORANZA E L’IMPERDONABILE CATTIVA FEDE.
di Renato Fioretti
Con cadenza più o meno settimanale, il fact-checking della nota rivista “lavoce.info” passa al setaccio (come amano sostenere) le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso.
Si tratta di una rubrica – che seguo con grande interesse – a cura di qualificati esperti, già ampiamente noti agli addetti ai lavori e al grande pubblico, in grado di offrire non un punto di vista e valutazioni di carattere personale, ma una meritoria opera di corretta informazione.
Il tutto, è supportato (sempre ed esclusivamente) da precisi e specifici riferimenti a documenti ufficiali.
Naturalmente, nel suo genere, non è l’unico strumento d’informazione per coloro che, indisponibili a dare per scontate le versioni e, soprattutto, le dichiarazioni dei singoli, amano approfondire i concetti e verificare le .
La cosa peggiore, quindi, che possa capitare a un affezionato lettore di tali rubriche è il ritrovarsi di fronte a goffi la cui insipienza è, tra l’altro, aggravata dall’abbondanza di valutazioni e considerazioni personalissime; senza alcun supporto documentario.
E’ questa la sensazione prodotta dalla lettura di un articolo di tale Claudio Negro (“esperto” di Mercato del Lavoro, della ) che intendeva controbattere ad alcune dichiarazioni – rilasciate nel corso di un’intervista al Corriere della Sera del 6 agosto 2023 – del Segretario Generale della Cgil Nazionale. Negro ha tentato di farlo attraverso alcune sue “considerazioni sulla dottrina landiniana” seguendo, punto per punto, la trama dell’intervista, ed è ciò che farò anch’io per dimostrare quanto appena accennato a proposito di: , , e, soprattutto, da parte di un “esperto” che, ai documenti e ai dati ufficiali, sostituisce – di norma – la scarsa conoscenza dei fatti e un’avvilente omologazione alle tendenze dominanti!
La prima contestazione rivolta a Maurizio Landini è relativa alla sua dichiarazione secondo la quale “il 50% degli italiani non arriva a fine mese”!
Su questo punto, Claudio Negro sostiene, invece: “l’ultima volta erano il 30%” e ritiene che l’affermazione di Landini “si scontra con la percezione della realtà”.
Ebbene, già l’incipit di colui che viene considerato quale “esperto” della pur gloriosa “Fondazione Kuliscioff”, dovrebbe far riflettere sulla (scadente) qualità e sul (basso) valore reale da riconoscere a dati e numeri riportati senza avvertire l’esigenza di citare alcuna fonte ufficiale e che si rifanno, quindi, a valutazioni di carattere esclusivamente personale cui, oggettivamente, in quanto tali, non può essere riconosciuto alcun autorevole peso.
Non a caso, infatti, i risultati diffusi dall’ultimo report (relativo al 2022) realizzato dall’Osservatorio di Nomisma (società che da diversi anni produce studi e ricerche che riguardano diversi ambiti dell’economia, della società e del consumo) dimostrano come “una parte dei contribuenti italiani ritenga il proprio reddito insufficiente per poter sostenere il pagamento di tutte le spese previste in capo a un mese”.
In particolare, è importante precisare che nel rapporto Nomisma non vengono citate le c.d. spese impreviste, bensì le voci irrinunciabili per qualsiasi nucleo familiare. Ci si riferisce, quindi, in particolare all’affitto, al mutuo, alle spese per il riscaldamento, per l’acquisto dei generi alimentari e dei medicinali.
In definitiva, sommando la quota di chi è convinto di non riuscire a coprire tutte le uscite mensili (13%) con chi si ritiene in una condizione reddituale appena sufficiente per farlo (40%), ci si rende conto come – a proposito di percezione della realtà, cui fa riferimento Claudio Negro – oltre 1 italiano su 2 creda di non poter arrivare al mese successivo con tranquillità!
Un altro elemento interessante – almeno per chi, al contrario di Claudio Negro intenda affrontare la questione con il supporto di dati concreti, piuttosto che rifarsi a sensazioni e percezioni – è costituito dal fatto che, nel complesso, il disagio maggiore è percepito dalle c.d. , ovvero quelle famiglie composte da genitori e figli per un ordine di almeno tre generazioni, delle quali la mediana è chiamata a occuparsi di bambini e anziani allo stesso tempo. Il 74% di costoro riporta disagio economico, e addirittura un 41% degli stessi lamenta una diminuzione del reddito complessivo.
Appare, quindi, sin troppo evidente, come già l’esordio di Claudio Negro rappresenti il pietoso tentativo di negare una triste realtà; esaurientemente rappresentata, invece, dalle parole di Maurizio Landini.
Un secondo elemento è relativo all’importo del salario medio italiano. Negro sostiene che lo stesso, per il 2023, sia pari a 29.500 euro lordi annui.
Ora, a prescindere dal particolare che, parlare di salario “medio”, è poco indicativo ed aderente alla realtà – poiché lo stesso rappresenta il risultato della media aritmetica tra valori con rilevantissime differenze e sarebbe, quindi, più opportuno avere come riferimento il salario “mediano”, molto più aderente alla realtà (in quanto depurato dei valori estremi) – è solo il caso di precisare che, contrariamente a quanto sostenuto da Negro e in base ai report Istat e di Confindustria, aggiornati al 31 maggio 2023, lo stipendio medio in Italia si aggira tra i 22.500 euro lordi e i 28.500 euro.
In più, per ulteriore e più completa informazione, secondo i dati MEF 2023 il reddito medio annuale più elevato è quello del lavoro autonomo, pari a 60.520 euro all’anno, mentre quello medio dichiarato dagli imprenditori (sic!) è pari a 24.130 euro. La media dei redditi dichiarata, invece, dai lavoratori dipendenti è pari a euro 21.500 e quella dei pensionati, infine, ammonta a 18.990 euro annui.
A supporto delle sue prime <stupidaggini>, Negro aggiunge il tema relativo al numero dei c.d. <lavoratori poveri>, cioè di coloro che, pur disponendo di un posto di lavoro e di una retribuzione contrattuale, non riescono a soddisfare le esigenze della propria famiglia.Ciò detto, però, sposta subito il discorso sul numero dei lavoratori italiani che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora. Questione che si aggiunge alla precedente, ma ben diversa da quella dei lavoratori poveri.Comunque, anche rispetto a questo tema, il Negro afferma cose ben lontane dalla realtà. Egli sostiene, infatti, che i lavoratori che percepiscono un salario orario inferiore ai 9 euro “sono poco meno di 3 milioni, ma perché si tratta di contratti part/time o a termine della durata inferiore a un anno…….ma anche lavori saltuari o part/time scelti dal lavoratore per conciliarli con altre attività”. Niente di più falso.
Infatti, da stime di fonte Inps, si rileva che i lavoratori dipendenti che – a luglio 2023 – percepivano un salario orario inferiore ai 9 euro lordi, erano pari a 4,6 milioni di soggetti.
Ben altra cosa rispetto a quanto (evidentemente) “percepito” o “immaginato” da Claudio Negro.
In più, non vanno dimenticate altre gravi inesattezze.
Contrariamente a quanto sostiene Negro, non è vero che coloro che attualmente percepiscono meno di 9 euro l’ora siano tutti lavoratori a part/time e/o a tempo determinato, con contratti inferiori ai 12 mesi (o, comunque, saltuari).
Si tratta, semplicemente, di oltre 4,6 mln. di lavoratori cui si applicano condizioni contrattuali che prevedono “minimi” inferiori ai 9 euro lordi.
In questo senso, non è necessario essere un esperto per sapere che ci sono lavoratori con contratti part/time e/o a tempo determinato o, comunque, saltuari, cui si applicano condizioni contrattuali che prevedono retribuzioni orarie sia inferiori che superiori ai 9 euro.
Questo perché, tutti sanno che la retribuzione oraria è prevista dai “minimi” del Ccnl della specifica categoria; non dalla tipologia contrattuale applicata al rapporto di lavoro.
Inoltre, poiché sui circa 25 mln. di occupati del 2022, 18.1 mln erano dipendenti, se ne deduce che il numero di coloro i quali guadagnavano meno di 9 euro lordi l’ora era pari ad oltre il 25 per cento; ben 9 punti percentuali in più di quelli indicati da Negro.
Per concludere, almeno su questa prima parte, resta da evidenziare un’altra chicca. Negro afferma, infatti, una cosa che risulta clamorosamente smentita da qualsiasi indagine svolta con un minimo di serietà e rispetto della realtà. Infatti, tutti sanno che – contrariamente a quanto sostenuto dal suddetto “esperto” – la stragrande maggioranza (se non la quasi totalità) dei lavoratori saltuari, a part/time e/o a tempo determinato lo fa perché impostogli dal datore di lavoro, piuttosto che per scelta personale.
“Il sindacato rappresenta chi paga le tasse” è l’altra affermazione che il nostro eroe contesta a Maurizio Landini. Su questo punto, in particolare, riesce alquanto difficile seguire la logica delle affermazioni di Negro che – dopo avere sostenuto che il 40% dei lavoratori dipendenti pagano zero Irpef e il 44% dei pensionati pagano un’imposta di soli 50 euro al mese – conclude il suo arzigogolo, chiedendosi se gli iscritti dei quali parla Landini siano questi oppure “gli altri che pagano le tasse anche per questo 40 – 44 %”. Evidentemente, dimentica che, in Italia – chissà ancora fino a quando – vige il criterio della progressività delle imposte sul reddito delle persone fisiche e tale logica implica che ci siano anche soggetti che pagano molto meno di altri o, addirittura, esentati, ma non per questo è corretto dire che coloro che pagano lo facciano anche per gli altri. Sono gli evasori – che rarissimamente coincidono con i lavoratori dipendenti ed i pensionati – che fanno sostenere agli altri contribuenti oneri impropri che, invece, spetterebbe a loro. Tra l’altro, a conferma che Negro commette l’ennesimo (grossolano) errore, mentre Landini – quando dichiara “il sindacato rappresenta chi paga le tasse” – afferma un fatto lapalissiano, è sufficiente rilevare che ben l’87,5% dell’Irpef è pagata dai lavoratori subordinati e dai pensionati: le due categorie che rappresentano la stragrande maggioranza degli iscritti alle tre maggiori Confederazioni. Salvo voler sostenere – tanto per compiacere le “percezioni” e le “sensazioni” di Negro, piuttosto che la realtà dei numeri – che tutti i lavoratori dipendenti ed i pensionati italiani, iscritti a Cgil/Cisl/Uil, rientrino tra coloro che guadagnano, rispettivamente, poco più di 8.000 euro e non più di 7.500 euro. Una cosa che Marco Travaglio, ricorrendo al suo esasperato ma efficacissimo “francesismo”, credo non avrebbe dubbi nel definirla una vera e propria “puttanata”!
Il punto successivo toglie ogni dubbio circa il fatto che, evidentemente, al collaboratore della “Fondazione Kuliscioff” manca anche qualsiasi senso del ridicolo! Claudio Negro, infatti, sostiene che il Segretario Generale della Cgil dovrebbe circostanziare l’accusa secondo la quale “Il Governo continua a chiamare ai tavoli finti sindacati senza rappresentanza ma firmatari di contratti pirata”. Come se non sapesse che, presso il CNEL, al 30 giugno 2023, risultavano registrati ben 1.037 Ccnl (per lavoratori privati, pubblici, parasubordinati ed Accordi Economici Collettivi per alcune categorie di lavoratori autonomi), dei quali solo poco più di 200 risultano sottoscritti dalle tre maggiori Confederazioni. Gli altri sono quelli noti – spesso a giusta ragione – quali ! Inoltre, ancora in tema di rappresentanza sindacale, il suddetto “esperto” – nella sua furia iconoclasta – si abbandona a una dichiarazione a dir poco sconcertante. Trovo, infatti, paradossale che Negro scriva “non ci stancheremo di affermare che finché non sarà attuato l’art. 39 della Costituzione l’Organizzazione sindacale è libera e legittima”. Come se la completa applicazione dell’art. 39 – che attiene, nella parte ancora inattuata, alla registrazione delle OO.SS. – con la conseguenza dell’efficacia erga omnes (a tutti i lavoratori della categoria di riferimento) dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti tra le parti, producesse, automaticamente, il venire meno della libertà e della legittimazione delle OO.SS.
La successiva contestazione di Negro è tesa a smentire l’allarme circa la denuncia di una vera e propria “emergenza salariale”, nel senso che – come dichiarato da Landini nel corso dell’intervista – “quando uno è povero pur lavorando vuol dire che qualcosa non funziona”. Relativamente a questo punto, Negro – nel disperato ma vano tentativo di smentire le affermazioni di Landini – ripropone il suo concetto di lavoratori “poveri”, facendo unicamente riferimento agli stagionali, ai part/time e ai lavoratori a termine che, a suo parere, sarebbero gli unici da considerare tali, ma solo ed esclusivamente in virtù del ridotto numero di ore di lavoro nel corso dell’anno. Purtroppo, la realtà è ben diversa. Ciò perché, anche se è vero che la stragrande maggioranza dei lavoratori “precari” (saltuari, part/time, a termine e stagionali) corre, contemporaneamente, il concreto rischio di rientrare tra i lavoratori “poveri”, è altrettanto (drammaticamente) vero che non sono pochi i lavoratori con contratti di lavoro standard – tempo pieno ed indeterminato – che, oggi, si ritrovano nella stessa condizione di sostanziale povertà. Basti pensare che il Rapporto annuale Istat indica che ”Nel 2021, a parità di potere di acquisto, la retribuzione media annua lorda italiana (pari a circa 27 mila euro) è stata inferiore del 12 per cento a quella media Ue e del 23 per cento a quella tedesca”. E non solo questo, lo stesso Rapporto rileva che “Tra il 2013 e il 2022, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente in Italia è stata del 12 per cento, circa la metà della media europea”. In questo contesto, risulta quindi stucchevole ed assolutamente fuori luogo sentirsi ripetere che sarebbe “improprio” pretendere di intervenire sulle aziende – per via legislativa – per porre limiti alle dilaganti percentuali di part/time e contratti a tempo determinato cui sono, in realtà, costretti a sottostare (e quasi mai per scelta) i lavoratori italiani. Infatti, è sin troppo evidente che, al contrario, nel corso degli anni precedenti, non ci si è posto alcun problema di “opportunità” nel procedere a favorire ed incentivare – per via legislativa – tanta flessibilità ed altrettanta precarietà (vedi, in particolare, i numerosi interventi in materia di contratti a termine, part/time, e il variegato cocktail di tipologie contrattuali che si sono succedute, fino alla sostanziale cancellazione del vecchio contratto a tempo indeterminato).
Un altro punto – relativamente al quale credo che Negro avrebbe fatto molto meglio se avesse scelto di tacere – è la critica alla considerazione di Landini secondo la quale “Il governo ha vinto le elezioni, ma non ha la maggioranza del Paese”. A questo riguardo, a parte il non insignificante particolare che il costante aumento del numero di coloro che decidono di non esercitare il diritto di voto è un problema che – indistintamente – dovrebbe preoccupare tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti della democrazia e del vivere civile nel nostro Paese, appare lapalissiano che Landini dica una cosa a tutti ampiamente nota; anche se, spesso, sottaciuta. Se è, infatti, innegabile che l’attuale governo fascio/leghista ha raccolto la maggioranza dei voti di coloro che nel 2022 si recarono alle urne, è altrettanto vero che la maggioranza semplice di circa il 60 per cento degli aventi diritto non rappresenta, automaticamente, la maggioranza del Paese. La sensazione è che, con questo tema, Claudio Negro abbia semplicemente inteso aggiungere un ulteriore elemento di dissenso rispetto al pensiero di Landini. Una pretesa, in verità, fine a se stessa e priva di qualsiasi motivazione pratica.
Infine, in coerenza ai contenuti generali delle sue “considerazioni”, Claudio Negro conclude con un’affermazione che, nei fatti, contraddice ciò che (ormai) appare quasi un nostro patrimonio comune e, direi, un’esigenza irrinunciabile. La dichiarazione del Segretario Generale della Cgil – secondo il quale l’obiettivo prioritario dovrebbe essere “la uguaglianza in un paese diseguale come non è mai stato prima” – viene, infatti, presentata quale conseguenza di uno “scenario onirico” nel quale Landini avrebbe, evidentemente, smarrito il contatto con la realtà!
Resterebbe però utile, in definitiva, verificare quante – tra le (tante) semplici banalità, ingenue bugie, incaute inesattezze, vere e proprie stupidaggini e affermazioni degne del peggiore tra i “Bar dello Sport”, cui si abbandona Claudio Negro – siano dettate solo da elementare e grossolana ignoranza, piuttosto che da imperdonabile mala fede!
Preoccupante sarebbe, però, il dover prendere atto che Claudio Negro veramente sia convinto e creda in tutto quello che scrive!
Renato Fioretti
Esperto Diritti del Lavoro. Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute
18/8/2023
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