LA PRIGIONE DELLA FEDE: UNA DENUNCIA NOTEVOLE E DOCUMENTATA.

misticismo
Nel suo film su Scientology, il grande e coraggioso documentarista Alex Gibney, offre un’inconsapevole verifica empirica della denuncia formulata da Karl Marx, oltre 160 anni fa, del diffondersi di credenze religiose sempre più barbare nelle società democratiche moderne. Dal film emerge come dalla consapevolezza dei danni fisici delle droghe sia sorta una nuova domanda di narcotici spirituali.

LA PRIGIONE DELLA FEDE: UNA DENUNCIA NOTEVOLE E DOCUMENTATA

In polemica con i giovani hegeliani che, come Bruno Bauer, credevano che l’affermazione dello Stato democratico avrebbe reso superflua la religione, Marx nella Questione ebraica mostra come proprio nello Stato più democratico del tempo, gli Stati Uniti, vi fosse un enorme proliferare di sette religiose. Esemplare può essere considerata, da questo punto di vista, Scientology, la cui storia e attività è in modo altrettanto esemplare denunciata nel documentario Going Clear: Scientology e la prigione della fede di Alex Gibney, basato sull’omonimo libro-inchiesta di Lawrence Wright del 2013. Si tratta certamente di un bel film, di una vera e propria opera d’arte, in primo luogo nell’accezione kantiana del termine, in quanto lascia indubbiamente allo spettatore molto da pensare.

Nel film, in primo luogo, ci vengono presentati diversi individui che, pur essendo in diversi casi dei sinceri democratici, si sono lasciati per anni iniettare, pagando prezzi sempre più pesanti, dosi massicce di quello che Marx definiva “l’oppio del popolo”, sebbene fosse qui confezionato nella forma più rozza e truffaldina. Accanto all’uomo comune della porta accanto, alla star della società dello spettacolo, che nella loro altrettanto rozza ingenuità divengono dipendenti di una forma di oppio spudoratamente kitsch, troviamo anche persone indubbiamente intelligenti e validi intellettuali, come lo sceneggiatore Paul Haggis (1). Quest’ultimo confessa, non in modo altrettanto candido come la star e l’uomo comune, di essersi lasciato drogare per oltre trent’anni, a prezzi materiali e spirituali sempre più pesanti, da una combriccola di mascalzoni della più bassa lega. Se non fossero uomini di questo spessore a confessare sinceramente i pericoli e la dipendenza che anche droghe così mal confezionate possono produrre, si stenterebbe a credere a ciò che si sente.

Dalle ricche e documentate testimonianze del documentario emerge un quadro sconvolgente. Il fondatore di Scientology è uno spudorato mentitore, scrittore di storie di fantascienza di quart’ordine, che trasforma le sue sconclusionate fantasie in una chiesa che gli consenta di fare il massimo dei profitti senza dover neppure pagare le tasse. Dovendo creare una nuova religione in un mondo tecnologico-scientifico, egli dà anche una veste pseudo tecnologica e scientifica al proprio credo religioso, inventando uno strumento capace di scandagliare nel profondo la psiche del fedele. Nonostante si tratti di trucchi truci al punto da far impallidire l’improvvisato illusionista, Mago Cipolla, a cui si è ispirato nel suo celebre racconto Thomas Mann (2), conosce un grande successo commerciale. A niente valgono le denunce da parte della comunità scientifica, delle autorità competenti in materia di evasione fiscale, di un numero sempre maggiore di ex-fedeli pronti a denunciare le terribili vessazioni subite in nome del profitto dell’amministratore delegato della setta e dei suoi deliri di onnipotenza. Al contrario, la setta trae linfa vitale nella società dello spettacolo, i cui squallidi protagonisti, per far fronte a un’attività lavorativa sempre più precaria, hanno bisogno di una solida e robusta prigione della fede.

Così nonostante il più bieco sfruttamento di manodopera ( anche minorile ) spesso ridotta in uno stato di semi-schiavitù, nonostante le attività di spionaggio e ricatto degli adepti, le terribili vessazioni economiche, spirituali e fisiche cui sono sottoposti questi ultimi, la setta viene riconosciuta come una religione. In tal modo può raggiungere il suo obiettivo, dotare l’amministratore delegato del culto di un enorme impero economico fondato sulla sfruttamento e ancora meglio l’autosfruttamento del lavoro altrui, assolutamente esentasse. Apparendo agli occhi di coloro che sfrutta e sevizia, imbroglia e truffa, nella prigione della fede, addirittura come il messia.

Questa storia appare assurda e incredibile sulla base della ancora più assurda e incredibile rimozione del marxismo. In effetti il suo fondatore – un giovanissimo intellettuale a cui era stata resa impossibile la carriera universitaria e in seguito giornalistica, a causa di una visione del mondo troppo avanzata per la propria epoca storica – in una recensione del 1843 non si era limitato a denunciare tale fenomeno ma ne aveva dato una spiegazione filosofica e scientifica. Tale analisi era stata elaborata in una recensione scritta nel 1843-44 per il primo e ultimo numero della rivista Annali franco-tedeschi. Criticando aspramente l’opera di Bruno Bauer La questione ebraica, Marx osservava che i membri del moderno Stato democratico “sono religiosi a causa del dualismo tra la vita individuale e la vita del genere, tra la vita sociale e la vita politica, sono religiosi in quanto l’uomo considera la vita statale, posta al di là della sua vera individualità, come la sua vera vita” (3). Nelle moderne democrazie borghesi l’individuo vive in quanto tale nella sfera economica della società civile una condizione di alienazione e sfruttamento, in quanto per poter sopravvivere ha bisogno di vendere la propria forza lavoro, ossia di estraniare la sua stessa essenza generica, vale a dire la capacità specifica del genere umano di realizzare la propria soggettività umanizzando il mondo mediante il lavoro. Per tale motivo l’individuo alienato, isolato e sfruttato nel mondo del lavoro, ritrova la propria appartenenza al genere umano soltanto nella sfera astratta dei diritti politici, nel suo essere parte della comunità etica dello Stato. Si tratta, però, di un’eticità solo apparente perché tale Stato è in realtà subordinato alle esigenze economiche della società civile. L’uguaglianza, la libertà e la fratellanza riconosciuta idealmente a ognuno come cittadino dello Stato è negata nella dura realtà di un economia dominata dai profitti privati, in cui tutto, in primo luogo la capacità di lavoro, è ridotto a merce.

Proprio perciò, secondo Marx, “la democrazia politica è cristiana”, la moderna società liberale è religiosa, “perché in essa l’uomo, non soltanto un uomo, ma ogni uomo, vale come essere sovrano, come essere supremo; si tratta però dell’uomo nella sua forma fenomenica incivile ed asociale, l’uomo nella sua esistenza casuale, l’uomo così come si trova, l’uomo corrotto, perduto e alienato a se stesso, assoggettato a rapporti ed elementi disumani ad opera dell’organizzazione della nostra società nel suo insieme” (4). Nella società civile borghese, infatti, il lavoro morto, la macchina e il capitale, dominano sul lavoro vivo, ossia sui lavoratori salariati. In tale sfera domina la concorrenza e la lotta di tutti contro tutti per emergere e affermarsi, generalmente a spese degli altri. Perciò Marx sostiene che “la religione è qui”, nella moderna democrazia borghese, “lo spirito della società civile, l’espressione della separazione e dell’allontanamento dell’uomo dall’uomo” (5). La chiesa, come lo Stato democratico borghese, la nazione, non sono altro che comunità fittizie necessarie a far dimenticare la brutale legge della giungla che domina nell’individualistica società civile liberale.

Ma che tipo di religiosità tende a imporsi nell’attuale liberal-democrazia borghese? Proprio quella che troviamo rappresentata sensibilmente in modo eccellente dal documentario di Gibney e possiamo comprendere concettualmente, leggendo Marx: “Nella democrazia perfetta, la stessa coscienza religiosa e teologica ha tanto più valore religioso, teologico, quanto più in apparenza è priva di importanza politica, di scopi terreni, affare dell’animo schivo del mondo, espressione della limitatezza intellettuale, prodotto dell’arbitrio della fantasia, quanto più realmente è una vita nell’aldilà” (6). Dunque, tanto più la religiosità, come mostrato esemplarmente nel documentario di Gibney, è espressione della “limitatezza intellettuale”, è “prodotto dell’arbitrio della fantasia”, tanto più è appropriata al contesto della democrazia borghese. Il suo irrealistico idealismo è funzionale ad occultare il crasso materialismo che domina nella società civile reale e, quindi, nella stessa chiesa che ne è espressione (7).

Si dirà, le sette americane sono una cosa, il cristianesimo è tutt’altra cosa. Anzi, tali sette sono nemiche giurate della vera religione cristiana. Dunque, le dinamiche di scientology, denunciate nel documentario, sono solo l’eccezione, mentre il cristianesimo rappresenta la regola della religione moderna. Tuttavia, se è vero che nelle moderne democrazie borghesi “il cristianesimo giunge ad esprimere praticamente il suo significato religioso-universale, poiché le concezioni del mondo più disparate si raccolgono l’una accanto all’altra nella forma del cristianesimo”, si pensi al proliferare di sette e movimenti fondamentalisti che a esso si richiamano, “e ancora più perché esso non pone ad altri neppure più l’esigenza del cristianesimo, bensì ormai solo quella della religione in generale, di una qualsiasi religione”, anche la più strampalata come quella rappresentata da Gibney (8). Anzi, il pensiero unico dominante, al livello di “coscienza religiosa si bea della ricchezza degli antagonismi religiosi e della varietà delle religioni” (9).

Ciò ci permette di comprendere come negli Stati Uniti , nel cuore della liberal-democrazia borghese, si possano riconoscere e quindi esentare dal pagamento delle tasse e consentire di seviziare i propri adepti alle forme di religiosità più assurde e inverosimili. Al contempo si può comprendere il costante sostegno delle democrazie occidentali alle residue teocrazie presenti nel mondo, dal Vaticano alla penisola arabica, fino al Tibet.

Note

Paul Haggis è l’autore del soggetto del magnifico Lettere da Iwo Jima (2006), lo sceneggiatore di film di rilievo come Million Dollar Baby (2004), Flags of Our Fathers (2006) e dello splendido In the Valley of Elah (Nella valle di Elah) del 2007.
Come è noto nel racconto Mario und der Zauberer (Mario e il mago) il grande scrittore tedesco allude alla sconfortante credulità del popolo italiano, che da anni si sta facendo incantare da un apprendista stregone da strapazzo, di cui ha fatto il proprio duce. Si tratta, purtroppo, di una storia ancora attuale, dal momento che l’attuale popolo italiano si sta facendo infinocchiare, non pago del ventennio berlusconiano, da un ducetto ancora meno credibile del precedente.
Karl Marx, La questione ebraica, Editori Riuniti, Roma 1991, p. 23.
Ivi, p. 24.
Ivi, pp. 23-24.
Ivi, p. 24.
Per poter osservare ciò non c’è bisogno di andare negli Stati uniti, basta considerare gli scandali che quasi quotidianamente travolgono le istituzioni religiose in Italia. Per altro lo stesso Alex Gibney ha realizzato recentemente un interessante documentario intitolato Mea Maxima Culpa – Silenzio nella casa di Dio, in cui indaga sul ruolo della chiesa dinanzi a pesanti scandali che la hanno colpita negli Stati Uniti e in Europa.
Come è ovvio ci si riferisce qui al ruolo che svolge il cristianesimo nella società capitalista, dove assume una funzione necessariamente diversa da quella che ha svolto in epoche storiche e in condizioni socio-economiche differenti. Non è, quindi, intenzione di questa recensione fare un bilancio storico del cristianesimo.
Karl Marx, La questione ebraica, Editori Riuniti, Roma 1991, p. 24.

Renato Caputo e Rosalinda Renda

12/7/2015 www.lacittafutura.it

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