La Puglia è sotto attacco
Piazza Sant’Oronzo, Lecce: l’ulivo plurisecolare simbolo della città aveva una bella chioma verde fino all’8 marzo, il giorno prima della manifestazione di Coldiretti. Dicono che, da analisi fatte, era positivo al batterio Xylella
Sono state inferte 62 coltellate con arroganza all’ulivo plurisecolare di piazza Sant’Oronzo, un simbolo della città di Lecce, una radice importante della memoria collettiva di questa Terra. Era verde la sua chioma fino a quando l’8 marzo 2019, la Coldiretti si è arrogata il diritto di capitozzarlo, fino a renderlo il fantasma di se stesso.
Dichiarano che, da analisi fatte era positivo al batterio Xylella, eppure queste analisi non sono state rese pubbliche; dichiarano che la tortura inflittagli è stata operata per curarlo, eppure prima era rigoglioso ed ora è un povero tronco su cui si è infierito con 62 innesti. Tutto fatto in fretta e soprattutto non a caso, il giorno prima di una manifestazione, tenutasi il 9 marzo, il cui unico obiettivo era convincere l’opinione pubblica che gli espianti del nostro patrimonio storico sono la soluzione alla Xylella, in parallelo agli impianti di super-intensivo di cui vorrebbero disseminare il Salento e probabilmente la Puglia intera. Sappiamo bene però che dove si è già sperimentato il modello agricolo capitalista, che punta sulla quantità e non sulla qualità del prodotto, che ha bisogno di molta, troppa acqua e dell’uso di pesticidi che avvelenano gli esseri umani e l’ambiente, questo sistema ha già messo in ginocchio gli agricoltori, come in Spagna per esempio. Sappiamo anche che in Europa il problema lo chiamano Co.di.R.O. ovvero Complesso del disseccamento rapido dell’olivo mentre qui si continua ad incolpare esclusivamente un batterio senza nessuna evidenza scientifica, visto che i dati dei monitoraggi ufficiali della Regione Puglia parlano dell’1,8 per cento di piante infette! Ecco perché si procede in modo aggressivo e violento, per eliminare i testimoni scomodi di questa storia, come già fatto pochi mesi fa con il tristemente noto ulivo di Cisternino (provincia di Brindisi), tagliato e fatto a pezzi perché dopo quasi due anni dal riscontro della presenza del batterio Xylella, continuava ad essere in piena vegetazione.
Allora questi signori dovrebbero spiegarci come mai ulivi che presentano disseccamenti sono negativi al batterio e viceversa ulivi che ospitano la Xylella non disseccano; dovrebbero spiegare perché se la stessa può essere ospitata da quasi 400 specie vegetali si punta il dito esclusivamente sugli ulivi. Con i batteri noi ci conviviamo ogni giorno, sono nel nostro corpo, alimentano la vita, eppure in Salento si grida alla necessità degli espianti per eradicare un batterio, della serie facciamo tabula rasa di tutto e diamo via libera allo scellerato piano di dividere il pianeta in aree di consumo ed aree di produzione a basso costo e bassa qualità? Siamo alla follia lucidamente messa in campo per chiedere esclusivamente finanziamenti? Vogliamo davvero permettere che questa parte della Puglia perda il suo patrimonio storico e la sua capacità di produrre l’olio extravergine d’oliva, richiesto in tutto il mondo per le sue qualità organolettiche, recentemente riconosciuto anche da scienziati seri come medicinale naturale di grande importanza per la salute umana, in cambio di un prodotto di bassa qualità come quello della FS 17, olivo creato in laboratorio? Il piano presentato della Banca della Terra, per convincere i piccoli agricoltori a cedere le loro terre alle grandi aziende non fa scattare un allarme per un pericolo imminente e di una gravità inaudita? Ovvero, l’accaparramento della Terra in mano a grosse aziende, come una nuova forma di latifondismo non è spaventosa come prospettiva futura?
Nessuno nega che ci sono ulivi che seccano, si mettono in pausa vegetativa in attesa di condizioni migliori del terreno, dell’acqua e dell’aria, ma non muoiono, e arrivano buoni risultati da cure con approcci probiotici che dimostrano che rinforzando i terreni e apportando agli stessi una flora di microrganismi, gli olivi sanano. Gli stessi contadini di buon senso che si prendono cura dei loro oliveti ottengono risultati positivi. Eppure si nascondono mediaticamente gli alberi che riprendono a vegetare anche dopo i danni dei piani emergenziali che dal 2015 hanno obbligato a potature pesanti in periodi non idonei e all’uso di agenti chimici nocivi per la fertilità dei terreni, già stressati dagli stessi incentivati per anni dall’agroindustria e che hanno portato i terreni ad avere una percentuale di materia organica nel suolo inferiore al deserto del Sahara. E lo sversamento degli stessi agenti chimici che finiscono nelle falde acquifere non ci fa drizzare i capelli per i pericoli evidenti per la salute umana comprovati da un aumento esponenziale di casi di tumori riscontrati soprattutto nel Salento, come testimoniano i dati pubblicati da enti certificati (LILT e ARPA)? Anche in Toscana sono stati trovati ulivi positivi al batterio Xylella subspecie multiplex, più aggressiva di quella riscontrata qui, la pauca, eppure per fortuna nessuno grida alla necessità di espianti in Toscana. Sarà che dalla Puglia vogliono far passare quattro gasdotti e gli ulivi, soprattutto i secolari, costituiscono un problema? Sarà che le associazioni di categoria vogliono tenere in scacco i piccoli agricoltori pretendendo di gestire i soldi delle integrazioni, le loro risorse primarie ed ora li vogliono convincere che cambiando volto all’agricoltura storica, possano trarne benefici economici? Sarà che la crescente economia turistica impone una cementificazione selvaggia per la sete di costruire nuove strutture ricettive?
Sarà… perché infatti se si guarda all’insieme delle problematiche che attanagliano questo lembo di terra le risposte appaiono molto chiare, sempre che si abbia a cuore il bene collettivo e non la chimera di un arricchimento monetario, ma distruttivo in termini di paesaggio e salute. Ecco perché crediamo che la Xylella sia il cavallo di Troia che all’interno cela l’odierno assalto che questo territorio sta subendo e che si va a sommare alle nocività già presenti sul territorio come Ilva e Cerano (due tra le più inquinanti fabbriche d’Europa), Colacem e Consal solo per citare alcuni esempi.
L’unico modo per porre un freno a questa devastazione è essere pronti a difendere le nostre radici, non cadere nella trappola del ricatto capitalistico tra lavoro e salute e contemporaneamente costruire alternative di sviluppo basate sul muto appoggio, sulla ricostruzione di un senso di comunità che sappia fare del mutualismo, del sostegno reciproco, la solida base per un futuro sostenibile e di vera ricchezza per tutti, prima che sia troppo tardi.
Coord. per la tutela del Patrimonio Culturale contro le devastazioni ambientali
10/3/2019 https://comune-info.net
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