La ragazza dell’opera

Adriana Valenti Sabouret. Arkadia, 2023

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Una scrittura tutta al femminile, incisiva, profonda, che lascia il segno. Al suo secondo volume con Arkadia dopo l’ottimo successo realizzato con il precedente “Madame Dupont, ecco “La ragazza dell’opera”, libro intenso che tiene incollato alla pagina, riga dopo riga.

È la storia di Milly Desmoulins, una splendida creatura cresciuta agli albori del XX secolo da una famiglia molto umile. Orfana di padre, l’ambizione della madre la spinge nelle fauci dell’Operà di Parigi dove troverà lavoro come petit rat.

Ci chiederemo cosa significa petit rat e lo riportiamo attraverso le parole dell’autrice.
Il ratto, un animale repellente, nauseabondo, piccolo ma distruttivo e molesto.
Perché denominare così delle bambine?
Ingiuriarci attribuendoci il nome di un animale che incute un misto di paura e ribrezzo. Una bestiola sporca, nociva, ripugnante e ai margini della società umana?
Va, viene, corre, disturba, vive in gruppo, sormonta gli ostacoli, proprio come noi petits rats del Palais Garnier.
La spiegazione era forse questa e poi il ratto era anche uno dei simboli di Parigi, come la Senna.
I roditori vivevano numerosi nella capitale, famelici, ingenui e maligni al pari di noi bambine che cadevamo nelle trappole per topi dell’Operà come i ratti nelle gabbie attirati dalla Groviera.
Il nostro formaggio era il successo, lasciapassare che ci avrebbe consentito di abbandonare i luridi tuguri insalubri e maleodoranti in cui vivevamo ammucchiate con una risma indefinita di fratelli e sorelle.

Milly verrà sottoposta a una ferrea disciplina, soffrirà la fame e patirà l’ignoranza di molti che la circondano, subendo soprattutto l’interesse vizioso di gentiluomini interessati soltanto alla sua bellezza e con la scusa di mantenerla approfittano della sua innocenza e abusano delle sue virtù.
Sullo sfondo una Parigi che non perde il suo fascino, bella e malinconica ma al tempo stesso oscura, misteriosa, un ambiente dove Milly confonderà la sua vita tra cultura e meschinità umane dando vita a episodi e risvolti a dir poco curiosi.

Milly, in qualunque circostanza sarà sempre sé stessa e non avrà mai un crollo di personalità, quella personalità che la sorreggerà anche nei momenti più dolorosi come la perdita della famiglia e di un compagno caro.

Una ragazza timida, introversa, con un cuore affamato di affetto, legata al rigore e alla disciplina.
Dentro di lei la fiammella dell’amore non vuol sapere di spegnersi.

La ragazza dell’opera è narrativa di grande temperanza, di struttura composta e misurata. Non sembra esserci un grido di ribellione nella protagonista, una rivolta interiore.
Almeno non traspare, non si fa sentire. Ma c’è perché va cercata pagina dopo pagina dentro questa esistenza tormentata ma che non spegne un attimo il fuoco della vita anche nei momenti più bui.
Lo si vede dove la città diventa meno spettacolo e teatralità, come se l’Operà e Pigalle avessero un filo denominatore comune e Adriana Sabouret costeggia con delicata e sublime poesia anche gli aspetti più intimi.

Gli argomenti affrontati sono molti: la solitudine, gli affetti, il trattenere le proprie emozioni, il timore di esporsi e rimanere feriti. Un lavoro che desta un grande interesse che si accorda con il ritmo elevato della storia dentro un turbinio di vicende e episodi.

Due sono le vicende del cammino di Milly, due grandi amori, quello nei confronti del principe italiano Valerio Cedronio e quello verso il Lord inglese Sutton Bumbury, due amori finiti male ma che serviranno a salvarla dal baratro in cui stava per precipitare.

C’è una tematica molto forte in queste pagine, che l’autrice non vuole nascondere e credo voglia a tutti costi far emergere: quella di una femminilità spesso abusata e frustrata.

Come nel precedente romanzo Adriana Valenti Sabouret riesce a darci una storia toccante dimostrandosi narratrice capace di raccontare l’animo umano, di andare nel profondo dove è facile perdersi e rimanere a galla scavando nei suoi personaggi. Con questo,, senza ombra di dubbio autrice dotata di una scrittura viscerale, quella scrittura che abbraccia i suoi lettori e li stringe a sé portandoli verso un cerchio magico, come se avessero vissuto la storia sulla propria pelle.

Giorgo Bona

Scrittore. Collaboratore redazione di Lavoro e Salute

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