La regionalizzazione è una balcanizzazione inaccettabile.

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Il governo si appresta a varare un provvedimento micidiale con il quale la scuola della Repubblica viene liquidata completamente.

Il progetto di regionalizzazione smantella  la scuola e l’istruzione viene delegata completamente alle regioni. Si tratta di una frammentazione inaccettabile che determinerà delle disparità e delle diseguaglianze nel sistema di istruzione e nell’intero paese, mai viste. Una vera e propria balcanizzazione ed è per questo che il progetto va fermato subito e senza alcuna indecisione.

Le conseguenze di questo progetto distruttivo sono di una gravità estrema e sotto gli occhi di tutti.

Questo progetto distrugge il contratto nazionale. Questo progetto produrrà salari differenziati,  carichi di lavoro e orari diversi tra le regioni producendo delle disparità e delle iniquità inaccettabili.

I trasferimenti del personale da una regione all’altra vengono rimessi in discussione. I concorsi non avranno più carattere nazionale, ma saranno regionalizzati.

Il valore legale dei titoli di studio viene pericolosamente attaccato. Gli stessi programmi non avranno più un carattere nazionale, rimettendo in causa la cultura stessa del nostro paese e la sua storia. La scuola sarà direttamente gestita dal potere politico localecon tutti i rischi e i limiti che ciò comporta.

La libertà di insegnamento viene nei fatti liquidata perché personale diversamente retribuito e organizzato non può garantire all’alunno il medesimo livello di prestazione.

La regionalizzazione rappresenta l’ennesimo attacco micidiale alla scuola dopo vent’anni di riforme distruttive messe in atto da governi di ogni colore. Il sistema scolastico ha subito dei gravissimi colpi negli ultimi anni e gli effetti si vedono direttamente nelle scuole dove l’aria sembra essere diventata plumbea. Ma se la scuola, se le lavoratrici e i lavoratori della scuola, hanno in qualche misura parato i colpi dei governi e hanno resistito è perché le lotte e le mobilitazioni hanno avuto il carattere nazionale.

Con la scuola regionalizzata, la resistenza nazionale non sarà più possibile perché il “divide et impera” renderà inefficaci le lotte spazzando via il carattere di unitarietà nazionale e con esso il sindacato nazionale stesso. Non ci sarà più necessità di avere un sindacato scuola nazionale quando il sistema sarà regionalizzato. Ed è un pericolo che non possiamo correre. Per questo la nostra risposta deve essere chiara e univoca. Il progetto va ritirato. Anzi, qualunque progetto di regionalizzazione va ritirato. Non esistono regionalizzazioni più o meno buone. Non esistono progetti che possono avere degli aspetti interessanti. La regionalizzazione non può essere accompagnata, gestita, rimaneggiata, migliorata. Questo progetto va rifiutato e ne deve essere chiesto il ritiro integrale.

È necessario spiegare bene la posta in gioco alle lavoratrici e ai lavoratori della scuola. Occorre farlo nelle scuole, dove non se ne parla. Occorre riportare l’attenzione dei lavoratori sul pericolo che stiamo correndo e costruire una grande mobilitazione. Le assemblee territoriali non sono sufficienti perché sono poco partecipate e silenziose.

Diventa necessario ed impellente continuare a spiegare i veri pericoli che stiamo correndo per far ripartire il fronte della la mobilitazione.

Anche la questione del rinnovo del contratto è dirimente e congiunta a quella della regionalizzazione. La mobilitazione per ritiro del progetto di regionalizzazione è legata a quella del contratto perché gli aumenti proposti dal governo in questo momento sono inaccettabili non solo in sé, ma perché alimentano la propaganda di coloro che, falsamente, vogliono illudere i lavoratori dicendo che la regionalizzazione/autonomia potrà portare più soldi nelle loro tasche.

Viceversa, ottenere un vero contratto nazionale con il recupero del potere d’acquisto, con il recupero della dignità della professione insegnante significa togliere terreno a chi fomenta la divisione la diseguaglianza e la frammentazione.

Abbiamo già sotto gli occhi l’esempio nefasto di che cosa significhi la distruzione del contratto nazionale. Le lavoratrici e i lavoratori della provincia di Trento sono l’esempio concreto di ciò che avverrà. Gli insegnanti della provincia di Trento hanno avuto, con il contratto provinciale, un aumento del salario di 160 euro netti circa. Ma questo aumento ha avuto una contro partita pesantissima. Un minuto dopo aver ottenuto l’aumento si sono ritrovati con un aumento dell’orario di servizio  e la reperibilità per le supplenze h24. I dirigenti scolastici possono chiamare direttamente i docenti per le supplenze entro la sera prima del servizio necessario, “salvo misure di straordinaria emergenza”. E ancora….., con la chiamata diretta, all’atto dell’assunzione vengono poste delle domande in merito al possesso o meno della legge 104, in merito al fatto di essere coniugati o intenzionati ad avere figli..

Altro che libertà d’insegnamento. Qui non solo viene liquidata la libertà di insegnamento, ma vengono rimessi in causa anche i diritti costituzionale e le libertà individuali.

Occorre però tenere bene a mente, mentre costruiamo questa mobilitazione, che gli errori si pagano e se oggi noi abbiamo delle assemblee poco partecipate e silenti è perché la categoria non ha dimenticato il 6 maggio del 2015. Proprio il 6 maggio. Non ha dimenticato il giorno successivo allo storico sciopero della scuola. Uno sciopero che aveva avuto il sapore della serrata. La scuola aveva pronunciato a gran voce un no, senza se e senza ma, alla Buona Scuola di Renzi. Era il giorno seguente alla prova di resistenza più forte che le lavoratrici e i lavoratori della scuola avevano messo in campo negli ultimi anni. Il governo aveva vacillato ed era sul punto di tornare sui suoi passi ritirando il progetto di legge e se questo non è avvenuto, è stato proprio perché quel 6 maggio non è stato fatto niente. E così nei giorni successivi, lasciando il campo ad un governo che ha potuto proseguire indisturbato nella sua opera di distruzione della scuola. La forza della mobilitazione è stata lasciata defluire e non è stata rilanciata alcuna iniziativa. Le lavoratrici e i lavoratori non hanno dimenticato tutto ciò e allora quella lezione ci deve essere d’esempio. Va molto bene  la proclamazione dello sciopero, seppur tardivo e in un momento dell’anno incomprensibile. Ma attenzione, perché lo sciopero dovrà essere costruito nei luoghi di lavoro e dovrà essere costruito su parole d’ordine chiare e corrette, senza equivoci. E dovrà rappresentare non il punto massimo della lotta, ma il primo passo di una battaglia che dovrà proseguire senza esitazioni fino al raggiungimento dell’obiettivo. Non potrà essere diluito con uno sciopero degli scrutini come è già avvenuto negli anni passati. Non si potrà lasciare passare l’estate per riprendere la lotta con delle tardive e inopportune iniziative di mobilitazioni autunnali, perché in questo modo le battaglie si perdono. In questo modo si perdono iscritti, si perdono le elezioni Rsu e viene rimessa in causa l’esistenza stessa del sindacato. In questo modo si distrugge la scuola. Noi invece la scuola vogliamo difenderla e questa battaglia vogliamo vincerla. Per questo è necessario uno sciopero con manifestazione nazionale a Roma per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione e per un vero contratto!

Monica Grilli

9/4/2019 https://sindacatounaltracosa.org

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