La salute è politica

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Il Movimento dei Popoli per la Salute (People’s Health Movement, PHM) è una rete globale diffusa in oltre 80 Paesi, una piattaforma che consente ad attiviste/i, organizzazioni della società civile e movimenti per la salute e i diritti di incontrarsi, scambiare esperienze e unire le lotte. Nato sotto la spinta di movimenti sociali del Sud del mondo (particolarmente Sudafrica, America Latina e India), il PHM si propone di riaffermare i principi e obiettivi della Dichiarazione di Alma Ata (1978) e in particolare la natura sociale, economica e politica della salute come diritto umano fondamentale. I suoi principi fondanti sono espressi nella Carta per la Salute dei Popoli, redatta a Savar (distretto della Grande Area di Dacca, capitale del Bangladesh) all’assemblea che nel 2000 ha dato luce al movimento.

Dopo 18 anni, nel novembre scorso il PHM è tornato a Savar per la quarta Assemblea dei Popoli per la Salute (People’s Health Assembly – PHA4). Con circa 1400 partecipanti da 74 Paesi, era rappresentata una pluralità di esperienze di lotta diverse, unite intorno all’imperativo del diritto alla “salute per tutte e tutti – ora!”, minato da processi globali di stampo capitalista e neoliberista. In questo senso, l’assemblea ha raccolto una delle maggiori sfide per gli attuali movimenti: unire le lotte, tra ambiti diversi e all’intreccio tra locale e globale, nel riconoscimento e valorizzazione delle peculiarità di ognuna.

La salute (è) politica

L’inizio dell’assemblea era previsto per il 15 novembre, con un fittissimo programma di cinque giorni. Il 14 novembre, quando ormai la maggior parte delle delegazioni era in loco, è giunto un improvviso divieto da parte delle autorità di fare uso della sede stabilita, l’università Gonoshasthaya Kendra – GK (diretta dall’omonima ONG e sede anche della prima assemblea). Contemporaneamente, un mandato all’ufficio di immigrazione dell’aeroporto bloccava decine di partecipanti internazionali, costretti a lunghe e incerte attese o addirittura al rimpatrio forzato. Ufficialmente motivato da disordini nella zona, il pesante intervento istituzionale è stato da molti visto come causato dall’inasprimento della morsa di stampo autoritario conseguente l’avvicinarsi delle elezioni nazionali previste in dicembre.

Dopo ore di trattativa, grazie al coinvolgimento di una ONG locale molto grande e influente che ha gestito la mediazione con le autorità e offerto uno spazio a prezzo agevolato, si è riusciti a salvare l’evento, se pure con un programma ridotto di un giorno, notevoli disagi e ingenti costi aggiuntivi(a).  Il rischio di vedere l’assemblea annullata per ragioni politiche era altissimo per la tenuta stessa del movimento e questo ha fortemente motivato azioni di resistenza sia degli organizzatori che delle persone partecipanti che, nonostante l’incertezza e le minacce di insicurezza, si sono auto-organizzate per iniziare le discussioni in assemblea in assenza del programma ufficiale.

Superare insieme un momento di difficoltà ha rafforzato la solidarietà internazionale che contraddistingue il PHM, portando anche l’attenzione – soprattutto di chi partecipava dal Nord del mondo – sulle condizioni di repressione politica in Bangladesh (così come purtroppo in tanti altri contesti, con ripercussioni dirette anche su attiviste/i del movimento) e sull’importanza degli spazi di espressione democratica come presupposto fondamentale (anche) della lotta per il diritto alla salute.

La lotta per la salute è la lotta per un mondo più solidale (anche con l’ambiente)

Nella ricchezza di contenuti messa in campo dalla PHA4, è importante notare la rilevanza di tematiche finora meno prominenti nel movimento di lotta per la salute a livello internazionale, come l’interconnessione tra salute e genere e tra salute e ambiente. Questi temi, insieme ad altri più consolidati come sistemi sanitari e primary health care, mercato e salute, sovranità alimentare, migrazione, occupazione e guerra, hanno rappresentato gli assi su cui si è lavorato in sessioni plenarie, workshop e tavoli tematici, le cui discussioni sono poi confluite nella dichiarazione finale dell’assemblea.

Per quanto riguarda l’asse di genere, una progressiva restrizione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza è stata riportata da molti Paesi coinvolti da derive politico-istituzionali di stampo conservatore. Questo ha rappresentato l’occasione per una forte presa di posizione del movimento  e al contempo per riconoscere la potenza delle lotte su questo fronte e l’importanza di creare sinergie e scambi di pratiche. Sentito, inoltre, è stato il bisogno di autoriflessività sull’oppressione di genere interna al movimento stesso, anche stimolato da alcuni episodi avvenuti durante l’assemblea, e concretizzatosi in una dichiarazione del PHM nell’immediato post-assemblea. Si è infine espressa la necessità di promuovere un’analisi di genere e intersezionale come componenti fondamentali della lotta per la salute in ogni sua declinazione.

Sui temi ambientali, la PHA4 è stata l’occasione per rafforzare l’analisi sulle interconnessioni tra capitalismo, estrattivismo(b) e insostenibilità ambientale dell’attuale sistema basato sul dogma della crescita. Per quanto sia complesso adattare tale critica a contesti molto diversi, segnati da un lato da un iperconsumo di beni non necessari, e dall’altro dalla mancanza di generi essenziali di sussistenza, l’assemblea ha rappresentato una piattaforma dove le diverse lotte si sono riconosciute tra loro. In particolare, è stata posta l’attenzione su tutte le popolazioni che – dalla Grecia alla Sierra Leone, dal Nicaragua al Canada – soffrono a causa della presenza invasiva e violenta delle imprese estrattive multinazionali. Con dinamiche molto simili di corruzione istituzionale, delegittimazione e criminalizzazione dei movimenti, violenza diretta e indiretta, queste imprese fanno profitti a scapito del diritto delle persone a vivere in salute sul proprio territorio, compromettendo la sopravvivenza dell’ambiente e delle generazioni a venire. Grazie soprattutto al contributo teorico delle delegazioni sudamericane, arricchite dagli sguardi indigeni che non separano la persona umana dall’ambiente che dà la vita, queste lotte e analisi sono state inquadrate in una visione della salute come salute della natura nella sua interezza[1]. In questa direzione sono andati anche gli importantissimi apporti relativi alla questione dei saperi tradizionali sugli ecosistemi e sulla salute, intesi sia come forme di autodeterminazione e resistenza sostenibile all’egemonia dell’approccio biomedico, sia come rinnovata attenzione a un concetto olistico di benessere collettivo.

I movimenti femministi e ambientalisti attuali – in evidente crescita e capaci di connettere lotte in parti distanti del mondo – convergono sulla necessità di sovversione del primato accordato dal capitalismo neoliberista alla produzione del profitto a spese della riproduzione sociale, ossia di quegli elementi, compresi l’ambiente e la cura, che ci sostengono come specie e come persone. Così come la nostra sopravvivenza, anche la salute di tutte e tutti dipende da questo sovvertimento e dalla costruzione condivisa di un nuovo modello di convivenza.

Le lotte in Europa

I giorni assembleari hanno reso possibile l’incontro dei/lle partecipanti anche sotto forma di assemblee regionali. Durante svariate occasioni di confronto tra le delegazioni di Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito, si sono condivisi i fattori politici di rischio per la salute di tutte e tutti, nonché i processi di resistenza presenti nei rispettivi Paesi.

Tra gli ambiti di lotta comune spicca la lotta contro la privatizzazione dei sistemi sanitari e la commercializzazione della salute, tramite la campagna del 7 aprile. Indetta dall’OMS come giornata mondiale della salute, il 7 aprile è stato ribattezzato dai movimenti “giornata dei popoli per la salute” ed è da alcuni anni occasione di mobilitazione in tutto il mondo. L’assemblea ha riaffermato la necessità di continuare a opporsi ai processi a rapida diffusione in Europa (e non solo) quali la riduzione della spesa sanitaria pubblica, la regionalizzazione differenziata dei sistemi sanitari, la crescita esponenziale – supportata direttamente e indirettamente da fondi pubblici – delle assicurazioni private, le partnership pubblico-privato e l’appalto di servizi pubblici a enti privati[3]. Di converso, forti di evidenze ripetute e convincenti, si afferma la necessità di  sostenere la diffusione di servizi di salute universali finanziati e gestiti pubblicamente, equi e di buona qualità, basati sui principi di cure primarie definiti dalla Dichiarazione di Alma Ata[1,2]. L’assemblea ha inoltre riconosciuto il bisogno di rafforzare l’informazione sulle dinamiche e i meccanismi di privatizzazione, spesso gestiti in modo poco trasparente e ignorati dal largo pubblico, l’alleanza tra cittadine/i e chi lavora nei sistemi sanitari, anche in relazione alle importanti mobilitazioni in Paesi come Francia e Germania, e l’attenzione rivolta al ruolo delle istituzioni europee (anche) per questa lotta.

Il confronto fra le delegazioni europee ha inoltre confermato come il diritto alla salute delle persone migranti sia gravemente minacciato in diversi Paesi soprattutto, ma non solo, per una progressiva riduzione del diritto di accesso alle cure.  Si è anche discusso di come la lotta per il diritto alla salute delle persone migranti sia fortemente connessa con quella contro la guerra, la militarizzazione e l’occupazione dei territori, un’area tematica prioritaria per il PHM. Anche per questo, la PHA4 ha segnato l’avvio di un dialogo importante con realtà dei luoghi di provenienza di molte persone che migrano in Europa, quali i Paesi rappresentati dal PHM Medio Oriente e Nord Africa (MENA), nonché con altri contesti segnati da politiche migratorie repressive come gli Stati Uniti.

In memoria e in solidarietà

Amit Sengupta

Non possiamo concludere senza un pensiero dedicato all’attivista indiano Amit Sengupta, figura portante del movimento sin dalla sua fondazione, morto tragicamente nel novembre 2018, e di cui per mesi aveva instancabilmente guidato l’organizzazione. Amit rappresenta al meglio la combinazione tra rigore intellettuale, visione politica, capacità organizzativa e spirito/cuore/passione, elementi distintivi dell’approccio del PHM alla lotta per la salute. A lui sono stati dedicati innumerevoli tributi, da tutto il mondo, e la sua scomparsa ha al tempo stesso lasciato un vuoto e generato una spinta reattiva per continuare anche in suo nome[4].

Come scritto da uno degli articoli usciti dopo la morte di Amit: “le assemblee […] sono occasioni uniche perché offrono ai movimenti popolari una piattaforma per condividere le esperienze delle loro lotte per il diritto alla salute, esporre e denunciare i danni causati dal discorso neoliberista dominante nella salute e nello sviluppo, ed esplorare approcci teorici alternativi necessari a orientare sia le politiche governative sia le azioni dei movimenti, con considerevole rigore accademico e creatività”[5].

La PHA4 è stata, senza dubbio, tutto questo. Ma la forza di un’assemblea si vede (anche) in quello che lascia davanti a sé. Nella dichiarazione finale, l’assemblea ha preso l’impegno di lavorare per creare ponti e connettere chi lotta per il diritto alla salute con chi si muove in difesa dei diritti umani e ambientali, perché la matrice dell’oppressione – il capitalismo finanziario neoliberale – è comune. Con la PHA4, il PHM invita tutti i movimenti a una lotta comune per la salute per tutte e tutti, ora.

Luul Balestra, Marianna Bettinzoli, Chiara Bodini, Anna Vigato

People’s Health Movement

1/7/2019 www.saluteinternazionale.info

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