La scienza per la liberazione della donna

Curde disegno

Lo scorso 20 luglio ho presentato, nell’ambito del dialogo “Donne violente. Il genere femminile e la violenza agita, fra passato e presente” (14° SiMposio di storia della conflittualità sociale), un intervento intitolato “Le Amazzoni, topos e tropos, da Omero a Wonder Woman”.

L’intervento (il link al quale qui ri-allego: https://www.academia.edu/…/Presentazione_PowerPoint_-_Le_Am…) è stato sostanzialmente centrato sulla tesi che il topos delle Amazzoni sia una sorta di “distopia” catartizzante: in pratica, l’idea è che la misoginerrima società greca abbia “creato” il mito delle Amazzoni per raffigurare ciò che disprezzava e da cui era terrorizzato. Pur essendoci testimonianze archeologiche e antropologiche di società preistoriche e protostoriche “simil-amazzoniche”, non si può parlare di presunte sopravvivenze di un matriarcato primitivo, cosa che hanno fatto molti/e intellettuali dal XIX secolo (con alcuni “revival” negli anni Sessanta-Settanta del Novecento).

Il dialogo è stato di enorme successo, ha raccolto interventi molto diversi fra loro e complementari, e soprattutto ha suscitato preziosissimi commenti e discussioni (il che per degli storici è sempre la cosa più importante: noi viviamo di domande, non di risposte). Last but not least, il successo del dialogo ha spinto la nostra associazione, “Storie in Movimento” (http://storieinmovimento.org/) ad approvare la pubblicazione di un numero tematico della nostra rivista, “Zapruder” (http://storieinmovimento.org/zapruder/), che se non sbaglio uscirà a fine 2019. Io stesso e la compagna con cui ho organizzato il dialogo ci occuperemo della curatela.

Fra le varie suggestioni sorte durante il dibattito post-dialogo ve ne sono state anche di contrastanti con le nostre tesi di fondo. Parlando con una compagna molto interessata alla questione, mi sono state suggerite alcune linee di indagine e interpretazioni che, pur trovandomi non troppo concorde, hanno solleticato la mia curiosità. Qui una delle più stimolanti: uno sguardo sul concetto di lotta per la liberazione della donna in Kurdistan. Sono certo che il tema sia di notevole interesse per molte e molti, anche e soprattutto vista l’attenzione mediatica rivoltagli negli anni scorsi (molto meno ora: oggi i curdi sembrano nuovamente scomparsi dall’orizzonte “spettacolare” dell’Occidente).

lo scorso 20 luglio ho presentato, nell’ambito del dialogo “Donne violente. Il genere femminile e la violenza agita, fra passato e presente” (14° SiMposio di storia della conflittualità sociale), un intervento intitolato “Le Amazzoni, topos e tropos, da Omero a Wonder Woman”.

L’intervento (il link al quale qui ri-allego: https://www.academia.edu/…/Presentazione_PowerPoint_-_Le_Am…) è stato sostanzialmente centrato sulla tesi che il topos delle Amazzoni sia una sorta di “distopia” catartizzante: in pratica, l’idea è che la misoginerrima società greca abbia “creato” il mito delle Amazzoni per raffigurare ciò che disprezzava e da cui era terrorizzato. Pur essendoci testimonianze archeologiche e antropologiche di società preistoriche e protostoriche “simil-amazzoniche”, non si può parlare di presunte sopravvivenze di un matriarcato primitivo, cosa che hanno fatto molti/e intellettuali dal XIX secolo (con alcuni “revival” negli anni Sessanta-Settanta del Novecento).

Il dialogo è stato di enorme successo, ha raccolto interventi molto diversi fra loro e complementari, e soprattutto ha suscitato preziosissimi commenti e discussioni (il che per degli storici è sempre la cosa più importante: noi viviamo di domande, non di risposte). Last but not least, il successo del dialogo ha spinto la nostra associazione, “Storie in Movimento” (http://storieinmovimento.org/) ad approvare la pubblicazione di un numero tematico della nostra rivista, “Zapruder” (http://storieinmovimento.org/zapruder/), che se non sbaglio uscirà a fine 2019. Io stesso e la compagna con cui ho organizzato il dialogo ci occuperemo della curatela.

Fra le varie suggestioni sorte durante il dibattito post-dialogo ve ne sono state anche di contrastanti con le nostre tesi di fondo. Parlando con una compagna molto interessata alla questione, mi sono state suggerite alcune linee di indagine e interpretazioni che, pur trovandomi non troppo concorde, hanno solleticato la mia curiosità. Qui una delle più stimolanti: uno sguardo sul concetto di lotta per la liberazione della donna in Kurdistan. Sono certo che il tema sia di notevole interesse per molte e molti, anche e soprattutto vista l’attenzione mediatica rivoltagli negli anni scorsi (molto meno ora: oggi i curdi sembrano nuovamente scomparsi dall’orizzonte “spettacolare” dell’Occidente).

lo scorso 20 luglio ho presentato, nell’ambito del dialogo “Donne violente. Il genere femminile e la violenza agita, fra passato e presente” (14° SiMposio di storia della conflittualità sociale), un intervento intitolato “Le Amazzoni, topos e tropos, da Omero a Wonder Woman”.

L’intervento (il link al quale qui ri-allego: https://www.academia.edu/…/Presentazione_PowerPoint_-_Le_Am…) è stato sostanzialmente centrato sulla tesi che il topos delle Amazzoni sia una sorta di “distopia” catartizzante: in pratica, l’idea è che la misoginerrima società greca abbia “creato” il mito delle Amazzoni per raffigurare ciò che disprezzava e da cui era terrorizzato. Pur essendoci testimonianze archeologiche e antropologiche di società preistoriche e protostoriche “simil-amazzoniche”, non si può parlare di presunte sopravvivenze di un matriarcato primitivo, cosa che hanno fatto molti/e intellettuali dal XIX secolo (con alcuni “revival” negli anni Sessanta-Settanta del Novecento).

Il dialogo è stato di enorme successo, ha raccolto interventi molto diversi fra loro e complementari, e soprattutto ha suscitato preziosissimi commenti e discussioni (il che per degli storici è sempre la cosa più importante: noi viviamo di domande, non di risposte). Last but not least, il successo del dialogo ha spinto la nostra associazione, “Storie in Movimento” (http://storieinmovimento.org/) ad approvare la pubblicazione di un numero tematico della nostra rivista, “Zapruder” (http://storieinmovimento.org/zapruder/), che se non sbaglio uscirà a fine 2019. Io stesso e la compagna con cui ho organizzato il dialogo ci occuperemo della curatela.

Fra le varie suggestioni sorte durante il dibattito post-dialogo ve ne sono state anche di contrastanti con le nostre tesi di fondo. Parlando con una compagna molto interessata alla questione, mi sono state suggerite alcune linee di indagine e interpretazioni che, pur trovandomi non troppo concorde, hanno solleticato la mia curiosità. Qui una delle più stimolanti: uno sguardo sul concetto di lotta per la liberazione della donna in Kurdistan. Sono certo che il tema sia di notevole interesse per molte e molti, anche e soprattutto vista l’attenzione mediatica rivoltagli negli anni scorsi (molto meno ora: oggi i curdi sembrano nuovamente scomparsi dall’orizzonte “spettacolare” dell’Occidente).

Giuseppe Cilenti

da La Paleoteca su FaceBook

Luglio 2018

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