La secessione differenziata delle tribù regionali

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Il ministro Boccia ha presentato alle regioni una bozza di legge quadro sull’autonomia differenziata . A suo parere si tratta di una “cintura di sicurezza “ per il sud e l’ Italia intera, che dovrebbe garantire il massimo beneficio per ogni regione, una sintesi di tutti gli articoli del titolo V della Costituzione; ritiene quindi di aver delineato la cornice ideale in cui “ognuno potrà correre alla velocità prescelta ma tutti potranno contribuire alla crescita del Paese. Ora inizia un grande gioco di squadra con tutte le Regioni e spero senza distinzioni di colori politici “ ( Boccia – regioni .it n. 3720 11/ 11/2019 ). I punti cardine della legge , i puntelli della coesione nazionale, sono indicati nei LEP.

L’art.1 della bozza stabilisce che si debbano determinare i livelli essenziali di prestazione “obiettivi di servizio” uniformi per tutto il territorio nazionale. Si richiama la necessità di attuare la perequazione infrastrutturale per garantire l’uniformità, vincolando a questo obiettivo la ripartizione delle risorse. Subito dopo , tuttavia, la legge prevede che “qualora entro 12 mesi dalla data di entrata in in vigore della legge non siano stati determinati i LEP , le funzioni siano comunque attribuite alle regioni , con decreto del presidente del Consiglio dal 1° gennaio dell’esercizio successivo , calcolando le risorse attribuite con riferimento alla spesa storica”.

L’art. 2 della bozza individua le modalità di definizione dei LEP: prevede il limite temporale dei 12 mesi , e affida il compito ad un commissario e ad organismi tecnici come SOSE e ISTAT , che , utilizzando metodo tecnicista e come parametro di riferimento la spesa storica produrranno i risultati ben documentati dal recente dossier di Report Openpolis e dal lavoro di Marco Esposito ( Zero al Sud , la storia incredibile e vera dell’attuazione perversa del federalismo fiscale, Rubettino). Si tratta della “cristallizzazione” delle differenze esistenti , perchè le risorse vengono assegnate non in virtù delle necessità ma della capacità degli enti di attivare servizi.

Ad oggi, la legge ha superato l’esame della Conferenza delle Regioni, con la soddisfazione di De Luca, Emiliano, Fontana, Bonaccini e , in misura più prudente , di Zaia (che freme per la firma dell’intesa ). Celebrata come un successo anche dal PD di Zingaretti, che la definisce “svolta storica su autonomia. Una vittoria di tutti. Avanti così per cambiare l’Italia” (ADN kronos 28/11/19 ). Prossimo passaggio al Consiglio dei Ministri, e poi, nelle intenzioni di Boccia, in parlamento insieme alla legge di bilancio. Dopo l’approvazione della legge quadro, tutti uniti per il bene della patria , il ministro prevede di passare alla firma delle intese; il tutto dovrebbe concludersi tra gennaio e febbraio. Forse le elezioni regionali in Emilia Romagna costituiscono una spinta propulsiva… Nessun ostacolo allo sciagurato processo di regionalizzazione sembra profilarsi nell’iter legislativo. Però forse Boccia e i suoi sono troppo ottimisti. Hanno sottovalutato alcuni dissensi nella maggioranza, alcune riserve. Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura della Camera, che rivendica trasparenza e maggiore coinvolgimento del parlamento; il presidente Fico, che richiede che i LEP vengano definiti prima di qualunque legge quadro e intese, e rifiuta il riferimento alla spesa storica. Alcune voci sottolineano l’inopportunità di inserire l’autonomia differenziata nella legge di bilancio.

Di ragioni per contestare e opporsi al processo in corso ce ne sono molte. Il Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque autonomia differenziata li ha elencati in un documento che promuove e annuncia una settimana di mobilitazioni , dal 9 al 14 dicembre, con incontri pubblici, volantinaggi, sit in organizzati dai tanti comitati di scopo costituiti nei mesi scorsi, una “ Staffetta per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti”. Si aggiungono alle conferenze, convegni, dibattiti, seminari di informazione e formazione, tenute da esperti , costituzionalisti, giornalisti, studiosi un po’ in tutta Italia (per info pagina fb “ Contro ogni autonomia differenziata “). La FLC CGIL , finalmente compatta , esprime chiaramente la non disponibilità ad accettare a accettare la regionalizzazione della scuola.

Le insidie della legge quadro, i motivi di contrarietà , sono formali e sostanziali. Si tratta di una legge ordinaria per sua natura non atta a contenere e regolare le intese regionali, che sono leggi di grado superiore. Peraltro la proposta di Boccia rende possibile l’attuazione dell’autonomia regionale anche in assenza della determinazione dei correttivi che dovrebbero garantire uguaglianza dei cittadini ( i livelli essenziali ), vanificando qualsiasi “cornice “ e aprendo la strada alla frammentazione del paese. Il ruolo del Parlamento è ridotto al minimo: nelle intenzioni del ministro, la legge verrebbe sottoposta alle Camere insieme ai provvedimenti finanziari, sottraendola così all’esame e alla discussione approfondita. Per il resto, i processi di definizione delle intese e dei parametri per l’attribuzione delle risorse avverrebbe tra commissari, commissioni, tecnici, governo e consigli regionali.

La famosa perequazione infrastrutturale fondata in teoria sui LEP, nella pratica si concretizza in una insoddisfacente misura per calmierare l’eccesso di disuguaglianza. In realtà la ripartizione delle risorse seguirà più agevolmente il criterio della spesa storica o dei fabbisogni standard, per mantenere l’esistente. Stabilire una soglia minima, essenziale, non risponderà al bisogno di uniformità e non garantirà la risposta a bisogni reali dei cittadini, né ai diritti riconosciuti dalla Costituzione a tutti i cittadini indipendentemente dal luogo di residenza.

Ma c’è di più, e questo dovrebbe preoccupare anche coloro che ritengono di potersi avvantaggiare dell’autonomia, forti della capacità economica regionale. La legge prevede che “ ai fini del coordinamento della finanza pubblica …” lo Stato disponga “ in relazione agli andamenti del ciclo economico e dei conti pubblici, misure a carico della Regione, a garanzia dell’equità nel concorso al risanamento della finanza pubblica….”. Cioè, nuove tasse. L’autonomia si fonda sul principio di sussidiarietà, venduto come virtuoso e saggio, ma nei fatti all’origine del progressivo disimpegno dello Stato a favore delle privatizzazioni in tutti i settori, dalla scuola, alla sanità, ai trasporti, alla previdenza. L’autonomia si concretizzerà in privatizzazioni e servizi a pagamento.

La frammentazione regionale significa perdita dei diritti civili e sociali, aumento delle diseguaglianze, peggioramento delle condizioni economiche di tutti, cancellazione dello stato sociale, arretramento della democrazia, ulteriore imbarbarimento del mondo del lavoro per lo svuotamento dei contratti nazionali. Quest’elenco non è esaustivo e neanche particolarmente pessimista.

Che cosa serve, quindi, secondo associazioni, comitati, organizzazioni sindacali, autorevoli esperti, docenti e giornalisti che si stanno occupando di autonomia differenziata? Informazione, stimolazione di un dibattito nazionale, nella scuola e nella società che contribuisca alla crescita culturale del paese, occasione per affrontare temi “ alti” come l’intervento pubblico, la necessità i salvaguardare i pilastri della civiltà di un paese, l’ istruzione, la sanità, il lavoro, j diritti, la solidarietà, le pari opportunità.tutto questo nella consapevolezza che questo paese si salva solo se rimane unito. A livello normativo si rende necessaria una profonda riflessione sul titolo V della Costituzione , una revisione dell’art. 116, per stabilire cosa e in che misura è regionalizzabile Si chiede una seria riesamina dei meccanismi di redistribuzione delle risorse, per rispondere ai bisogni delle popolazioni più svantaggiate, ai territori più in difficoltà.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Articolo pubblicato sul numero di dicembre del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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