LA SINDROME DELL’IMPUNITA’
Prima di mirare alla sindrome che colpisce gli impuniti, diamo un significato alla termine.
Sindrome: “il complesso dei sintomi che denunciano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma o complesso di atteggiamenti con cui si reagisce in modo abnorme a una specifica situazione critica, a un condizionamento, un pericolo ecc”. L’impunità garantisce l’esaltazione, circuisce il senso di giustizia, rimodella la concezione del bene e male. L’impunità è il balsamo delle classi agiate, soggioga le ragioni della morale.
I vari deputati italiani, rimasti impuniti, spesso e volentieri, tornano alla carica, ricalcando gli stessi vizi di forma e con un’arma in più: la certezza d’essere sopra le parti, nonostante il popolo continui ad abbaiare.
Passo a un esempio pratico: Scajola, tanto per citarne uno, dopo la casa pagata a sua insaputa, diede le dimissioni, ma tenne a precisare che avrebbe denunciato chiunque si fosse impossessato del suo debito. In quel comunicato, quasi a reti unificate, Claudio Scajola non rispose alle domande dei giornalisti ed uscì di scena con una minaccia. Forse era diretta a qualcuno in particolare, sta di fatto che Scajola venne assolto da accuse chiarissime. La Fornero, dopo il caso degli esodati, disse che i dirigenti dell’inps dovevano essere licenziati, rei d’aver dato il numero esatto delle persone truffate. Il potere è affetto dalla sindrome dell’impunità, alcuni di essi sono nullatenenti, perdigiorno, viziati. I soggetti malati possono contare su una giustizia mansueta, se non accondiscendente.
Provate ad ascoltare i loro discorsi, le lore smanie. Puntano costantemente il dito verso gli altri, verso l’avversario politico, verso il popolo; questo è segno di profonda disonestà, non lo dico io, ma la scienza, la psicologia, la psichiatria, la filosofia.
Ma la sindrome degli impuniti va oltre, vive dentro la menzogna, ricreando presupposti reali. Ogni azione compiuta dagli impuniti ha un obiettivo finale, quello di disunire la massa. Ognuno è indispensabile in questo tempo dove la verità è una miscela di false promesse e rendiconti.
La Fornero, Berlusconi, Monti, Napolitano, Renzi, Letta sono esempi classici di questa sindrome, ognuno di essi copre i misfatti alla luce del giorno, i riflettori non bastano mai. Il cittadino subisce, accetta che il reato di un ministro non vada punito, il reato di un agiato vada in prescrizione, mentre la sindrome rumoreggia, incarna il benestare dei collusi, fino a salutare la sua ascesa o mite discesa.
La sindrome può essere tramandata da padre in figlio, ad esempio Sharon non è stato mai accusato apertamente e mai condannato come criminale di guerra, assassino, stragista, nonostante sia il responsabile del genocidio di Sabra e Shatila, altre e altre ancora. Divenne l’impunito per eccellenza del ventesimo secolo e, dopo la sua morte, la sindrome attecchì sul figlio, il quale dichiarò apertamente che bisognava radere al suolo Gaza.
Le istituzioni, i giornali, le tv rispettano questa diversa interpretazione delle leggi nazionali e internazionali. Il politico di turno cerca, come nelle peggiori favole, sostegno a se stesso, altro che benessere esteso nel sociale. Loro sono onnipresenti, quindi onnipotenti, figli e figliastri della chiesa romana; quasi nipoti di Carlo Magno.
“Ai potenti non basta uscirne impuniti, nel loro marcio, vorrebbero la vendetta legale degli onesti, dei coraggiosi che denunciarono il misfatto”.
Il mondo sa di plastica, il nobel a Obama è la provocazione, i funerali di Sharon la vergogna, tutti disgustosi atteggiamenti della sindrome dell’impunità. Essa è la contrapposizione ai sensi colpa, concede al malato la possibilità di esaltare il futile, la follia e l’arroganza, a discapito dei giusti e della povertà. La sindrome dell’impunità è una diga infrangibile, inamovibile e inaffondabile per egemonia dei potenti, per cui irrimediabilmente colpevole.
La “bassezza” delle argomentazioni politiche è il risultato, perché il popolo, nel frattempo, ha imparato a subire. Il regime globale non ammette accuse, la repressione estromette i capi d’imputazione, il privilegiato impunito diventa un eroe. A questo punto, nulla è da salvare, tranne la rabbia di chi contesta per vivere: la rivoluzione.
NON ABBASSIAMO LA TESTA DI FRONTE ALLA MASNADA DI IMPUNITI CHE AVANZA E ALZA LA POSTA, È INUTILE SPERARE IN UN DIO INVENTATO.
Antonio Recanatini
Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
www.lavoroesalute.org
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