La Sinistra, analisi di una sconfitta

SIMBOLO ELEZIONI EUROPEE19

Passata. Anche questa tornata elettorale è andata. Ѐ andata male per la Sinistra. Come le precedenti. Anche peggio. Non ci resta che riattualizzare Gramsci con il suo “….Ottimismo della volontà” (Ordine Nuovo -1920). Siamo combattenti resilienti, siamo come l’araba fenice. Risorgiamo dalle nostre ceneri. Non può piovere sempre, infine bandiera rossa la trionferà. Non può che essere così. Ma non sarà solo la rossa bandiera a trionfare che da sola poi non è che un mero simbolo, sarà altro. Saranno le lotte comuni, saranno le giuste connessioni fra politica e sociale. Sarà il riconoscere che abbiamo lo stesso nemico che ci porterà, infine, uniti a ribaltare questo cinico sistema e sarà anche la dignità di essere persone a farla da sovrana. Sarà che nel dna della Sinistra, quella autentica, c’è la ribellione ai soprusi dei potenti sui deboli, c’è la rabbia infinita verso questa cupa onda reazionaria che ha avvolto il Paese. Che ha fatto sì che proprio fra i “nostri”, nella nostra classe di appartenenza, si sedimentasse un rancore fuorviante verso il diverso, verso chi viene emarginato, denigrato, offeso ripudiato, perché povero. Avviene in particolare, nelle periferie delle città e nei piccoli centri urbani. Sta avvenendo persino a Riace con l’avvento della Lega. Riace che, grazie a Mimmo Lucano, era un modello di accoglienza e di umanità

Questi sono ancora i “nostri”? Sì, sono ancora i “nostri” e non sono passati al nemico. Non sono diventati fascisti, casomai sono diventati xenofobi. Perché? Sono persone confuse, smarrite, che non sanno più a quale santo votarsi per sopravvivere. Persone attanagliate dalla paura del futuro e dell’esistenza. Così confuse, inc…te e amareggiate da confondere il nemico da combattere, puntando il mirino della rabbia sul migrante di turno e sui rom, su chi soffre perché si sente emarginato dal tessuto sociale e che, invece di essere sostenuto, viene represso dalle forze dominanti, tramite gli stessi indifesi. Si attua così il malvagio disegno della peggiore forma di potere che una comunità possa avere. Nell’artifizio prestato alla religione è la metafora di Caino e Abele. Sopprimere il fratello per un piatto di lenticchie. C’è urgenza di politiche di Sinistra in questo nostro impoverito Paese, eppure non si riesce a realizzarle.

Quel faro che è la nostra Costituzione che sancisce lo Stato di diritto è da troppo tempo spento, accantonato, dimenticato. Per uscire da questo stallo della democrazia dobbiamo trovare il bandolo della matassa che qualcuno ha in mano impropriamente e strumentalmente. In realtà non è opera di quel qualcuno che ora è al potere, il quale non avrebbe alcun potere se non ci fosse la sudditanza. Si realizza così, grazie ai sudditi, il potere di un uomo che si alimenta appunto della sudditanza ed assume le subdole sembianze del sovrano benefattore che parla alla pancia dei subalterni, raccogliendone le paure e le fragilità, allo scopo di scatenare odi e vendette fra gli invisibili della società e dirigere su questi la causa della sua impotenza a risolvere i problemi che causano la povertà economica. Oggi si è radicato nel popolo dal basso un nuovo senso comune, lanciato dai poteri dominanti sulla collettività come il più virulento dei virus, propedeutico ad alzare i muri, a chiudere i porti, a sbarrare ogni porta, al farsi giustizia da soli come in uno nuovo squallido e inquietante far west.

Importante in questo scenario,in occasione delle elezioni europee, è stato il tentativo di lanciare in Italia una coalizione elettorale del gruppo Gue /Se mirato a contrastare le politiche liberiste e capitaliste vigenti nel Parlamento europeo, che la fanno ormai da padrone sconvolgendo le Costituzioni e l’economia degli Stati membri, finiti in quel tritacarne che è la gabbia dei Trattati. Ma il tentativo è andato fallito. Una sconfitta così drastica e cocente, così umiliante per chi aveva riposto delle speranze, sia pur flebili, no, non era propriamente prevista. L’analisi è di dovere ed è complessa. Abbraccia molteplici aspetti ed è il termometro di quanto le collettività, privatizzandosi, siano lontane dalla “Sinistra”. In campagna elettorale, evidentemente il programma non è stato percepito come credibile. Visti i risultati, sembra proprio che la Sinistra sia out rispetto al nuovo pensiero comune dominante. Un pensiero comune che si va sedimentando sempre più sui più beceri sentimenti quali la xenofobia e il razzismo

C’è voluto almeno un ventennio per avere come risultato questa degenerazione, questa stortura del pensiero sociale in cui è tracollata la democrazia e con essa lo Stato sociale. Ѐ anche vero che un’analisi della sconfitta è utile per accertare le responsabilità della sinistra radicale, ma anche le concause dovute a fattori esterni. Uscita di scena dalle borgate, dalle fabbriche, dalle istituzioni, oscurata dai media mainstream, la Sinistra radicale non è più riuscita ad emergere, anche per responsabilità proprie all’interno delle organizzazioni comuniste, ove si è praticato per troppo tempo un insano frazionismo e un continuo e incessante rimbecco a chi fosse più comunista, più a sinistra del compagno di lotte. Da questo fastidioso rimbeccarsi sorgono di risulta cellule rivoluzionarie ultrà al grido “Facciamo la Rivoluzione. Viva Marx, viva Lenin”. Basterebbe rendersi lucidamente conto che viviamo un’altra storia e che siamo stati fagocitati dalla globalizzazione che ha dato vita ad una nuova società che, non a caso, Baumann ha definito “liquida”, per comprendere che a voler fare la Rivoluzione per ribaltare il sistema sono rimasti in quattro. Per riprendersi la classe e unire le lotte si può e si dovrebbe fare altro.

Ma si insiste, con una farneticante verità assoluta pret à porter, ad impartire cattedraticamente pillole di comunismo e di sapienza marxista, finalizzata a denigrare ora un partito intero, ora una parte dello stesso, ora a volere la testa dei dirigenti, ora a colpevolizzare chi suggerisce la conservazione e i rafforzamento del maggior partito comunista italiano qual è Rifondazione comunista, mentre se ne propone il superamento o lo scioglimento in nome di un’utopica quanto non matura possibilità di unita dei comunisti. Avviene anche che si predichi l’unità delle forze comuniste, mentre ci si divide pretestuosamente dai compagni di partito, con la convinzione di essere gli unici a saper interpretare le teorie del grande Barbuto. Ѐ storia, se le guerre si fanno con le barricate in casa e con modalità out ci si fa autogoal e si perdono tutte le battaglie in atto.

Ma c’è dell’altro in questa analisi della disfatta. C’è la “bestia”, la rete. La rete è il nuovo partito dei partiti. In tutti i canali digitali si è realizzata prende corpo una totale disintermediazione che ha disinnescato la connessione con gli intermediari tradizionali. Associazioni, sindacati e partiti che non riescono più ad assolvere la loro funzione sociale e politica. Si è persa la connessione reale con i rappresentanti della politica, lasciando questa fondamentale funzione al potere della rete. In questa disintermediazione agiscono subdolamente i leader dei partiti governativi, che, avvalendosi di sistemi basati su algoritmi gestiti da agenzie costosissime ed espertissime in promozioni d’immagine, catturano consensi mantenendo una costante campagna elettorale e sempre alto il consenso dei loro elettori. Arrivano così alle elezioni con un bel bottino di percentuali nel consenso popolare. Pertanto un leader non ha più necessità di essere sostenuto dal corrispondente partito. Applica “il fai da te”. Si autopromuove, creando così, grazie alla rete, un vastissimo personale consenso. Tanto che in cabina elettorale accade ai votanti non propriamente politicizzati, di barrare un logo per simpatia verso il leader che è riuscito a catturare consensi grazie alle televisioni, gestite dalle lobby di potere.

Ripetendo sempre gli stessi mantra populisti che rimandano a fittizie sicurezze, lorsignori riescono a convogliare consensi utili a mantenersi il seggio e i lauti compensi a vita. Piovono dai canali televisivi e dai network più frequentati i noti mantra populisti “Prima gli Italiani…Ho 60 milioni di figli… “. In realtà si divide il Paese fra ricchi e poveri, etero e omosessuali, belli e brutti. Con l’autonomia differenziata il paese verrà diviso in regioni povere e ricche. Si diffonde la falsa possibilità di ottenere il reddito di cittadinanza e un lavoro stabile e si affida il Paese addirittura al sacro cuore di Maria, che neanche il papa, in tal caso, invocherebbe. Per questo ed altri motivi, i soliti noti al governo vincono le elezioni acciuffando percentuali da Bingo e non schiodano. Al di là degli astensionisti che sono la maggioranza, tanto da formare un nuovo partito speciale, il voto si dà a chi viene riconosciuto come colui che può tutto, che risolve tutto, essendo già alla cabina di comando. Mentre una coalizione di sinistra radicale, o un solo partito, a prescindere dal logo con cui si presenta che è un falso problema, resta sempre fuori dalla rappresentanza parlamentare, anche perché viene investita dall’idea comune del voto inutile e subentra la capziosa idea del voto utile che si dà a chi ha più visibilità e maggiori possibilità di farcela nella scalata ai seggi parlamentari.

L’analisi è cruda, ma si avvicina di molto alla realtà dei fatti avvenuti anche in questa ultima tornata elettorale. La Sinistra europea, a causa del disastroso risultato dell’1,7 %, riportato dalla lista “La Sinistra” ha perso molti seggi. E ora da dove si ricomincia? Che fare? Nel corso dell’assemblea del 9 giugno al teatro dei Servi a Roma, se ne è parlato ampliamente sul che fare. Una grande volontà di non arrendersi e continuare nell’opera comune di radicare la lista sui territori è stata l’espressione ricorrente nei 44 interventi. Quindi si continua insieme, si abbattono gli steccati ideologici che dividono inutilmente simpatizzanti e militanti di partito, compagni che non hanno partecipato per diverse posizioni e motivi alla campagna elettorale. Si rinforza la lista unendosi, analizzando i motivi delle diversità, parlando, progettando. Non si attende la prossima tornata elettorale. Si scende nelle piazze subito, si va nei mercati a parlare con la gente semplice che spesso non sa come mettere insieme il pranzo con la cena, si sostengono le vertenze dei lavoratori. Si pretende dai sindacati di indire scioperi nazionali che convoglino e coinvolgano milioni di persone nelle piazze di tutto il Paese. Si parla alla gente comune di giustizia sociale, di uguaglianza, di diritti rubati. Si fanno assemblee sui territori aggregando tutti i compagni e le compagne che vorranno esserci. Si deve fare questo perché come l’araba fenice, i comunisti rinascano ancora una volta più forti dalle sconfitte. Perché il nemico è uno ed è comune. Sappiamo chi è, sappiamo che risiede nei palazzi del potere. Il tempo di permanenza dipende da noi. Alla lotta!

Alba Vastano

Giornalista

Collaboratrice redazionale periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

11/6/2019

 

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