La stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione rischia di essere una beffa

pubblico impiego2

Il decreto legislativo attuativo della delega contenuta nell’articolo 17 della legge 124/2015 rischia di essere una autentica beffa ai danni dei precari nella Pubblica amministrazione, ovviamente se verrà approvato con i contenuti emersi dal testo provvisorio. Nutriamo seri e ragionevoli dubbi sul fatto che in Parlamento questo testo venga emendato o meglio riscritto, quindi a ragion veduta possiamo sostenere che non ci sarà alcuna stabilizzazione degna di questo nome, insomma la stragrande maggioranza dei precari sarà esclusa.

Degno di nota è il silenzio da parte sindacale che accompagna questo decreto presentato dai sindacati maggiormente rappresentativi come una loro conquista ai tavoli di trattativa con il Governo.

Per questo motivo urge denunciare non solo le contraddizioni del decreto ma la sua vera natura perché la stabilizzazione dei precari riguarderà solo una minima parte dello sterminato esercito di precari che negli ultimi anni ha mandato avanti la Pubblica amministrazione.

La beffa avverrà con il silenzio assenso dei sindacati rappresentativi che ormai hanno abdicato ad ogni ruolo di tutela effettiva della forza lavoro.

Nessuna anagrafe dei precari è stata realizzata ad oggi dagli enti, ignoto è l’effettivo numero dei precari come poco si sa sulla loro composizione in base ai contratti stipulati negli ultimi anni

La stabilizzazione riguarda nel primo caso solo i precari con contratto a tempo determinato, ma attenzione non esiste alcun obbligo per le singole amministrazioni di procedere in tal senso e questa discrezionalità avrà un effetto negativo sugli enti alle prese con problemi di bilancio o una spesa di personale fuori dai parametri.

Ma attenzione alle condizioni necessarie per la stabilizzazione che poi sono tre, ossia essere in servizio al momento della entrata in vigore della legge nella stessa amministrazione che intenda stabilizzare, avere 3 anni di servizio nella stessa amministrazione almeno negli ultimi 8 anni e infine avere superato un concorso al momento della prima assunzione

Per chi conosce la pubblica amministrazione sa bene che non sempre ci sono state prove concorsuali vere e proprie e ammesso che si siano tenute il fatto di escludere chiunque abbia maturato i 36 mesi ma al momento della entrata in vigore della legge non presti servizio rappresenta una autentica beffa.

La ragione è molto semplice: le amministrazioni al raggiungimento dei 36 mesi hanno interrotto i rapporti di lavoro proprio per non incorrere in cause da parte dei precari senza dimenticare poi che le facoltà assunzionali restano quelle previste da normative che hanno come principio guida il contenimento della spesa di personale

Le stabilizzazioni poi riguarderanno il triennio 2018-2020

Una seconda stabilizzazione dovrebbe riguardare gli altri lavori flessibili, dai lavoratori somministrati ai collaboratori coordinati e continuativi.

Anche in questo caso sono 3 le condizioni dettate dal decreto ossia che i precari siano in servizio presso l’amministrazione che intende stabilizzare; che abbiano maturato 3 anni di servizio negli ultimi 8 e che superino concorsi pubblici, da bandire, nei quali verrà riservata una quota inferiore al 50% dei posti disponibili ai precari stessi

Non stiamo a discutere del fatto che alla Pubblica amministrazione si acceda solo con un concorso, pensiamo piuttosto che questo decreto sia stato costruito ad arte per escludere la stragrande maggioranza dei precari che negli ultimi anni, con contratti “atipici” hanno prestato servizio nella Pa

E attenzione che in entrambi i casi varranno le facoltà assunzionali che potranno essere ritoccate allargando il turn over ma senza porre fine a quei tetti di spesa che rappresentano sempre e comunque un ostacolo insormontabile per il rinnovamento della forza lavoro
.
Lo schema di decreto legislativo consentirebbe alle amministrazioni di travasare i fondi per il lavoro flessibile, cioè il 50% della spesa sostenuta a tale titolo nel 2009, che sale al 100% per gli enti locali “virtuosi” ai sensi dell’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, verso i capitoli di spesa che finanziano il lavoro a tempo indeterminato.

Il decreto poi pare non voglia anche mettere mano alla mobilità volontaria od obbligatoria che ad oggi prima di ogni assunzioni rappresentano una sorta di obbligo per le amministrazioni e se cosi’ fosse saremmo dinanzi ad un ulteriore ostacolo alle stabilizzazioni che in ogni caso rappresenteranno una nuova spesa di personale dentro un meccanismo di regole costruito proprio , ad arte, per scongiurare questa ipotesi e contenere i costi della forza lavoro

Rischia quindi di aprirsi un contenzioso tra la ricollocazione del personale in disponibilità (la legge Del Rio di danni in tal senso ne ha fatti tanti)e la stabilizzazione dei precari

Infine , una volta stabilizzati i pochi precari in possesso dei requisiti e ricordiamolo dentro le facoltà assunzionali che sono ben ridotte, le amministrazioni potranno tornare ad assumere con gli stessi contratti flessibili

Alla luce di queste considerazioni possiamo asserire che

– gran parte dei precari sarà esclusa dalla stabilizzazione
– non si cancelleranno i blocchi pur parziali alle assunzioni
– non si aumenteranno le facoltà assunzionali
– non si porrà fine al precariato nella pubblica amministrazione né tanto meno verranno cancellati i pareggi di bilancio imposti anche agli enti locali e alle aziende sanitarie.
– non andremo verso un pieno turn over delle assunzioni e il numero della forza lavoro continuerà a ridursi nel tempo
– non ci sarà alcuna deroga alla Legge Fornero che ha allungato l’età lavorativa.

Federico Giusti

11/4/2017 www.controlacrisi.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *