La Toscana è sott’acqua, l’Emilia Romagna quasi, ma loro pensano a spendere 30 miliardi in armi.

Mentre scriviamo, la Toscana e l’Emilia-Romagna sono nuovamente piegate da violente inondazioni. Fiumi esondati, strade interrotte, case evacuate: l’ennesima emergenza idrogeologica si abbatte sul nostro Paese, portando con sé la consueta scia di danni e disagi per migliaia di cittadini. Di fronte a queste immagini drammatiche, che si ripetono con preoccupante frequenza, non si può non interrogare con urgenza le priorità del governo in carica e di quella parte dell’opposizione che appoggia il riarmo.

Proprio mentre le comunità locali lottano contro l’acqua e il fango, emerge con forza il famigerato piano europeo di riarmo e di conseguenza il piano governativo che prevede di investire ben 30 miliardi di euro nel riarmo. Una cifra colossale, in linea con le direttive europee promosse dalla Commissione von der Leyen e, purtroppo, con l’avallo di una parte dell’opposizione, in un contesto internazionale segnato dalle tensioni con la Russia, alimentate dal mainstream dei media nostrani. 

La stridente contraddizione tra l’urgenza di mettere in sicurezza un territorio sempre più fragile e la scelta di destinare risorse così ingenti al settore militare è sotto gli occhi di tutti. Come possiamo pensare di affrontare le emergenze idrogeologiche, che ciclicamente devastano le nostre regioni, se contemporaneamente si riducono, ad esempio,  i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destinati proprio alla prevenzione e alla mitigazione del rischio idrogeologico?

Le inondazioni che in queste ore mettono in ginocchio la Toscana e l’Emilia-Romagna non sono un evento isolato, ma la tragica conseguenza di assurde scelte politiche che esaltano la vulnerabilità strutturale del nostro territorio, aggravata dai cambiamenti climatici. Interventi di prevenzione, manutenzione dei corsi d’acqua, messa in sicurezza degli argini, opere profonde di riassetto territoriale, sistemi di allerta precoce: sono queste le azioni che dovrebbero essere in cima all’agenda politica, sostenute da investimenti adeguati e costanti, altro che carri armati, missili e testate nucleari . 

Invece, assistiamo a una scelta assurda e contro i bisogni popolari, di logica del riarmo, in un quadro geopolitico certamente complesso, (ma non esiste alcun pericolo di invasione russa) che non può e non deve oscurare le priorità interne del Paese, che sono ben altre. Quei 30 miliardi di euro, se investiti nella prevenzione, avrebbero potuto fare una differenza significativa nel ridurre l’impatto delle inondazioni attuali e future, proteggendo vite umane, abitazioni e attività economiche, con lungimirante riduzione dei danni.

La riduzione dei fondi del PNRR destinati alla sicurezza del territorio appare, alla luce di quanto sta accadendo in queste ore, una decisione ancora più incomprensibile e dannosa. Le risorse del PNRR rappresentavano un’occasione irripetibile per affrontare in modo strutturale e definitivo la fragilità del nostro territorio. Rinunciarvi, o ridurne l’entità, significa fottersene del proprio popolo, e condannare intere regioni a subire ancora e ancora le conseguenze di eventi naturali sempre più estremi.

Di fronte alle immagini di fango e disperazione provenienti dalla Toscana e dall’Emilia-Romagna, è lecito constatare che le priorità del governo non siano per nulla orientate al benessere e alla sicurezza dei cittadini, e le opposizioni che hanno votato (astenuto) il piano di riarmo europeo, non sono da meno. La scelta di investire massicciamente in armamenti, a discapito della messa in sicurezza del territorio, appare come un segnale preoccupante di una visione politica che sembra ignorare le emergenze più immediate e concrete del nostro Paese. 

Marco Nesci

15/3/2025 https://www.apcinkiesta.i

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