La violenza domestica segreta

Seppure la violenza domestica riguardi moltissime donne, solo una parte marginale dei casi viene denunciata o intercettata da professionisti e servizi specializzati. I medici di famiglia potrebbero avere un importante ruolo di “sentinella” del fenomeno. L’Osservatorio dell’Ordine dei Medici di Pavia.

La violenza domestica (da intendersi in senso lato come violenza nell’ambito di relazioni o ex relazioni nella sfera intima o familiare) non rappresenta soltanto un tema di tutela dei diritti, ma è anche un problema pervasivo di salute pubblica, associandosi peraltro con rilevanti comorbidità (violenza domestica e abuso di sostanze, disabilità fisica e psichica, anziani non autosufficienti, etc.). La letteratura empirica ha inoltre descritto il peggioramento sistematico della violenza domestica durante conflitti, pandemie (inclusa la pandemia Covid-19) e disastri naturali. [1]

In Italia, la violenza domestica è fenomeno rilevante per incidenza e portata, e risulta trasversale sotto il profilo demografico e socioeconomico, con importanti effetti sociali e di salute pubblica. Sul punto basta guardare i dati relativi ad accessi al pronto soccorso e ricoveri di pazienti femmine per violenza, i dati del Ministero degli Interni relativi ai reati-spia della violenza di genere, e le varie indagini ISTAT sul fenomeno.

Il quadro generale è ben sintetizzato da ISTAT, secondo cui, in Italia, il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 13,6% delle donne in Italia (2 milioni 800 mila) l’ha subita da parte del partner o dell’ex partner, il 26,4% delle donne ha subito volenza psicologica o economica da parte del partner attuale e il 46,1% da parte di un ex partner. [2]

Seppure il fenomeno riguardi molte (il 90% delle vittime di violenza domestica è di sesso femminile), solo una parte marginale dei casi viene denunciata o intercettata da professionisti e servizi specializzati: secondo l’Agenzia UE per i diritti fondamentali, solo il 22% delle vittime denuncia e solo il 20% delle vittime cerca un aiuto qualificato. [3] In generale, l’emersione del fenomeno è lasciata alla (faticosa e difficile) iniziativa individuale, e comunque risulta poco supportata dai servizi sul territorio. Infatti, in Italia, se un caso arriva all’attenzione dei centri antiviolenza (CAV), nel 44,3% dei casi vi arriva per iniziativa della vittima stessa o di amici o parenti. Altrimenti, le vittime che arrivano ai CAV sono inviate da forze dell’ordine e sociali (24,9%). I PS e gli ospedali inviano il 4,8% dei casi che giungono ai CAV. Se invece guardiamo agli invii da parte di medici del territorio, osserviamo che solo 0.9 donne su 100 inviate ai CAV sono state indirizzata dal medico di famiglia o dal pediatra. [4] In generale, i casi di violenza domestica tendono a rimanere sommersi esacerbandosi nel tempo con un aggravarsi di conseguenze e rischi per le vittime (secondo il ben noto ciclo della violenza di Walker), questo perché tipicamente le vittime non denunciano e chi ha rapporti di fiducia e confidenziali con le vittime (inclusi i medici o gli insegnanti) non riconosce il problema o, seppur a conoscenza della violenza, non agisce. Secondo un’indagine Eurobarometro del 2016, solo il 12% degli intervistati a conoscenza di casi di violenza domestica si sono rivolti alla polizia; l’EIGE riferisce che il 71,5% delle persone a conoscenza di casi non ha mai denunciato.

In tale contesto ha lavorato il tavolo tecnico dell’Osservatorio violenza dell’Ordine dei Medici di Pavia, guidato da Stefano Cartesegna.  Con un’intensa attività di confronto sia con i medici del territorio che con esperti della Rete Interistituzionale Territoriale Antiviolenza di Pavia di cui è parte, l’Osservatorio ha sviluppato le Procedure per la medicina territoriale in caso di violenza domestica, adottate dall’Ordine dei Medici di Pavia a fine 2023. [5]

 L’Osservatorio, in linea anche con quanto dettato dalla Convenzione di Istambul, è partito dal riconoscere che i presidi volti a intercettare i casi di violenza domestica devono essere diffusi, accessibili e capillari. In questo senso, la medicina territoriale sembra intrinsecamente idonea ad essere un punto di riferimento per le vittime, anche grazie al rapporto medico-assistito che è spesso di lunga durata ed è certamente di fiducia e confidenziale. Nondimeno, finora il ruolo dei medici di base è stato marginale. Attraverso il confronto con i medici del territorio, l’Osservatorio ha cercato di comprendere come mai solo raramente i medici di base inviano ai CAV e si fanno tramite tra vittima e rete, e perché, pure in presenza di specifici obblighi di legge, assai raramente segnalano i casi alle procure.   L’Osservatorio ha quindi riscontrato molteplici cause: l’esigua (e solo recente) offerta di formazione specifica sul tema, il frequente senso di impotenza e isolamento di fronte a casi accertati o sospetti di violenza, le difficoltà (soprattutto organizzative e di comunicazione) che i medici riscontrano a livello ambulatoriale nel farsi carico in modo adeguato delle vittime. Risulta complesso decidere cosa fare, refertare accuratamente, mettere in contatto col CAV, segnalare o denunciare quando necessario. Su quest’ultimo punto, l’Osservatorio ha riscontrato la necessità di richiamare l’attenzione degli operatori sugli obblighi di referto e denuncia in capo ai medici che, nell’ambito della propria pratica clinico-assistenziale, si trovassero a sospettare o accertare casi di violenza domestica riconducibili a reati procedibili d’ufficio (artt. 361, 362 e 365 Codice penale). Osservare diligentemente gli obblighi di referto/denuncia può infatti incidere significativamente sulla possibilità di intercettare più o meno precocemente i casi di violenza domestica, contribuendo così alla prevenzione secondaria e a evitare l’acuirsi ulteriore delle dinamiche violente. Gli obblighi di invio del referto o di denuncia alla procura non dovrebbero essere vissuti come troppo onerosi dal medico a cui non si chiede una precisa e tecnica valutazione giuridica dei casi, né la definizione di una strategia di gestione del caso che vada oltre ai normali compiti di cura propri della medicina.

L’Osservatorio ha quindi predisposto e diffuso presso i medici di base e i pediatri di libera scelta della provincia due brevi moduli di facile compilazione, accompagnati da una serie di indicazioni e spiegazioni volte a favorire una corretta gestione di eventuali casi di violenza domestica, incluso l’assolvimento degli eventuali obblighi di referto e denuncia. In parallelo, il gruppo di lavoro ha promosso una serie di attività formative sul tema del riconoscimento e della presa in carico delle vittime di violenza domestica. I moduli e le indicazioni di accompagnamento sono volti a promuovere un ruolo attivo ed efficace da parte dei medici del territorio nell’intercettare i casi di violenza. Si chiarisce quando l’obbligo di referto e l’obbligo di denuncia vengano a determinarsi (quando le condotte lesive accertate o sospettate siano reati procedibili d’ufficio) e che non spetta al medico determinare la natura giuridica del caso, ma alla Procura che riceverà il referto o la denuncia. Inoltre. il vademecum suggerisce come porse nei confronti dell’assistito e sottolinea l’importanza del “mettersi in rete” con le altre istituzioni, soprattutto allo scopo di evitare senso di isolamento e dubbi nella gestione dei casi.

Il primo modulo è utile nel caso in cui il medico accerti su un proprio assistito sintomi e/o lesioni che presumibilmente, sulla base di anamnesi ed esame obiettivo, siano riconducibili a violenza domestica. Il modulo viene quindi a rappresentare una sorta di guida alla compilazione del referto con tutte le informazioni utili non solo sotto il profilo anamnestico e clinico, ma anche circa la presa in carico della vittima e gli eventuali contatti con i CAV (ad esempio in specifiche situazioni, si suggerisce al medico di chiamare insieme alla vittima il CAV o il numero di emergenza 1522), i pronto soccorso e le forze dell’ordine, ove necessario. Inoltre, il modulo guida il medico all’eventuale invio del modulo-referto alla Procura della Repubblica, e consente di raccogliere ulteriori informazioni utili anche sotto il profilo legale (minore età, stato di gravidanza e disabilità, coinvolgimento di eventuali figli minori, che sono aggravanti dei reati o li qualificano come procedibili d’ufficio).

Il secondo modulo aiuta il medico nel caso di violenza riferita. Esso, infatti, consente al medico di assolvere all’obbligo di denuncia che sorge in capo al professionista laddove, nell’ambito della propria attività clinico-ambulatoriale, abbia notizia di episodi di violenza domestica subiti da un proprio assistito o addirittura da un soggetto terzo, ma comunque riferiti dall’assistito al medico. Si pensi ai casi non infrequenti di genitori o nonni che riportano al proprio medico casi eclatanti di violenza sulla figlia o sui nipoti da parte del partner o casi analoghi. I moduli (la cui struttura è stata discussa anche con giuristi e rappresentanti della procura) sono stati strutturati in modo da essere semplici e di facile utilizzo in ambito ambulatoriale e anche da parte dei medici di continuità assistenziale. In tutti i casi, le comunicazioni alla procura non pongono problemi di privacy e non necessitano di alcun consenso da parte della vittima.

Dall’adozione delle procedure, avvenuta a fine 2023, ad oggi, l’Osservatorio ha verificato un significativo aumento del numero di segnalazioni sia ai CAV che alla procura da parte di medici del territorio pavese.

L’auspicio, attraverso sia ad una diffusa adozione dei moduli e delle procedure sia alla formazione, è quello di rendere più semplice ed efficace il lavoro dei medici di base nel riconoscere e intercettare i casi di violenza domestica, rendendo così fattuale il potenziale incredibile della medicina territoriale come presidio antiviolenza.

Margherita Saraceno, Università degli Studi di Pavia, Dip. Giurisprudenza.

Bibliografia

  1. WHO (2013) Global and regional estimates of violence against women. Prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence. WHO, Department of Reproductive Health and Research, London School of Hygiene and Tropical Medicine, South African Medical Research Council. ISBN: 978 92 4 156462 5.
  2. ISTAT (2024) Il numero delle vittime e le forme della violenza. https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/il-numero-delle-vittime-e-le-forme-di-violenza/
  3. EU Agency for Fundamental Rights (2021) Crime, Safety and Victims’ Rights Survey. https://fra.europa.eu/en/publication/2021/fundamental-rights-survey-crime.
  4. ISTAT (2023) Il sistema della protezione per le donne vittime di violenza. https://www.istat.it/it/files//2023/08/2023-03-08-statreportprotezione-Istat-Dpo.pdf
  5. Cartesegna S., Saraceno, M. (Curatori) (2024) Medicina territoriale e violenza domestica. Il Pensiero Scientifico Editore.

Margherita Saraceno

7/10/2024 https://www.saluteinternazionale.info/

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