La violenza sulle Donne non va in vacanza

Nonostante il caldo, nonostante la crisi climatica e le sue devastanti manifestazioni, la violenza maschile contro le donne rimane un dato costante nel nostro paese. 


La cronaca dei femminicidi è oramai tale che rischia di assuefare la società ad un fenomeno che potrebbe
essere percepito come ineluttabile. 
Malgrado tutti dichiarino di voler contrastare in ogni modo la violenza maschile sulle donne, essa non si
ferma, ma anzi, continua a presentare invariate le costanti nella sua fenomenologia. E basterebbe allargare
il campo di lettura e non soffermarsi a dichiarazioni limitate al singolo femminicidio, per potersi rendere
conto di una situazione non governata adeguatamente nonostante le leggi esistenti.

Prendendo ad esempio solo le ultime due settimane, 
– il 21 luglio Mariella Marino è stata uccisa dall’ex marito Maurizio Impellizzieri; l’uomo era già stato
denunciato e aveva ottenuto uno sconto di pena grazie all’obbligo di frequentazione di un percorso presso il CUAV (almeno il quarto femminicidio ad opera di un uomo che ha svolto un percorso presso il CUAV)
– il 24 luglio Vera Maria Icardi, è stata uccisa dal marito Claudio Coli Cantone che poi si è tolto la vita;
– il 28 luglio Angela Gioiello è stata uccisa dal marito Antonio Di Razza che poi si è tolto la vita, perché voleva lasciarlo a causa delle violenze subite;
– il 28 luglio Mara Fait è stata uccisa a colpi di accetta a Rovereto dal vicino di casa Ilir Zyba Shehi. Alla donna, che pure aveva più volte denunciato l’uomo per stalking, era stata negata l’applicazione del Codice rosso relegando le minacce a “liti condominiali”;
– il 29 luglio Sofia Castelli è stata uccisa dall’ex fidanzato Zaquaria Atqaoui che non accettava di essere stato lasciato;
– il 2 agosto, una donna a Reggio Calabria è stata quasi uccisa dall’ex marito che l’ha accoltellata sei volte perché non accettava la decisione di lei di separarsi da lui. 

La lettura in successione dei soli ultimi casi di femminicidio, per quanto in un ristretto lasso temporale, è già sufficiente a far emergere una serie di circostanze allarmanti che necessitano di riflessione. 
Anzitutto, come abbiamo più volte denunciato, per quanto riguarda i CUAV, l’utilizzo giuridico che si fa di questo strumento e la mancanza di monitoraggio dell’applicazione dello stesso con verifiche e metodologie chiare e condivise rischia seriamente di rendere questi servizi per gli autori di violenza un mero escamotage per accorciare ulteriormente i tempi della pena, indebolendo sia il valore del percorso di recupero, sia anche la stessa percezione di gravità dell’azione violenta e senza valutazione del rischio di recidiva come già denunciato dalle associazioni delle donne e dai centri antiviolenza all’Atto dell’intesa Stato regioni nel settembre 2022.


Oltre a ciò, emerge ancora lampante quanto sia necessaria una formazione rigorosa e verificata sullaviolenza maschile sulle donne per tutte le figure istituzionali e professionali che orbitano attorno al fenomeno.

La Convenzione di Istanbul ricorda che alla base della violenza maschile sulle donne vi è l’asimmetria di potere, che produce una misoginia che viene costantemente legittimata dalla società. Ed è proprio su questo aspetto che è necessario quanto fondamentale che vi siano maggiori e più incisivi interventi normativi, che puntino al cambiamento culturale in ogni livello scolastico, di finanziamento e di verifica.


Come infatti è noto, il susseguirsi di femminicidi degli ultimi due mesi è stato inframmezzato da clamorose manifestazioni del sessismo interiorizzato dalla società, quali le due sentenze della quinta sezione del Tribunale di Roma (sezione che, per la specifica specializzazione, dovrebbe essere un punto di riferimento nazionale per la risposta giudiziaria alla violenza contro le donne) di cui una assolutoria per il bidello che palpeggia la studentessa minorenne in quanto «il fatto è durato meno di 10 secondi» e per il direttore di un museo che importunava una dipendente, adducendo nemmeno tanto velatamente a “complessi psicologici” della denunciante.


Si pensi poi alle dichiarazioni dei dirigenti sportivi o giornalisti alle olimpiadi, senza dimenticare le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa che, con buona pace del ruolo istituzionale che ricopre, ha pensato bene di difendere aprioristicamente il figlio denunciato per stupro minando la credibilità della denunciante. 
Di fronte a tali fenomeni di regressione culturale e sociale e di fronte ad un dato, quello del femminicidio, che si mantiene strutturalmente costante, non possiamo che esprimere la nostra forte preoccupazione e richiedere con forza la necessità che le istituzioni intervengano con misure di tipo soprattutto preventivo, oltre che punitivo in modo adeguato ed efficace a contrastare reiterazioni.

6/8/2023 http://www.udinazionale.org

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