“L’accordo sugli ammortizzatori sociali apre scenari preoccupanti”

confindustriatriplice

Dopo mesi di pseudo trattativa al massimo ribasso si iniziano a intravere i “risultati”. Le finalità sono il governo dei processi di transizione per la tenuta occupazionale e la ripresa dell’economia stando a quanto dichiarato da cgil cisl uil (qui)

Dopo la firma dell’intesa contrattuale sulla igiene ambientale (aumento dell’orario di lavoro di due ore a settimane, aumenti irrisori e disponibilità alla ulteriore contrazione del diritto di sciopero), dopo la disponibilità offerta dai sindacati al Governo per proseguire sulla strada intrapresa con il testo unico sulla rappresentanza (minore democrazia e agibilità sindacale) , arrivano ulteriori e preoccupanti scenari sugli ammortizzatori sociali con questo accordo partorito nei mesi estivi che ha dato vita ad una proposta congiunta sindacati Confindustria.

In questo modo si prende atto della mancata crescita economica, degli effetti reali del jobs act (diminuiti i finanziamenti calano vistosamente anche i nuovi contratti a tutele crescenti

Confindustria ha bisogno di tempo e di strumenti per fronteggiare la crisi delle proprie aziende, i sindacati sono sommersi da richieste di ammortizzatori sociali con decine di aziende che stanno chiudendo i battenti o delocalizzano la produzione.

Il compromesso sociale tra padroni e sindacati cerca una intesa con il Governo e augurandosi che l’Ue accordi maggiore flessibilità sul debito in rapporto al pil, provano a indirizzare parte dei fondi verso strumenti parziali che vanno a correggere le varie controriforme sugli ammortizzatori sociali. La merce di scambio è , se qualcuno non lo avesse ancora compreso, la moderazione salariale, lo svuotamento dei contratti nazionali, accordi contrattuali al ribasso e il potenziamento di enti bilaterali, previdenza e sanità privata

Le aziende italiane sono costrette a fare, almeno in parte, un salto di qualità, diventare piu’ moderne e competitive sui mercati europei e mondiali, necessitano di aiuti statali con una parziale revisione degli ammortizzatori sociali, sempre ammesso che riescano a percorrere questa insidiosa strada.

Dal canto suo, il Governo deve mantenere fede ad un impegno assunto con la Troika, quello di utilizzare i cassa integrati per qualche lavoro a costo zero, a percorsi formativi decisi dalle aziende al termine dei quali (a pagare siamo sempre noi) guadagnare manodopera formata e a basso costo (a questo scopo concorrono tanto le tutele crescenti del jobs quanto i contratti nazionali al ribasso)

La riforma degli ammortizzatori va inquadrata in un contesto nuovo che va dalla riforma del welfare a quella della contrattazione, alla ricerca di un modello di relazioni sindacali all’insegna della collaborazione e non del conflitto

Valorizzare la contrattazione non significa per Confindustria rafforzare le materie oggetto di contrattazione e il potere decisionale dei lavoratori e del sindacato, significa piuttosto condividere alcuni processi che vanno dal progressivo smantellamento degli accordi di primo livello ad una dinamica salariale al ribasso con aumenti non in busta paga ma travestiti da previdenza e sanità integrativa

Gli ammortizzatori sociali sono inadeguati, durano poco tempo e interessano una platea ridotta, cosi’ come sono non servono neppure alle aziende, questa è la verità che si cela dietro a una ripresa economica inesistente e all’aumento della richiesta di cassa integrazione.

Quale potrà essere allora la riforma degli ammortizzatori che metterà d’accordo cgil cisl uil e Confindustria?

Basta leggere la proposta per farsene una idea

Intanto si cercano ammortizzatori con una durata pur sempre limitata nel tempo ma con maggiore flessibilità rispetto alle regole attuali, si pensa anche alla Cigs in aziende alle prese con esuberi. Il sindacato si trasformerà in una sorta di agenzia di ricollocamento?
Non sarebbe la prima volta, basti pensare all’interinale e ad alcune agenzie assai vicine ai sindacati cgil cisl uil

Sicuramente il rapporto tra politiche attive e passive del lavoro subirà cambiamenti radicali, ormai nell’opinione pubblica si è fatta strada che l’idea che i cassaintegrati debbano svolgere lavori di utilità magari per risparmiare sui costi a carico degli enti locali.
Peccato che questi lavoratori vorrrebbero vivere del loro lavoro senza doversi sottoporre a continui ricatti per mantenere un ammortizzatore sociale
Durante il periodo di cassa integrazione straordinaria saranno utilizzati i lavoratori dentro percorsi di ricollocazione, il cosiddetto «piano operativo di ricollocazione» con una sorta di offerta conciliativa un po’ comre prevedono le tutele crescenti del jobs act

Evitare insomma il conflitto, anticipare i percorsi di formazione e riqualificazione del lavoratore in cassa per procedere a una rapida sua ricollocazione, accaparrarsi un nuovo business, quello della formazione, studiare soluzioni alternative alla indennità di mobilità soppressa

Non sbagliamo a ipotizzare aiuti statali non alla ricerca e alla innovazione, non alla ripresa effettiva dell’economia con lavori di pubblica utilità retribuiti, si va prefigurando un modello di gestione degli ammortizzatori sociali condiviso dalle parti sociali e funzionale solo agli interessi di Confindustria, tra fondi interprofessionali, enti bilaterali e percorsi formativi obbligatori che accompagneranno gli ammortizzatori sociali mettendo i lavoratori in crisi nella condizione di accettare qualsivoglia genere di lavoro, o presunto tale.

Ci aspettiamo anche percorsi finalizzati a un accordo economico preventivo con i lavoratori da mettere a casa, una sorta di incentivo per sfoltire gli organici, ovviamente con la mediazione indispensabile del sindacato e la benevolenza del Governo che sarà chiamato a fare la sua piccola parte.

In questo scenario non poteva mancare il ricorso a qualche termine inglese, per esempio l’outplacement, un percorso guidato di ricollocazione di lavoratori\trici cogestito da tutte le parti sociali previa formazione.

Ma questi lavoratori in esubero dove saranno concretamente ricollocati? Basta una formazione quando il mercato del lavoro è asfittico?

La soppressione delle Province e delle politiche attive di indirizzo e formazione in materia di lavoro a cosa è servito? A trasferire ai soggetti privati queste competenze, anzi a enti e percorsi cogestiti da padroni e sindacati, tutti insieme appassionatamente schierati a favore delle privatizzazioni
Attenzione che nella proposta sindacati e confindustria non sono previsti oneri aggiuntivi per le imprese (quando mai…) ma solo la possibilità di rivedere gli ammortizzatori sociali aumentandone la durata e la platea con piani di rinserimento coatti definiti piani operativi di ricollocazione

La speranza sindacale, di cgil cisl uil, è quella di allungare un poco il brodo degli ammortizzatori ma lasciando campo libero a una gestione dei lavoratori da parte di enti bilaterali, fondi previdenziali dentro i quali siedono con le parti datoriali; quanto poi al contributo di mobilità (lo 0,30%), cesserà definitivamente dal 2017 ma invece di rivedere questa insana decisione del Governo si pensa di coinvolgere i fondi interprofessionali (che tanto si pagano in parte i lavoratori con i mancati aumenti contrattuali o con l’assenza di un reddito minimo), per raggiungere quel contributo da destinare alla formazione o all’integrazione dell’assegno di ricollocazione o della Naspi

Insomma non esiste alcuna volontà di rivedere le politiche passive del lavoro ma di renderle solo funzionali ai processi di ristrutturazione capitalista con il sindacato che archivia definitivamente ogni interesse di classe(smarrito da lustri) per assumere il comodo ruolo di cogestore delle politiche sociali.

Federico Giusti

3/9/2016 www.controlacrisi.org

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