L’addio dopo l’ultimo l’addio delle relazioni pericolose

cuorechiodo

Nel numero scorso ho descritto l’amore maturo e degli addii consumati come falsi d’autore. Quel che vale per l’amore maturo, non vale per le relazioni pericolose, violente e tenebrose, tenute in piedi con la sopraffazione, l’odio.

Una coppia giovane trascinava un rapporto pesante  da anni, tra folli litigi, violenze fisiche e verbali,  pause e persecuzioni continue.

Poco tempo fa, i due  è visti per l’ultimo addio, dopo l’addio. Lei torna a casa di lui. Vuole indietro  i vestiti lasciati dal giorno dell’addio. La ragazza sapeva cosa sarebbe successo? Forse immaginava una semplice ultima litigata, forse credeva che lui fosse cambiato in  qualcosa, forse lo amava ancora.  A lei, comunque,  interessava riavere i vestiti, i trucchi, le collane, i libri, i cd e, perfino, la televisione piccola, comprata per vederla a parte, distante da lui. Suona il campanello e sale.

All’ingresso ritrova quell’atmosfera distorta che l’aveva coinvolta e annientata fino a poco tempo fa,  astio, rancore, ruggine non curata, nervi infetti.

Il resto è cronaca locale, bizzarra e infame quanto gli stessi racconti, mal visti, mal girati e insufficientemente dibattuti, trattati.
La ragazza non è scesa più.

Ora piangono tutti intorno al cadavere di lei e tutti pretendono l’arresto immediato di lui. Anche il risultato diventa cronaca: una morte sicura e un ragazzo finito, perché sarà dura per lui, ma molto dura. L’aspettano anni dove la parola dolore sarà un beneficio. Diventerà l’agnellino al servizio dei deviati.
L’ultimo addio è il colpevole di tante tragedie, la maggioranza delle tragedie.

L’uomo assassino e la donna uccisa sono figure che spiccano in prima pagina, nella cronaca nera.
Troppo spesso l’ultimo addio, dopo l’addio si rivela  un’irresistibile trappola, di notte o di giorno, poco importa; pubblico o privato che sia, nasconde l’insidia più infame di una storia già finita.
Un articolo non può cambiare quel che sembra convenzione, infatti, in qualche modo, la pericolosità dell’ultimo addio viene sottovalutata, anzi spesso si esprime come culmine di una carriera, più che di una relazione.
Tutte le coppie vivono momenti di difficoltà. Alcune di esse, però, si trascinano giorno dopo giorno, attimo per attimo, nella lugubre danza tra ipocrisia, malcostume e violenza, la bastarda violenza domestica, fisica e psicologia, fisica o psicologica.

I panni sporchi si lavano in famiglia, si dice in giro. Permettetemi di aggiungere: fino a quando non ci scappa il morto.
Attenzione ragazze! Quando siete uscite dal tunnel tenebroso di una storia incongruente, violenta, diffamante, pericolosa, non tornate suoi vostri passi. Tornare indietro, sia pure per un secondo, potrebbe valere la fine di ogni sogno. Prendere precauzioni è fondamentale, non per convenzione, né per convenienza, ma per puro istinto di sopravvivenza.
Il vincolo è proprio nell’istinto di sopravvivenza, perché spingersi oltre il rischio, specie in questo caso, non significa solo rischiare, ma proseguire incuranti delle conseguenze.

L’addio dopo l’ultimo addio, l’ultimo ritorno per firmare l’accordo prevede il supporto di altre persone, specie dei PADRI e mai in luoghi isolati, mai in casa dell’altro.  Su questa linea vanno accumunati tutti i rapporti, compreso quelli tra amici nemici violenti divenuti nemici, tra figli e padri violenti, come in ogni rapporto dove la violenza è un modus operandi.  La psicologia moderna tende a sottovalutare il fenomeno, non per incoscienza, ma perché sarebbe troppo complicato presupporre la possibilità come pericolo.

L’addio dopo l’addio, il secondo ultimo, il perfezionamento di un addio in un rapporto vissuto oltre la decenza,  porterà sempre al culmine imprevisto.

Quando si esce dal buio, meglio non tornare, ma se proprio si deve, meglio accompagnati da chi mantiene il cero.

Antonio Recanatini

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L’Italia di mezzo

Nelle vie di mezzo mento,

non so scinderti dall’amore incondizionato e perenne,

mi sfalda l’eccezione a volte mi rattrista,

sempre più m’impoverisce. Io non partirò, rischierò la fame

Io non partirò, risposerò male

Io non partirò, seppur so già di perdere la sfida.

Ti disprezzo e ti riacquisto

ti sogno serena, ti sogno felice

e se affondassi, io con te vorrei affondare.

Nelle vie di mezzo perdo,

non so scinderti dall’amore incondizionato e perenne,

l’aria tiepida porta il sollievo per mano

e la penuria nel destino.

Io non partirò, sprofonderò prima

Io non partirò, piangerò davanti al cadavere

Io non partirò, proverò a rialzarmi ancora.

Rimarrà l’enigma, rimarrà la fetta d’odio,

ma io non so resisterti se ti spogli,

se la primavera illumina le sorgenti e

la tua bellezza s’innalza sopra ogni ostilità.

Ti accarezzo e ti scalcio,

ti dimentico nella ragione, nel logico

e ti ricordo dentro l’anima regina,

dentro il fantomatico raggiro e

nella gloriosa serra ti lascerò un posto.

Io non partirò, mia terra lugubre e sciatta,

infedele ancora, alla faccia dell’età tarda.

Nelle vie di mezzo si perde il senso,

io non partirò, mi mancheresti più di adesso.

Antonio Recanatini

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