L’allarme di 900 psicologi e psichiatri sul periodo Covid-19 e sulla sua gestione
“Questo è un documento di allarme sul periodo Covid-19 e sulla sua gestione. Il presente Comunicato offre infatti la visione professionale di 900 psicologi e psichiatri italiani relativa ai fattori che hanno determinato forti scosse sul versante psicologico e comportamentale a carico della popolazione; è finalizzato a non ripetere gli stessi errori e, soprattutto, a sollecitare una ripresa realmente rispettosa ed attenta alle esigenze esplicite ed implicite delle persone.
Il presente documento era stato scritto a Maggio 2020 e inviato il 23 Giugno dello stesso anno al Governo Conte (Presidenza del Consiglio, Ministro dell’Istruzione, Ministro della Salute, Presidenza della Camera dei Deputati e Presidenza del Senato).
Dopo circa un anno, il nostro documento si è rivelato un’attenta e lucida previsione di quanto avevamo messo in luce, come evidenziato dai fatti e dall’abbondante letteratura scientifica pubblicata successivamente in merito alle questioni anticipate. Per tale ragione reputiamo opportuno, ancorché necessario, riproporlo all’attenzione dell’attuale Governo Draghi.
Il Comunicato è rivolto:
- alle autorità, con l’obiettivo di offrire sia una delucidazione sulle dinamiche emerse durante questo periodo, sia delle proposte attuabili a breve termine;
- a tutta la popolazione, affinché sia possibile tutti insieme affrontare le criticità, compiere delle scelte e far sentire la propria voce, nel pieno rispetto dei diritti Costituzionali.
Il Comunicato
Introduzione
Il presente Comunicato è frutto di osservazioni, dibattiti, esperienze e studi di psicologi, psicoterapeuti e medici psichiatri preoccupati delle conseguenze negative di alcune misure adottate per affrontare e contrastare la diffusione del COVID-19, che rischiano di non limitarsi al solo periodo attuale.
Il nostro fine, coerente con il nostro lavoro e le nostre ricerche, è quello di promuovere, tutelare e proteggere il benessere psico-fisico individuale e sociale.” […]
N.B.: i puntitoccati sono 3: i danni psicologici conseguenti al lockdown e alla sua gestione; i pericoli di una comunicazione contraddittoria e fondata sulla paura ela preoccupazione sulle conseguenze di una ripresa non sistemicamente ragionata. Per esigenze di sintesi però, la redazione milanese di Pressenza ha deciso di pubblicare, oltre all’introduzione, solo una sintesi della parte conclusiva, relativa alle proposte e alle richieste. Informiamo i nostri lettori che potranno visionare la versione completa del Comunicato dei 900 professionisti della salute mentale al seguente indirizzo: https://comunicatopsi.org/
Proposte e richieste
1. Ripristinare una comunicazione realmente democratica e pluralistica, libera e di confronto.
Il disagio psichico indotto dal radicale sovvertimento degli stili di vita delle persone è variegato ed assume contorni psicopatologici diversi, ma sempre accomunati da drammaticità di esordio e gravità clinica.
Il primum movens di tutte le situazioni psicopatologiche manifestatesi è rappresentato dal binomio perdita di speranza/paura: se la comunicazione reitera incessantemente e monocraticamente contenuti terrorizzanti, stigmatizzando punti di non ritorno reali o fantasmatici, in automatico si ingenerano tali vissuti che fungono da trigger per evoluzioni patologiche e psicosociali gravissime.
Il ripristino di una comunicazione realmente pluralistica, dove le voci fuori da quello che appare un coro autorizzato […], darebbero la possibilità di poter confrontare differenti ipotesi di realtà, differenti visioni future e differenti sviluppi di vita possibili per fronteggiare scenari profetizzati come apocalittici ed inevitabili.
Allo stato attuale l’espressione di un’opinione non accettata dal mainstream non appare praticabile senza ritorsioni, minacce o pubbliche gogne mediatiche: una voce dissonante viene inevitabilmente bollata come fake news o complottismo, immediatamente aggredita e processata non attraverso seri e più che leciti dibattiti ma con ostracismo radicale a priori dal sistema mediatico, negando ogni forma di dubbio o di pensiero alternativo, a costo della menzogna o della delegittimazione personale. Si tratta propriamente di una devianza comunicativa che sta raggiungendo livelli estremamente pericolosi.
In un sistema democratico e garantito da una Costituzione tra le più belle del mondo, nessuno dovrebbe imporre come e dove attingere le informazioni, trattando di fatto il destinatario come un infante ingenuo e non in grado di intendere e di discernere. La risultante è un’informazione monocolore, che spinge sui pedali dell’uniformità di pensiero attraverso la paura, defraudando di fatto la ricchezza e l’evoluzione della cultura, e atrofizzando la libera ricerca ed espressione di sé.
Rivendichiamo pertanto il diritto di ogni cittadino a poter ascoltare le differenti opinioni in gioco per poterle approfondire, se lo reputa opportuno, nei modi e dalle fonti che reputa più affidabili, per trarre le sue ragionate conclusioni. Rivendichiamo inoltre il suo legittimo diritto a diffondere le sue opinioni con serenità.
2. Promuovere una cultura della salute
[…] Ormai è noto in qualsiasi ambito scientifico del settore che condurre uno stile di vita più sano irrobustisce e forgia il sistema immunitario. Mangiare sano, fare movimento, conoscere e gestire lo stress, non fumare né assumere sostanze tossiche, dovrebbe rappresentare un impegno per ognuno di noi, ed i mezzi di comunicazione dovrebbero trasmettere informazioni a tal riguardo senza posa. Appare dunque desolante e dal preoccupante sapore retrogrado osservare il faro dell’attenzione pubblica quasi esclusivamente orientato verso la patogenesi piuttosto che sulla salutogenesi.
L’importanza di uno stile di vita sano che tocchi in modo sistemico i fattori che rendono resiliente l’organismo e rinforzano il sistema immunitario dovrebbe diventare parte di una società pronta ad affrontare le sfide complesse sotto ogni punto di vista, in primis quello della salute. Una comunicazione mediatica in tal senso risolverebbe al contempo diverse criticità:
- solleciterebbe le persone a riappropriarsi della responsabilità sulla propria salute, piuttosto che sentirla sotto minaccia dei comportamenti altrui;
- aumenterebbe il senso di fiducia e speranza nelle proprie possibilità, piuttosto che delegare ad altri ogni scelta vitale;
- diminuirebbe il timore e la vulnerabilità rispetto agli eventi patogeni, riducendo di fatto le conseguenze dell’effetto nocebo;
- restituirebbe la dignità all’essere umano fornendo indicazioni di rilievo per il suo benessere;
- alleggerirebbe il sistema sanitario nazionale ed i professionisti della cura, oltre a migliorare il clima di rispetto e fiducia tra i cittadini e gli enti medesimi.
3. Evitare l’innesco e la crescita di ulteriori forme di discriminazione
La comunicazione mediatica sul COVID-19 ha alimentato paure esagerate ed irrazionali. Sono state discriminate o attaccate persone senza mascherina che passeggiavano per strade deserte, operatori sanitari, piccoli imprenditori e autonomi disperati che manifestavano pacificamente rispettando le distanze.
Nuovamente, occorrerebbe scoraggiare tali condotte sollecitando la cooperazione costruttiva e diffondendo buone pratiche, case histories ed esempi concreti dove in primo luogo possa emergere il valore della libertà personale e non lesiva, l’aiuto reciproco e la sinergia tra i governanti e la popolazione.
4. Riconoscere pubblicamente gli errori commessi
Fermo restando che nessun vertice politico e medico fosse pronto per un’emergenza del genere, sono stati fatti degli errori. Questo ha generato sfiducia e sconforto a livello di sentiment popolare. L’autorevolezza tuttavia non si ottiene non sbagliando mai, ma ammettendo e facendo ammenda sui propri errori, per ripartire in maniera più consapevole e ragionata. […]
5. Stimolare il confronto tra studiosi e specialisti ufficiali e studiosi e specialisti indipendenti
Ciò che maggiormente è saltato all’occhio è l’enorme divario tra le comunicazioni ufficiali ed unidirezionali enfatizzate nel mainstream, e quella di altri professionisti nelle medesime aree provenienti da fonti indipendenti. Il ruolo dei social network, quando non ha spregevolmente alterato o oscurato taluni contributi, ha ben messo in luce tali discrepanze, fomentando acredine e – nuovamente – sfiducia e paura.
Una visione con maggiore coscienza di realtà la si osserva quando questa tende ad unire e non a dividere, o comunque ad incentivare il dialogo costruttivo di tutte le voci del coro. Questa è forse una delle più grandi sfide alla quale tutti siamo chiamati.
6. Ripristino dei diritti civili
Il diritto civile non riguarda solo la giurisdizione, ma rappresenta a tutti gli effetti un prerequisito indissolubile per il mantenimento dell’equilibrio psichico e comportamentale. Durante il lockdown si sono paventati diversi obblighi ed imposizioni:
- quello che mette a rischio la libertà di scelta delle cure e delle soluzioni mediche (primariamente vaccinali) come condizione/minaccia per un ripristino della normalità;
- quello di tecnologie potenziate come soluzione alternativa alle solite interazioni sociali;
- quello dell’adozione di presidi sanitari per tutti che, oltre a non essere di chiara efficacia per evitare il contagio del virus, di certo non sono privi di rischi sul piano psicologico;
- quello dell’isolamento, del controllo (attraverso forze di polizia o strumenti tecnologici) e dell’uniformità di pensiero come già delineati sopra.
Rivendichiamo la necessità di riportare al centro l’idea del cittadino come essere vivente con qualità e necessità fisiche, psichiche e spirituali, innalzandolo dal livello di mero consumatore in cui è decaduto. Rivendichiamo inoltre il suo diritto alla libertà di pensiero, di espressione e di scelta di cura.
Tali libertà sono garantite dalle fondamenta della Costituzione, e non sono solo diritti inalienabili dei cittadini ma rappresentano il necessario terreno per il mantenimento di una salute psico-fisica individuale e sociale. […]
1/6/2021 https://www.pressenza.com
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