L’arruolamento in Marina: sulla retorica del reclutamento per difendere la Patria
Siamo entrati in incognito nel pullman della Marina Militare nel bel mezzo della piazza principale di Todi nel cuore verde (…e non certo blu!) d’Italia, dedicato all’orientamento verso una carriera lavorativa con le stellette. Di questa presenza inquietante nel pieno centro di una tranquilla città d’arte come Todi dove si respira tranquillità e benessere anche ‘’estetico’’ ne abbiamo già dato notizia in un precedente articolo, ma siamo poi andati a fondo nella questione.
Abbiamo voluto toccare con mano le modalità di “coinvolgimento/convincimento” che potremmo definire, per le ragioni che verranno qui illustrate, a tutti gli effetti, alla stregua di un proselitismo de3 nostr3 ragazz3 alquanto scorrette sul piano deontologico, ai limiti del truffaldino, per l’evasività delle risposte ai quesiti/dubbi posti dagli adulti accompagnatori. Nel nostro caso, uno zio “premuroso”
accompagna il proprio nipote, su mandato del papà, peraltro particolarmente “preoccupato” per le smanie militariste del figlio. In piazza e poi sul pullman ci accolgono due personaggi della Marina di cui uno prossimo alla pensione, con le idee non molto chiare su quali siano i cicli di istruzione in rapporto alle varie fasce di età e uno molto più giovane, sottotenente, fresco di accademia e quindi di laurea, ottenuta “gratuitamente grazie alla marina militare” , un mantra ripetuto fuori, in Piazza del Popolo e una volta saliti dentro il mezzo.
Lo zio “premuroso” esordisce allora, adottando scientemente un linguaggio semplificato avendo davanti a sé un rappresentante della Marina non particolarmente abile nell’eloquio e nell’uso dei congiuntivi, ma di sicuro dall’approccio rassicurante e bonario, illustrando in modo ansioso la propria preoccupazione e soprattutto, per interposta persona, quella del padre: «siamo preoccupati per un suo possibile coinvolgimento in un conflitto bellico – spiega lo zio – e quindi di vedercelo tornare a casa in un sacco nero, oppure artefice a sua volta di uccisioni, magari di altri giovani come lui, ecc. ecc.». «Nooo! assolutamente no, questi non sono problemi! – interrompe subito l’attempato marinaio, con un fare tra il sornione e il commiserevole – tu devi – rivolgendosi direttamente al ragazzo – seguire quello che ti va di fare e poi, secondo questo principio, nessuno uscirebbe più di casa! I pericoli, infatti, sono ovunque! E poi chi, al di fuori di noi, può offrire a un ragazzo di 18 anni come te ben 1.200 euro di stipendio mensile sicuro e garantito fin da subito, una laurea gratuita e un futuro lavorativo a vita!»…finché non gli viene tolta, avremmo aggiunto noi!
Insomma, il primo militare punta tutto sulla passione per il mare accennata fin da subito dal ragazzo, affascinato dalla navigazione e in generale dal mare, essendo nato in una località di mare come Civitavecchia. La guerra, un riferimento che lo zio timidamente, ma con insistenza, cerca di ritirare fuori nei pochissimi spazi lasciati all’interazione e al confronto dialettico, è uno spettro lontano, un dettaglio su cui sorvolare, facendo spallucce e soprattutto evitabile perché gli indirizzi lavorativi in marina sono molteplici e pochissimi prevedono dei rischi reali. La possibilità di imboscarsi, tradotto nel linguaggio della naja, sono dunque molteplici!
D’altra parte, anche il tenentino investe tutto il proprio sforso comunicativo sul rischio “zero” , questa volta puntando su questioni geostrategiche che vedrebbero l’Italia sempre in un ruolo di retroguardia, come ad esempio in Yemen, dove, secondo il neo-laureato con le stellette «le navi italiane stanno dietro, in seconda fila. Sono quelle targate USA a lanciare le bombe!’».
Insomma, ancora una volta il messaggio è che la guerra e la morte in guerra, sono un’evenienza lontana, talmente lontana che la semplice passione per il mare e di fare un’attività utile a difesa della patria, possono allontanarla ancora di più fino ad equipararli eventi ancora di più fino ad equipararli eventi collatarali di una qualsiasi vita vissuta da civile.
D’altra parte poi, «per ognuno di noi, fa comodo essere difesi e ognuno beneficia di questa difesa!». Incalzato dallo ‘’zio premuroso’’, il tenentino confessa poi che quelli di oggi «sono tempi duri per l’arruolamento, perché l’arruolamento – precisa meglio – a causa di tutti questi movimenti pacificisti…che tra l’altro non sanno nemmeno loro cosa vogliono…nessuno è più disposto a difendere la patria».
Insomma, anche nel mondo militare c’è una crisi delle vocazioni. Anche nel caso del giovane militare la parola “guerra”, né tantomeno “morte”, vengono mai citate durante il discorso di convincimento. Alla fine, subentra l’asso nella manica, ad onor del vero fin dall’inizio: un po’ come tutti i grandi venditori, esperti di marketing la domanda di iscrizione in accademia viene presentata come un’occasione ‘’prendere o lasciare’’ perché, coincidenza, scade proprio allo scoccare della mezzanotte del giorno dopo di quella bellissima domenica di sole il 29 gennaio.
E, come se non bastasse, entra in gioco anche la carta del ‘’soddisfatto-rimborsato’’: se alla fine del tirocinio, fase finale di un processo di selezione piuttosto complesso, uno non se sentisse di proseguire iniziando a seguire i corsi dell’accademia navale, non ci sono problemi a comunicare il cambio di idea. Una forma di obiezione di coscienza tardiva ma purtuttavia possibile, lecita. All’atto pratico, visto l’estenuante percorso ad ostacoli, in stile ‘’Rambo’’ o nello stile che ispira l’attuale reality che va in onda in RAI, dopo un tirocinio così selettivo e indispensabile per accedere poi alle ambite aule della prestigiosa accademia livornese, una rinuncia, risulta un’eventualità alquanto improbabile: ipotizzare quest’ultima opzione però fa molto ‘’democratico’’, mentre a noi è sembrata alquanto paternalistica e in fondo falsa perché la fonte da cui proviene sa bene qual è il lavaggio del cervello che viene effettuato a coloro che entrano e qual è la potenza dello ‘’spirito di corpo’’ che viene inoculato fin da subito a chi entra in accademia.
Per concludere, secondo il convincimento dei due maldestri ‘’orientatori’’, quel ragazzo, rassicurato del fatto che da quel percorso potrà sicuramente uscirne vivo, proprio come dimostrato dal testimone vivente prossimo alla pensione, un esito confermato anche dal tenentino quando ha ribadito che a sparare sono sempre gli altri, si affretterà a compilare la domanda on-line in imminente scadenza …insomma un gioco da ragazzi!
A ben vedere, in effetti, il rischio ‘’morte’’, è veramente basso se si pensa che statisticamente le vittime delle guerre moderne sono per l’80% civili, e di questa percentuale la maggioranza sono donne, bambini ed anziani: quindi quello che conta è che sarà qualcun altro a morire fino ad arrivare al paradosso che per salvarsi dalle guerre occorre arruolarsi!
11/2/2024 https://osservatorionomilscuola.com/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!