Lasciapassare governativo alla sanità privata. Col bottino

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-febbraio-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

Ormai è comprovato dai fatti, sempre più pesanti e ritenuti inarrestabili dal sentire comune e lo si può anche accertarse dai tanti convegni e analisi sui social che spopolano da mesi, come dalle dichiarazioni di sindacati vari (eccetto dalla Cisl accomodatosi alla corte del governo) e degli stessi Partiti in opposizione (formale) nel Parlamento che hanno dato il via a questa sfacio con le oro scelte di governi decenalli, che, però, fanno a pugni con l’immobilismo delle azioni di contrasto materiale, di piazza ma anche di indifferenza nele istituzioni locali che hanno anticipato da anni l’autonomia differenziata sostituendo – tutti e nessuno escluso a sentire Stefano Bonaccini in Emilia e Romagna – il Servizio Sanitario nazionale con i loro sistemi regionali.

A fronte dell’oltre 20 per cento di spesa diretta per la sanità pubblica negli altri Paesi europei, da noi non si arriva al sette per cento, comples-sivamente il livello della spesa italiana è distante dalla media UE del 32%. Non passerà molto tempo e le stesse Regioni, che oggi chiedono più finanziamenti, praticheranno la facile strada delle riduzione della spesa sanitaria pubblica per i loro venti sistemi misti pubblico/privato che ancora oggi si attesta intorno al settanta per cento del loro bilancio. Oppure, iniziamente, l’altra strada sarà quella scelta dalla Regione Toscana che ha aumentato l’Irpef a carico dei cittadini.

La spesa sanitaria privata, al contrario, cresce ancora e nel 2022 ha raggiunto i 40,1 mld di €, in crescita dello 0,6% medio annuo nell’ultimo quinquennio. Nell’ultimo anno si registra un incremento in tutte le Regioni, di circa il 5,0 per cento. Tra le famiglie più abbienti, quelle che ricorrono a spese sanitarie quotidiane nelle strutture private (quelle asssicurative con le mutue integrative, oggi contano già 14 milioni di iscritti ) superano l’80%; tra quelle meno abbienti non si raggiunge il 60%. E’, ovviamente, il sud continua a essere il più colpito in termini di prevenzione, cura e assistenza sanitaria.

L’ennesima conferma proviene dall’autorevole voce di Nino Cartabellotta (Fondazione GIMBE)
“ In sanità il gap tra Nord e Sud è sempre più ampio da configurare una vera e propria “frattura strutturale”, come dimostrano sia i dati sugli adempimenti ai LEA sia quelli sulla mobilità sanitaria. Il monitoraggio 2021 dei LEA documenta infatti che delle 14 Regioni adempienti solo 3 sono del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte a fondo classifica: alla maggior parte dei residenti al Sud non sono dunque garantiti nemmeno i LEA. E queste diseguaglianze alimentano il fenomeno della mobilità sanitaria: nel 2021 € 4,25 miliardi scorrono prevalentemente dalle Regioni meridionali verso Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi per le maggiori autonomie e che complessivamente raccolgono il 93,3% dei saldi attivi. Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità nelle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione inevitabilmente amplificherà le diseguaglianze già esistenti.”.

La conferma prima citata non arriva però da molti opinionisti e politici, quelli che hanno supportato e attivata la privatizzazione della sanità, evitano con una destrezza impressionate di additare a quelle deviazioni affaristiche prima citate tutta la tragedia di in atto e ora si meravigliano, con ipocrita indignazione, che la pandemia non ha insegnato nulla e sfornano ricette scadute, già da loro applicate puntando il dito, come dei novelli manager di Confindustria, sul tasto della carenza delle risorse finanziarie (carenze da loro stessi operate con sfacciataggine impunita).

Siamo un punto di non ritorno, basta parlare senza progettare una risposta a una deriva da contrastare. Una risposta di massa, decisiva, degli operatori sanitari. Troppi sono i punti di sfinimento del diritto alla salute, dall’aziendalismo introdotto nel sistema gestionale della salute, che ha portato alla massimizzazione del profitto a scapito della prevenzione, istituendo la persecuzione della cronicizzazione della malattia quale base di sviluppo dei profitti farmaceutici e terapeutici a scapito di una ricerca volta alla soluzione radicale attraverso la cura definitiva.

Non basta più difendere quanto rimasto di sanità pubblica e comunque non passa da buone enunciazioni. o propositi di revisione liberali di politiche liberiste, ma ripensarla con azioni pratiche di mobilitazione generale.

Per una lettura particolareggiata sui riparti regionali rimando alle tabelle

Tabelle da epiprev.it

L’attuale riparto del Fondo Nazionale

Franco Cilenti

Per un quadro completo delle Regioni segnaliamo un Rapporto pubblicato su creasanita.it
www.creasanita.it/wp-content/uploads/2024/01/19%C2%B0-Rapporto-sanita_def.pdf.

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-febbraio-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *