L’autonomia della politica ipocrita

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Fatti delle domande e ti dirò chi sei

Per comprendere il motivo per il quale oggi molti si sono schierati contro l’autonomia regionale, argomento ignorato sino all’approvazione in senato del decreto Calderoli, bisogna prima comprendere il percorso che ci ha condotto sino ad oggi.

E’ con il professor Miglio, ideologo della Lega, che nasce poco prima di tangentopoli il progetto secessionista . Un progetto probabilmente finalizzato all’amalgama popolare e che inizialmente cammina quasi in sordina. E’ tangentopoli però il vero detonatore totale che non risparmia nessuno, neanche quella parte a sinistra protetta dal mutismo del “Compagno G“ che lascia su di lei quelle ombre che mai più fermeranno lo stillicidio del loro consenso.

La massa imprenditoriale, collusa e allo stesso tempo vittima del mondo politico, prende forza e comincia a guardare con ambizione e aspettative la sponda europea e capisce che dovrà liberarsi dell’altra sponda.
Investono e danno lavoro, creano massa e consenso. Un lucano?

Tutto funziona se produci per esportare e continui a offrire servizi che aumentano quel debito pubblico che hai contribuito a creare e che prima o poi lo risolverai semplicemente scrollandotelo di dosso.

La sinistra perde nella classe operaia e mantiene la media e piccola borghesia, soprattutto quella intellettualoide, distratta a combattere Berlusconi fino ad arrivare a partorire ricette del proprio avversario.

Abbiamo una banca!

Considerava la Lega un fuoco di paglia la quale però si dimostrava brava nel cavalcare quella macchina infernale di propaganda che era Berlusconi per uscire dai propri confini territoriali. Berlusconi li sdogana politicamente su un’area molto più vasta del semplice nord-est.
Sottovalutazione dell’avversario che più avanti negli anni ripeterà con il M5S.
La storia della sinistra italiana è la sistematica dipartita dal ceto operaio.

E così che abbandonando la classe operaia le rimane solo il mondo imprenditoriale con cui relazionarsi subendone il fascino del pensiero “ aziendale “.

Ma è anche la storia dell’Emilia-Romagna che trasforma radicalmente il mondo cooperativo.

Non è quindi difficile capire perché l’Emilia-Romagna diventa, a pieno titolo ed accolta a braccia aperte da Veneto e Lombardia, una delle tre regioni capofila del progetto di autonomia differenziata.

L’E-R è l’ariete che serve alla Lega per raggiungere il proprio patto sociale.

Ma la domanda da porsi è quanto il popolo emiliano-romagnolo sia cambiato parallelamente alla sua rappresentanza politica.

Perché se fosse stato un cambiamento culturale e politico con pari velocità non si spiegherebbe la censura su tutto il percorso fatto dal presidente Bonaccini che in questo periodo si è trasformata in puro, semplice, diabolico ed efficace depistaggio.

E’ necessario, ora il problema è di dominio pubblico e Bonaccini ed il suo partito si cimentano nel loro sport più efficace: fare opposizione all’usurpatore costituzionale e raggiungere lo scopo da perdenti, da quelli che hanno lottato fino allo stremo in Parlamento ma i numeri sono i numeri.

Tenete a mente quella manciata di definizioni incontestabili utili per provare a cavarsela dai depistaggi ovvero che l’autonomia differenziata/regionale non è un decentramento amministrativo ma legislativo, che nelle regioni non esistono contrappesi di garanzie che ci tutelino dallo strapotere del presidente di una regione e che non basta chiedere meno materie per fare un’autonomia “buona“
perché, e ce lo ricorda l’art. 1 della nostra Costituzione, la nostra Repubblica è fondata sul lavoro e quindi basterebbe chiedere solo la potestà legislativa su questo per aziendalizzare la nostra vita, ecco, ditemi cosa non è influenzato dal lavoro.

Oggi è l’1 febbraio, giovedì, e sono/siamo devastato/i dal mettere in ordine e controllare 6000 firme ed altrettanti certificati elettorali per lunedì 5 quando presenteremo la LIP regionale che chiede all’Emilia-Romagna l’interruzione dei negoziati con il governo per l’autonomia differenziata/regionale culminati con lo schema provvisorio delle intese del 2019 che il DDL Calderoli trasporta come valide nell’attuale legislatura.

Quindi non posso analizzare le posizioni di tutti, e quanto dicono, ma non mi sfugge che nessuno ancora dice di essere contro ogni autonomia, sono tutti contro questa autonomia, contro l’autonomia di questo governo, sono tutti contro il Ddl Calderoli.

Posso solo dirvi che anche questa volta, come per la Petizione Popolare di 2 anni fà, siamo ricompensati dalla fatica della nostra azione di informazione constatando quanti rimangano stupefatti dalla richiesta di Bonaccini di autonomia e dal fatto che una volta informati non ne perdiamo più neanche uno.
Puoi dire quanto vuoi che nessuno è contro l’autonomia perché nessuno protesta, più o meno come Berlusconi quando disse che potevano esserci anche 3 milioni al circo Massimo ma contavano i 30-40 milioni che non c’erano andati.

Nessuno protesta perché nessuno sa niente. Però aumentano, piano piano aumentano.

Il Pd avrebbe un’occasione storica per mettere all’angolo la Meloni riempiendo le piazze e facendo così emergere le contraddizioni interne nel violare i valori del proprio partito.

Ma non vuol farlo perché dovrebbe spiegare e svelare la sua meschina e viscida collusione.

Tutto ciò che orbita intorno è composto da vecchi e tristi commedianti simili a quel circo di virologi che occupavano la nostra vita in ogni attimo della giornata durante la pandemia.

Il Professore Massimo Villone, che nega la sua partecipazione alla riforma del titolo V° ( è sempre la sinistra che in Italia ha cambiato o provato a cambiare la Costituzione ) ed esce sconfitto dal risultato ottenuto con la sua LIP nazionale, saltella da un pulpito ad un altro consigliando che una regione faccia ricorso al DDL e che un referendum, qualora fattibile per i suoi tempi, avrebbe seri problemi di validità giuridica.

Ma quale regione, la Campania? Con De Luca che fa il capobanda solo per strappare il terzo mandato? Ma chi si fida di lui e chi si fida di uno come Villone che due ne ha fatte e due ne ha perse? Devo ricordarvi il proverbio?

No, nessun proverbio, fa come Bonaccini, percorso istituzionale, ha paura di andare a spiegare alla gente, un vero referendum non deve avere l’obiettivo della sua approvazione e successivamente della sua gloria alle urne, un referendum fa informazione tra la gente e non trattative nei piani alti.

Noi lunedì andremo fieri alle 10,30 in piazzale Aldo Moro sede della regione Emilia-Romagna a portare 6000 firme e relativi certificati elettorali, ci andremo sapendo che non ci daranno una sala per la conferenza stampa così come due anni fà non fecero entrare neanche i cronisti della Rai alla presentazione della Petizione Popolare, ci andremo fieri pur sapendo del rischio che useranno anche espedienti regolamentari per discuterla a porte chiuse o per non discuterla affatto come sta succedendo con le quattro LIP regionali della Rete ambientalista che hanno abbondantemente superato i sei mesi entro i quali bisognava discuterle e che probabilmente succederà anche alla LIP regionale sull’eutanasia.

Un paio, trattabile, di domande nel salutarvi.

Perché in Emilia-Romagna proliferano leggi di iniziativa popolare come mai era successo fino ad ora?

Ma soprattutto, perché se sei contro il DDL Calderoli non interrompi i negoziati?

E perché non rinunci ai vantaggi degli accordi già siglati insieme a Veneto e Lombardia “differenziandoti“ dalle altre regioni?

E perché la Segretaria Schlein non dice ai Presidenti di Puglia, Campania e Toscana di non iniziare i negoziati?

Ecco, ogni volta che vi può capitare di sentirli provate a rispondere a queste domande.

Trallallà (cit).

Editoriale di Antonio Madera

Comitato Emilia Romagna Contro ogni autonomia differenziata

Tavolo nazionale NO AD

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