L’autonomia differenziata danneggia tutte e tutti, e il Friuli Venezia Giulia dovrebbe saperlo
2023: la specialità del FVG compie sessant’anni
Nel 1963 nasce, da buona ultima, vista la sua complessa collocazione nel confine orientale, una Regione dotata di statuto speciale per ragioni legate alla sua storia e al plurilinguismo che la caratterizza. Il Comitato FVG per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti lavora anche a mostrare come, da un lato, il FVG partecipi dell’apertura del vaso di Pandora costituito dal progetto di autonomia differenziata (AD) e, dall’altro, ne riveli sia tutti i limiti (e una ancora scarsa consapevolezza di essi), sia le profonde ricadute in termini di disuguaglianze nell’accesso ai diritti sociali all’interno del medesimo territorio e tra territori, in particolare favorendo il Nord del Paese. La sorgente leghista del progetto, poi allargatasi, nutre anche qui le acque torbide dell’identitarismo e dell’egoismo regionale. Il FVG condivide con le future “Regioni AD” il regime pattizio bilaterale Stato/Regione, e usufruisce della possibilità di nuove richieste anche grazie all’articolo 10 della legge 3/2001 di riforma del Titolo V, “Clausola di maggior favore”. Nel documento della Regione intitolato “60° anniversario della Statuto della Regione autonoma FVG”, tra affermazioni retoriche sull’“orgoglio di un popolo” e il FVG definito “esempio per le nuove spinte autonomiste di altre Regioni”, non mancano i noti slogan del “prima e meglio dello Stato” e la “rivendicazione di tutti gli spazi di autonomia possibili”: il valore e la volontà del “portarsi a casa”, della conquista di un bottino destinato ai propri confini regionali. Nella visione autonomista, il nemico è il potere centrale, lontano, burocrate, verticistico, forse anche ladro, ostacolo ai friulani che, come il terremoto del ‘76 si vuole insegni, sono in grado di fare meglio “di bessôi”, da soli. E dov’è la funzione di garanzia, di coesione, di uniformità e uguaglianza nel Paese, protetto e diretto da quel percorso vivo che è la Costituzione del ’48 nata dalla Resistenza? L’autonomia che si “rivendica” non corrisponde affatto all’autonomia dell’articolo 5 della Carta, collocata all’interno dell’unità e indivisibilità della Repubblica e dei precetti degli articoli 2 e 3. “La Costituzione non è un salame” che si possa fare a fette, ripete il Costituzionalista G. Azzariti. E poi, le Regioni sono la quintessenza del verticismo. Prive di contrappesi, arroganti, in qualche caso scandalose: basta scorrere la cronaca regionale di questi mesi, con il super progetto eco-distruttivo dell’acciaieria di San Giorgio di Nogaro e il penoso caso di presunto conflitto dell’Assessore Bini. Le persone lo sanno, e non votano, in FVG come altrove. E il potere resta forte, distante, e in piedi (tranne due Consiglieri, pochi) alla commemorazione di S. Berlusconi nell’Aula consiliare FVG, in piedi all’idea che ha incarnato e diffuso.
La Sanità del Friuli Venezia Giulia, insana come nella maggioranza delle Regioni, i LEA, le risorse
Le Regioni speciali, molto diverse tra loro, non sono il paradiso terrestre. Un tema fra i tanti: Sanità e LEA (Livelli essenziali di assistenza), fratelli sanitari dei LEP (prestazioni), la cui determinazione deve essere realizzata prima di avviare l’autonomia differenziata. Delle 6 Regioni/Province speciali, 4 sono inadempienti (Valle d’Aosta, Bolzano, Sicilia, Sardegna), cioè non garantiscono i livelli minimi in tutti tre gli ambiti di prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera, secondo la “Griglia LEA” che è uno strumento ministeriale di monitoraggio. Lo riporta nel rapporto 2010–2019 la Fondazione GIMBE, il cui Presidente N. Cartabellotta, tra gli auditi nel maggio 2023 alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, afferma: “Tenendo conto della grave crisi di sostenibilità del SSN, delle inaccettabili diseguaglianze regionali e dell’impatto delle maggiori autonomie, il trasferimento delle funzioni da parte dello Stato alle Regioni finirà per assestare il colpo di grazia al SSN”. La distruzione del Servizio Sanitario Nazionale, nato nel 1978 dal progetto di Tina Anselmi con i caratteri di universalità, uguaglianza, gratuità, controllo pubblico, ha gradualmente venduto la propria anima generando un mostro a tre teste: aziendalizzazione (l’obiettivo esce dall’orizzonte della cura e della prevenzione, sostituito dal pareggio di bilancio), privatizzazioni (profitto contro servizio nell’erogazione dei diritti fondamentali), ricorso ai fondi integrativi. I LEA non sono rispettati nemmeno in altre 6 Regioni: che accadrà quando saranno estesi ai LEP (scuola, lavoro, ambiente etc.)? In FVG (che pure è una delle due salvate sui LEA), l’Intersindacale dei Medici e singoli medici puntano da tempo il dito contro la Sanità regionale: processi verticistici nelle nomine, medici “a gettone”, pronto soccorso allo sfascio, territori senza presìdi, liste d’attesa infinite, radiologi argentini che stilano i referti col traduttore automatico. La Corte dei Conti del FVG ha da poco certificato l’insufficienza di personale in due aziende su tre. La Giunta regionale FVG ha firmato un accordo con la multinazionale del farmaco Novartis che si trova consegnati i dati sanitari delle persone. E si osa chiedere maggiore autonomia? Il problema non è “questa Giunta” ma che a una Regione siano state devolute le competenze per farlo, peraltro senza condividere le scelte. Non è solo un elenco (incompleto), è lo stile, un’operazione di bandiera che questa bandiera la pianta nei corpi delle persone. E poi, dove troveranno i soldi Stato e Regioni differenziate per ampliare questi disastri alle altre materie? Le Regioni, con quote di compartecipazione ai tributi erariali: ad esempio il FVG si prende il 59% di IRPEF, IRES, IVA e il 30% di accise carburanti, la Valle d’Aosta il 100%, Trento e Bolzano il 90%. Ogni acclamata radice identitaria si terrà i propri soldi, l’apoteosi del “prima noi”, a danno anche dei propri cittadini/e, in parte ignari. Ma, soprattutto con la differenziazione, ci sarà una insostenibile complessità da gestire, e con denari che lo Stato nemmeno avrà a copertura dei LEP: un far west di legislazioni diverse e competitive tra loro. Il FVG ha visto bene i Balcani: saprà tenerne conto? Ecco ancora impresso “a caratteri indelebili il vecchio ritornello che la natura umana, come un grammofono rotto, va gracidando con tanta catastrofica coralità. Giro girotondo. Gira intorno al mondo; lo voglio tutto io, è mio, è mio, è mio” (V. Woolf, Le tre ghinee).
E, come per la Sanità, avanti a distruggere le altre materie, Scuola in primis, e a discriminare
Trento e Bolzano, oltre alla Sanità, legiferano e finanziano totalmente Scuola e Università (privilegi da imitare, per le confinanti in competizione). La Valle d’Aosta procede nel medesimo percorso. Il Veneto ripete che la lingua veneta, “lingua propria”, va insegnata a tutti/e, e ha pronta un’intesa che spazia su tutte le materie: per la scuola avoca a sé organici, formazione, trasferimenti; la Regione “istituisce i ruoli regionali del personale scolastico” e “indìce procedure concorsuali”. Sulle persone immigrate (esclusivamente per ragioni economiche), programma quote rivedibili annualmente, insomma un usa e getta di carne umana, in una materia peraltro di competenza dello Stato, che ammette un semplice coordinamento. Che genere di scuola, valori, insegnamenti possono esserci in una Regione con queste premesse? Così fan (o faran) tutte? In FVG già nella Legislatura 2018-23 era stata votata la velocizzazione dell’iter di regionalizzazione della scuola: contrario il solo Consigliere F. Honsell, unico ad aver chiarito nel sopracitato Documento sul 60° della Specialità che essa venne istituita al “solo scopo del bene inseparabile dello Stato e della Regione, aperta, attenta e solidale”. Quando il Comitato FVG contro ogni AD ha cominciato a organizzare iniziative sul tema, compresa la raccolta di firme atte bloccare e ridiscutere il progetto, la riflessione si è approfondita, fino a un visibile cambio di passo con le politiche del 2022 e con il Ddl Calderoli di AD, eventi che hanno fatto alzare le antenne a un sempre maggior numero di persone e a vari soggetti politico/sindacali, in una Regione dal senso comune autonomista che strizza l’occhio agli indipendentismi di altre Regioni. Due soli passi dal progetto (da Schema all. alla Generalità 1360/2020): “attuazione della parità tra scuole statali e non statali”, leggi privatizzazioni, leggi Sanità di cui sopra, leggi chi ha soldi si permette i servizi migliori; “orientamento dei flussi di iscrizione tra le istituzioni scolastiche e equilibrata ripartizione di classi formate da alunni con livelli linguistici disomogenei”, leggi discriminazione, leggi “deportazione”, peraltro in FVG già sperimentata. Tutto ciò attraverso la regionalizzazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, e il distacco dal così aborrito centro. Questo si vuole: propri organici, un proprio stile, il proprio racconto della Resistenza, fortissima in FVG ma attaccata da voci istituzionali in ogni occasione; si vuole il controllo esercitato dal potere politico regionale, la ricerca del consenso in questo enorme bacino, la fine della Scuola della Repubblica, della scuola di libertà, emancipazione, solidarietà, coesione del Paese. Le donne, come sempre le prime a essere schiacciate, pagheranno, dovranno sostituirsi a ciò che questo tipo di sociale negherà. Pagheranno studenti e studentesse di una scuola già ampiamente ridotta ad azienda. Pagheranno le fragilità migranti, su cui si legifera in modo discriminatorio e securitario. Ci spiace: le Regioni speciali ora non sono un modello, nemmeno un modello umano. L’autonomia differenziata va bloccata: è eversiva, classista, vende le persone per un pugno di potere. Il potere, soprattutto quando ubriaco e non in grado di autolimitarsi, va limitato, ovunque si collochi.
Dianella Pez
11/9(2023 https://www.sulatesta.net/
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