L’autonomia differenziata e le sue ricadute concrete. PERCHÉ NO!

Il Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001, al comma terzo dell’art. 116 prevede che alle
Regioni a statuto ordinario possono essere attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di
autonomia …su iniziativa della Regione interessata …sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione
interessata”.
Le materie oggetto di autonomia sono 23 (3 attualmente di legislazione esclusiva dello Stato e 20 di
legislazione concorrente).
MATERIE DI LEGISLAZIONE ESCLUSIVA:

  1. Giustizia di pace
  2. Norme generali sull’istruzione
  3. Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali
    MATERIE DI LEGISLAZIONE CONCORRENTE
  4. Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni
  5. Commercio con l’estero
  6. Tutela e sicurezza del lavoro
  7. Istruzione
  8. Professioni
  9. Ricerca scientifica e tecnologica
  10. Tutela della salute
  11. Alimentazione
  12. Ordinamento sportivo
  13. Protezione civile
  14. Governo del territorio
  15. Porti e aeroporti civili
  16. Grandi reti di trasporto e di navigazione
  17. Ordinamento della comunicazione
  18. Energia
  19. Previdenza complementare e integrativa
  20. Armonizzazione dei bilanci pubblici, finanza pubblica e sistema tributario
  21. Beni culturali e ambientali
  22. Casse di risparmio, rurali e aziende di credito a carattere regionale
  23. Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale
    Ogni singola Regione potrebbe stipulare un’intesa con lo Stato su una o più materie, anche tutte 23.
    È già avvenuto: il Veneto ha siglato intese per ottenere autonomia su tutti gli ambiti, la Lombardia
    su 20 materie, l’Emilia Romagna su 16. Ne consegue che non tutte le Regioni avrebbero le stesse
    competenze, che sarebbero subordinate alle singole richieste regionali.
    Lo Stato avrebbe una sovranità disomogenea sul suo territorio e i cittadini/e di ogni Regione
    avrebbero diritti e servizi diseguali, aggravando in modo definitivo una situazione di disparità sociale
    e territoriale, con ulteriore impoverimento del Mezzogiorno e dei territori più svantaggiati.

È evidente la contraddizione con l’articolo 5 della Costituzione stessa, che, nel prevedere forme di
decentramento “amministrativo”, sottolinea il principio di unità: “La Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio
decentramento amministrativo…”.

Che cosa succederebbe in concreto, se si compisse questo “sovranismo regionale”, con il disegno
del Ministro Calderoli e del Governo Meloni?
Facciamo alcuni esempi:
SANITÀ
Il diritto alla salute ha le sue basi nell’Art. 32 della Costituzione, che recita “La Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …”.
Con l’A.D.:
• Si cancellerebbe il Servizio Sanitario Nazionale Pubblico, improntato ai principi di
universalità, equità e solidarietà, già duramente compromesso come reso evidente dalla
pandemia che ha certificato il fallimento del sistema sanitario regionalizzato.
• Ci sarebbero sistemi sanitari regionali diversi e i territori più ricchi, senza più vincoli e
incamerando il residuo fiscale, sarebbero avvantaggiati a spese di quelli più poveri, costretti
a tagliare le cure e la prevenzione, ricorrere al privato e alimentare quello che
eufemisticamente viene definito “turismo” sanitario.
• Non vi sarebbe più un unico contratto nazionale e i/le lavoratori/ici sarebbero sottoposti al
ricatto dell’esternalizzazione dei servizi.
• I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che non sono stati mai calcolati in base al reale
fabbisogno dei territori e che pertanto hanno fallito nella loro missione, continuerebbero ad
essere realizzati solo in parte e a macchia di leopardo.
• I Servizi territoriali ed ospedalieri sarebbero ancor più influenzati dalle scelte politiche locali
e dalle interferenze economiche.
• Le Scuole di Specializzazione, la formazione degli operatori avrebbero standard diversi e la
selezione della dirigenza sanitaria dipenderebbe dalla politica locale: uno specializzato
molisano “varrà” meno di uno lombardo.

LAVORO
La Costituzione pone il lavoro a fondamento della Repubblica e ne tutela i diritti agli Artt. 1-4-35-37.
Già oggi tali principi e diritti sono compromessi.
Con l’A.D.:
• Si realizzerebbe la rottura dei contratti nazionali di lavoro, con l’affiancamento di contratti
regionali (e quindi tutele e salari differenti), la ri-comparsa delle gabbie salariali e la
concorrenza al ribasso su salari e diritti; attraverso questa parcellizzazione si indebolirà
ulteriormente il potere contrattuale e la forza delle vertenze.

• Si avrebbe una diversificazione degli standard e degli indirizzi per il controllo della salute e
sicurezza sul lavoro e diversi criteri sulla formazione degli addetti alla vigilanza.
• I sistemi di prevenzione degli infortuni sarebbero differenziati.
• I lavoratori e le lavoratrici, specie nel Mezzogiorno, sarebbero sottoposti al ricatto
occupazionale e a forme più dure di sfruttamento.
• Le imprese e le multinazionali avrebbero interesse a delocalizzare nelle zone con mano
d’opera a basso costo e sotto ricatto, a danno anche dei territori attualmente più produttivi,
a dimostrazione che la concorrenza fra lavoratori vince sempre al ribasso.

ISTRUZIONE, RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
L’A.D. per la Scuola è in contrasto con gli Artt.33 e 34 della Costituzione, strettamente collegati ai
principi previsti dall’Art.3.: la libertà d’insegnamento, la parità dei diritti e la funzione costituzionale
della Scuola della Repubblica sarebbero cancellati.
Con l’A.D.
• Si avrebbero 20 sistemi scolastici differenti, in cui il “come” e il “cosa” insegnare sarebbero
subordinati alle scelte politiche locali.
• I Programmi di studio nazionali verrebbero sostituiti da quelli regionali, con il rischio di
derive localistiche e privatistiche, a discapito dell’interesse generale e con danni culturali
irreparabili.
• Ogni Regione avrebbe competenze legislative e regolamentarisu: contratti di lavoro,sistemi
di assunzione del personale, mobilità e trasferimenti, formazione dei docenti, diritti e doveri
per i/le lavoratori/ici e per le/gli studenti.
• La formazione dei docenti verrebbe governata da un organo politico (l’USR): fine della
libertà di insegnamento.
• Le scuole sarebbero maggiormente sottoposte alle ingerenze delle aziende, mentre gli/le
studenti, soprattutto per gli istituti tecnici e professionali, sarebbero maggiormente esposti
al rischio di manovalanza a costo zero.
• Anche il Sistema di Valutazione nazionale verrebbe frantumato con l’abolizione del valore
legale del titolo di studio, espressione del principio di uguaglianza e di pari opportunità di
accesso al mondo del lavoro.
Non solo la Scuola, ma anche la Ricerca e l’Università, che già gode di ampie forme di autonomia,
possono essere coinvolte dal regionalismo asimmetrico, che peggiorerebbe una situazione di
disparità già molto grave.
La Ricerca costituisce il fondamento della crescita economica, sociale e culturale dell’intero Paese,
tanto più efficace se sa aprirsi al confronto e alla collaborazione non solo nazionale ma anche e
soprattutto internazionale.
Le chiusure localistiche finirebbero per inaridire la Ricerca e quindi l’Università che da essa trae la
sua linfa vitale e comporterebbero:
• La regionalizzazione e della programmazione universitaria e dei fondi destinati alla Ricerca.
• Un’ulteriore difficoltà per le Università del Mezzogiorno.

• L’aumento dei costi per gli/le studenti, l’abbandono e l’emigrazione universitaria.
• La subordinazione della Ricerca agli interessi locali e dei privati.
• Ulteriore potere contrattuale di una laurea conseguita in atenei delle regioni “forti”.
BENI CULTURALI
L’A.D contraddice il dettato costituzionale, all’Art.9, che afferma “La Repubblica tutela il paesaggio
e il patrimonio storico e artistico della Nazione…”.
Con l’A.D.:
• Sia la tutela che la valorizzazione passerebbero alle Regioni stipulanti le intese; allo Stato non
resterebbe alcuna competenza in una materia che rappresenta un patrimonio di inestimabile
valore, già ampiamente compromesso, che appartiene all’umanità e necessita di una visione
e di scelte omogenee.
• Vi sarebbero sistemi amministrativi differenziati, con la regionalizzazione del sistema dei
musei e scelte sporadiche in ordine alla destinazione delle risorse economiche ed umane,
alle forme di assunzione e formazione del personale.
• Per mancanza di fondi le Regioni potrebbero rivolgersi al privato, che ne condizionerebbe le
scelte e favorirebbe i cosiddetti “grandi attrattori”, a scapito del patrimonio culturale
diffuso.

TUTELA DELL’AMBIENTE E DELL’ECOSISTEMA
Sempre l’Art. 9 della Costituzione afferma: “… (la Repubblica) tutela l’ambiente, la biodiversità e gli
ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Con l’A.D.:
• Verrebbero regionalizzate le competenze ambientali, come se i mari, i fiumi, le montagne
potessero seguirne i confini e così i provvedimenti da assumere.
• La parcellizzazione normativa acuirebbe i gravi problemi già esistenti: dissesto idrogeologico,
cementificazione diffusa, smaltimento dei rifiuti, contaminazione di acque superficiali,
marittime e di falda, di suoli e sottosuoli; impatto dei poli produttivi ed estrattivi,
inquinamento atmosferico; abbandono della manutenzione dei boschi e dei territori;
privatizzazione delle reti idriche.
• Vi sarebbero risposte, soluzioni diverse rispetto alle direttive nazionali, europee e degli
organismi internazionali preposti ai temi ambientali.
• Gestione degli eventi catastrofici (terremoti, alluvioni, ecc) segmentata.

INFRASTRUTTURE: PORTI E AEROPORTI CIVILI; GRANDI RETI DI TRASPORTO E DI NAVIGAZIONE;
ORDINAMENTO DELLA COMUNICAZIONE; PRODUZIONE, TRASPORTO E DISTRIBUZIONE
NAZIONALE DELL’ENERGIA.

È in sé contraddittorio ritenere che le competenze legislative e amministrative sulle infrastrutture,
che propriamente svolgono una funzione di rete e di connessione per l’intero Paese e tra questo e

il resto dell’Europa e del mondo, possano essere sottoposte ad un processo di perimetrazione che
coincida con i confini regionali.
Con l’A.D.:
• Aumenterebbe la divaricazione fra territori, soprattutto al Sud e nelle zone interne, che
avrebbero vie di comunicazione ferroviarie, stradali e autostradali differenziate, con ricadute
sul diritto alla mobilità.
• Lo spostamento della leva fiscale vedrebbe ovviamente avvantaggiate le Regioni in grado di
sostenere lo sviluppo delle proprie reti, con il rischio di diminuire le risorse concretamente
destinabili – ad esempio – allo sviluppo delle infrastrutture portuali, aeroportuali,
telematiche ed energetiche di quelle più svantaggiate.
• Si verificherebbe una frammentazione delle scelte in campo energetico, per le competenze
relative alla produzione, al trasporto e alla distribuzione dell’energia, alle autorizzazioni e
all’esercizio di impianti di produzione, anche in deroga alla legislazione statale; differenze
regionali in ordine allo stoccaggio di gas naturale, all’incentivazione delle energie
rinnovabili, alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
il tema del nucleare verrebbe gestito in proprio.
• Per gli enormi interessi economici si rischierebbe il prevalere di interessi privati e speculativi
e la diffusione di tensioni sociali.
ALIMENTAZIONE
Con l’A.D.:
• Si avrebbero criteri differenti per la definizione e la valutazione della qualità e della salubrità
degli alimenti; modalità e investimenti differenziati per il controllo e le analisi.
• Sarebbero diversificate le norme per la valutazione dei danni all’ambiente, per la riduzione
della biodiversità, l’uso di pesticidi e degli OGM, la deforestazione, gli allevamenti intensivi,
l’inquinamento delle falde.
• Le scelte regionali differenziate avrebbero inevitabili ripercussioni sulla salute della
popolazione delle regioni confinanti, a dimostrazione della necessità di risposte e norme
almeno nazionali.

RAPPORTI INTERNAZIONALI E CON L’UNIONE EUROPEA DELLE REGIONI; COMMERCIO CON
L’ESTERO

La confusione e la sovrapposizione delle competenze e le differenti materie di autonomia fra le
Regioni non possono che avere ripercussioni per l’intero Paese nel consesso europeo e
internazionale.
Con l’A.D.:
• il Governo italiano si troverebbe a rappresentare un numero variabile di Regioni, in base alle
differenti intese eventualmente stipulate con ciascuna Regione.
• Ogni territorio avrebbe una diversa modalità di recepimento delle direttive e degli accordi,
con il rischio di ledere l’interesse generale e la credibilità internazionale dello Stato.
• La destinazione dei fondi europei sarebbe parcellizzata e subordinata alla forza contrattuale
di ciascuna Regione, a danno di altre.

GIUSTIZIA DI PACE
Con l’A.D.:
• La regionalizzazione di questa materia lede il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti
alla legge.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE E INTEGRATIVA
Con l’A.D.:
• Si avrebbero tanti sistemi di previdenza complementare e integrativa regionale, anche
acquisendo il gettito dell’imposta sostitutiva sui rendimenti dei fondi pensione.
• Ancora una volta verrebbe leso il principio di uguaglianza.

Conclusioni
L’Autonomia differenziata contraddice i principi costituzionali, l’equità dei diritti, l’unità e
indivisibilità della Repubblica.
Il “sovranismo regionale” comporterebbe un danno per le comunità, con un accentramento dei
poteri regionali che schiacciano le autonomie comunali e la partecipazione democratica.
Nascere, curarsi, andare a scuola, avere un lavoro, vivere in un ambiente sano, tutti i diritti di
cittadinanza non possono dipendere dal luogo di nascita e di residenza.
Siamo già un Paese con diseguaglianze insopportabili: la priorità è l’unità, non la divisione.
Fermiamo questo scempio.
No al progetto Calderoli.

Tonia Guerra

Responsabile di Rifondazione Comunista per Mezzogiorno e campagna contro autonomia differenziata

7/3/2023

Materiale da stampare per iniziative contro L’Autonomia Differenziata

volantino autonomia differenziata locomotiva

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