Lavoratori e Rls garanti della sicurezza anticoronavirus

  1. I lavoratori come debitori della sicurezza anticoronavirus

In un mondo del lavoro funestato dal coronavirus, è abituale concentrare l’attenzione su obblighi e responsabilità delle imprese 1. Eppure, più che mai, è oggi indispensabile porre in luce anche la posizione di garanzia dei lavoratori così come degli Rls. Certo, per decenni, è stato usuale sostenere che il lavoratore sarebbe un mero creditore di sicurezza.

Questa affermazione deve essere riesaminata. «In materia di infortuni sul lavoro» – sottolinea ormai la Corte suprema – «si è passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello “collaborativo”, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, parimenti gravati dall’obbligo di osservanza di specifiche disposizioni cautelari e di agire con diligenza, prudenza e perizia». E se ne ricava, «a seguito dell’introduzione del d.lgs. n. 626/1994 e, poi, del d.lgs. n. 81/2008», «un nuovo principio», destinato ad assurgere a un rango elevato su terreni quale quello del coronavirus: «il principio di autoresponsabilità del lavoratore» e, dunque, «la trasformazione del lavoratore da semplice creditore di sicurezza nei confronti del datore di lavoro a suo compartecipe nell’applicazione del dovere di fare sicurezza, nel senso che il lavoratore diventa garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri compagni di lavoro o di altre persone presenti, quando si trovi nella condizione di intervenire onde rimuovere le possibili cause di infortuni sul lavoro» 2 .

A segnare questa svolta è l’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 81/2008, là dove prevede che «ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni» 3 .

Il fatto è, però, che occorre leggere integralmente l’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 81/2008: «Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro».

Ne desumiamo che il lavoratore si trasforma da mero creditore in debitore di sicurezza, in quanto venga formato. E, si badi, effettivamente formato, nel rispetto di un principio che percorre ormai sistematicamente la giurisprudenza: «Il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la sicurezza del lavoro, è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori vi si adeguino e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l’imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi a assolvere formalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare “sino alla pedanteria”, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro» 4 .

Senza un’adeguata formazione del lavoratore sul rischio coronavirus e sulle misure di contrasto, il datore di lavoro si sentirà dire dalla Cassazione: «non è decisiva la circostanza che il lavoratore abbia posto in essere un comportamento colposo, imprudente, negligente, ove si tratti di una conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi gravanti sul datore di lavoro» 5 . Obblighi formativi la cui osservanza deve essere adeguatamente documentata. Non per nulla, ancora da ultimo, nell’esaminare un documento prodotto dal datore di lavoro al fine di dimostrare la formazione di un lavoratore infortunatosi, la Corte Suprema replica che, al di là dell’effettiva data di sottoscrizione da parte del lavoratore, si tratta di un documento «del tutto generico», non riferito allo specifico rischio emerso in occasione dell’infortunio 6 . Né si trascuri l’ulteriore insegnamento per cui «nell’ordinamento processuale penale, pur non essendo previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore», quale appunto la prova della formazione del lavoratore sui rischi specifici connessi alla sua attività lavorativa 7 .

Raffaele Guariniello

L’ARTICOLO COMPLETO SU

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Articolo pubblicato nel n. 3 2020 de La Rivista delle Politiche Sociali https://www.ediesseonline.it/riflessioni-sullemergenza-e-oltre

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