“Lavoratori Prrrrrrr”. La direzione del Partito democratico abolisce l’Articolo 18. > Da oggi l’Art. 18 funzionerà solo nel PD per difenderli dal massacro della vergogna?
Matteo Renzi porta a casa il si’ della direzione del Pd a un documento che modifica la delega lavoro e quindi azzera l’articolo 18 impedendo il reintegro. L’86 per cento ha votato a favore della linea del segretario (130 componenti) e le minoranze si sono divise tra astenuti (11 voti)e contrari (20 voti). I “dialoganti” di Area riformista si astengono sul documento che cristallizza la relazione del segretario. Un fronte trasversale di venti che include Bersani e D’Alema, ma anche Fassina, Boccia, D’Attorre, Cuperlo, Damiano e Civati, vota no. In Parlamento, avverte pero’ Renzi, tutti dovranno adeguarsi. Da oggi il testo della legge delega sara’ all’esame del Senato e la battaglia si spostera’ su alcuni emendamenti.
La lunga discussione, oltre quattro ore, della direzione Pd sul Jobs Act ha visto momenti di grande tensione con gli interventi i Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, mentre Renzi ha spronato la direzione a “superare i tabu’ del passato” e ha posto due elementi di metodo: nessuno usi la clava, “se la minoranza non sono i Flinstones, io non sono la Tatcher”, e se e’ vero che serve un compromesso, non lo si deve raggiungere “a tutti i costi”. Renzi ha aperto al confronto con i sindacati, e ad un certo punto ha dato mandato a Lorenzo Guerini, apprezzato da tutti proprio per le sue doti diplomatiche, di trattare con la minoranza per un documento finale comune. La mediazione, però, è saltata: le minoranze hanno votato in ordine sparso.
Il Pd, ora, forte del suo 41 per cento non deve temere “le trame altrui”, i “poteri aristocratici”. Ora “dobbiamo andare all’attacco” togliendo le posizioni di rendita ai tanti che ne hanno goduto. Detto questo “se vogliamo dare diritti ai lavoratori, non lo facciamo difendendo una battaglia che non ha piu’ ragione di essere”, come quella sull’articolo 18.
“Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi la prossima settimana a Cgil-Cisl-Uil – ha detto Renzi in direzione Pd – ma li sfido sulla rappresentanza sindacale, il salario minimo, la contrattazione di secondo livello”.
I sindacati confederali rispondono di essere pronti al confronto. Ma non si sentono rassicurati sul tema dell’articolo 18. La linea di Renzi, sottolinea la Cgil, resta “ancora vaga, indefinita e contraddittoria”. E anche la Uil avverte: “Se si toccano le tutele di chi gia’ ce le ha e non si prevedono tutele crescenti per chi non le ha, sara’ sciopero generale”.
D’Alema ha rimproverato a Renzi la volonta’ di operare sul mercato del lavoro in una fase di recessione: “Stiglitz spiega infatti che si riforma il mercato quando c’e’ la crescita. Ma Stiglitz, mi rendo conto, e’ un vecchio rottame della sinistra. Un premio Nobel. Premio che difficilmente vedranno i giovani consiglieri del Pd…”. Ancora piu’ duro Bersani che ha accusato il premier e segretario di partito di ricorrere al metodo Boffo per mettere a tacere il dissenso interno. A nulla sono valsi, dunque, i tentativi di mediazione e l’appello del presidente dell’assemblea ed esponente dei giovani turchi Matteo Orfini che ha chiesto di non disperdere i passi avanti fatti nella discussione.
Fabio Sebastiani
30/9/2014 www.controlacrisi.org
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