Lavoro, nel 40% dei casi l’omosessualità o bisessualità è percepita come un ostacolo

Un titolo già visto: le persone Lgbtqi+ subiscono continue discriminazioni sul posto di lavoro. Il 41,4% dichiara che la propria omosessualità o bisessualità ha rappresentato uno svantaggio; otto persone su dieci hanno sperimentato micro aggressioni, in particolare le fasce più giovani, quelle a caccia di un mestiere. Sono i dati che emergono da una recente rilevazione Istat-Unar

Clima ostile, minacce e aggressioni ma soprattutto penalizzazioni di fatto. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) e l’Istat accendono un faro sulle discriminazioni lavorative che le persone Lgbt+ subiscono durante la ricerca di un lavoro o nel corso dell’attività dipendente. (Qui il link al documento). Ben il 41,4% delle 1200 persone occupate o ex-occupate (non in unione civile) intervistate dichiara che la propria omosessualità o bisessualità ha rappresentato uno svantaggio nel corso della vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti presi in considerazione dalla rilevazione: carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione.

Coming out: le donne lo fanno meno

Il 61,2% delle persone, con riferimento all’attuale o ultimo lavoro svolto, denuncia inoltre di non aver preferito non parlare della vita privata «per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale». Un silenzio particolarmente diffuso tra le donne che registrano un’incidenza del 65,7% contro il 58,5% della componente maschile. Circa una persona su tre, altro dato significativo, dichiara di aver evitato di frequentare nel tempo libero i colleghi di lavorativo proprio per non rivelare l’orientamento sessuale
Sebbene infatti la stragrande maggioranza degli interpellati dichiari che il proprio orientamento sessuale era o è noto almeno a una parte delle persone dell’ambiente lavorativo (84,3%), ben il 31,2% afferma tuttavia che «un collega, una persona di grado superiore o inferiore, un cliente o un’altra persona dell’ambiente lavorativo» abbia rivelato ad altri il suo orientamento sessuale senza che ne avesse dato il consenso.

Micro-aggressioni

L’orientamento sessuale è all’origine inoltre di micro-aggressioni sul posto di lavoro. Circa otto persone su dieci hanno sperimentato almeno una forma di insulto più o meno sottile espressa in forma verbale, non verbale o visiva. La quasi totalità delle vittime afferma di aver sentito “battute offensive o allusive nei confronti delle persone gay, lesbiche o bisessuali” (oltre nove su dieci) oppure di aver udito qualcuno “definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica/gay o simili” (87,1%). La rilevazione evidenzia infine come le discriminazioni colpiscano in particolare le fasce più giovani, quelle a caccia di un mestiere.

Scuola e università: qui iniziano le discriminazioni

«D’altra parte, sottolinea l’Istat, circa sette persone omosessuali o bisessuali intervistate su dieci (71,9%) dichiarano di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università». Dati che, oltre a confermare la delicatezza della fase di formazione che precede l’inserimento nel mondo del lavoro, dimostrano come la discriminazione precoce finisca per scoraggiare quanti sono alla ricerca di un impiego producendo così forme di esclusione a cascata.

Francesco Dente

17/5/2023 https://www.vita.it

Per approfondire: Una persona Lgbtqi+ su 5 ha subito aggressioni al lavoro

Foto di apertura, Markus Spiske by Unsplash

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