Lavoro. Testimonianza di una storia di vita precaria

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La volontà di scrivere questa prima pagine del diario di Paola nasce chiaramente dall’ esperienza personale di una normale ragazza della generazione y, crescita ancora nell idea di vivere nel boom economico, ma che si è risvegliata adulta dopo una delle peggiori crisi economiche e sociali dell era contemporanea. Il precariato è diventata la normalità. La condizione di precariato non è solo lavorativa, ma è intima, personale. Non ti concede la vita a cui era preparata. Era chiaro finita la scuola che avresti trovato un impiego, un compagno, avresti comperato una casa e adottato un gatto di nome Ginger. Ed invece non hai niente, ti senti niente. Eppure non capisci dove stai sbagliando. Perché semplicemente non stai sbagliando nulla. Questa condizione lavorativa non è altro che la punta dell iceberg del capitalismo estremo, dove non sì produce più merce feticcio per i proletari, ma tu stesso sei merce. Non si vende prodotto, con il suo plus valore calcolato sul tuo plus lavoro. Il prodotto sei tu, si vendono le tue ore di vita. Siamo completamente atomizzati. Un precario non è un occupato. È un perenne disoccupato. Non ha diritti. Pensa per un attimo : è giugno, tutto i tuoi amici stanno prenotando le ferie, tu non puoi. Eh si, si lavora per andare in ferie, sì, si lavora per uscire con gli amici. Il precariato non ti consente neanche di poter coltivare le basilari relazioni umane. Ti concede quel tanto che basta per sopravvivere e ti convince che tutto sia normale, che se non ce la fai è perché tu non sei abbastanza. Non cadere in questa trappola, non sentirti mai solo. “Ritrova te stesso e circondati di persone che ti chiedono se sei felice, non come mai non fai figli. Comitiva le tue passioni. Sei qualcuno, non dubitarne mai.
A. L.

Il caffe si beve rigorasamente in piedi, appogiati al lavandino, ancora in pigiama
E’ il 31 maggio.
Prendo la mia schiscetta, la borsa, le sigarette e parto.
Che coda, ma come guidi!
nanananananana, case, libri,auto fogli di gionaaale, urlo dal finistrino in coda.
Eccomi in ufficio.

Ciao Paola, come va? domani ricordati c’è riunione sindacale per lo smnart working.

Già domani! Mi scade il contratto oggi, non so ancora nulla, penso fra me, domani.. quale domani.

Mi siedo come inebetita, accendo il pc come un automa, dal fondo si sente Luca, il collega, il 50enne medio, sposato, stempianto e ingrassato da quando non gioca più al calcetto: ” ma sto lavoro non lo possono fare gli interinali?”
Ed eccomi qui, sono Paola, ho 35 anni, sono laureata e sono precaria.

Lavoro in questa azienda da 2 anni, due fottuti anni: niente febbre, niente permessi, niente ponti. Niente di niente: sono quella che ” ma quel lavoro non lo può fare lei?”.

Un messaggio di mia mamma: ” ma non ti fai mai sentire, sono la tua mamma”. Eh certo dopo queste giornate di lavoro mi manca solo lei con le sue amiche, che alla mia età avevano già 3 filgi, la 100R e la casa giù.

Sono io quella sbagliata, sono io quella che non rinnovano, sono io che non sa cercarsi un bravo marito.
E invece no! Non lo accetto.
Sono brava nel mio lavoro!
Eppure non serve. Eh sai, non ti possiamo assumere, qui fra maternità, permessi mutua, non ci possiamo permettere un altro dipendete.

In questo torpore arriva una mail: asap! ah sti anglicismi, che poi ti ho già risposto ieri, ma sei ciecato! sospiro: ” gentile collega, come già anticipato ieri, il cliente è stato contattato ed è stato fissato un incontro, resto a disposizione per ulteriori chiarimenti, buona giornata e buon lavoro.
Avrei voluto scrivere, boomer panzone, falli 15 minuti di lavoro ogni tanto!

E’ finita in qualche modo anche oggi, arrivo a casa, non ci penso, non ci penso.
Poso la schiscetta nel lavandino, eh niente, non ce la faccio, scoppio a piangere.

E’ sempre il 31, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio! Perchè tutti prenotano le vacanze e io non so neanche se domani devo mettere una sveglia.
Lavo via i resti del mio pranzo, sono sconfitta, sono precaria, sono un numero, non sono nessuno.
Ahia! che male al dente, non ho i soldi per il dentista. I miei colleghi hanno l’assistenza sanitaria, lorohanno l’assistenza sanitaria, loro ci possono andare dal dentista, loro sanno che turno fanno la prossima settimana e possono prenotarlo un cazzo di dentista.

Va bene chiamo mia madre: ” ma trovati un uomo ricco che ti mantiene come ha fatto tua sorella!”.
fai un figlio.

No cara, nella mia fabia io sono una regina e non una principessa da salvare.

Mail: Gentile Paola, le invio conferma della proroga del contratto fino al 31 giugno. sono le 17:47: io alle 17:47 so che domani lavoro.

Sono così precaria ho in mano una classidra che non ha sabbia neanche per arrivare a domani.

Sono cresciuta in una tradizionale famiglia italiana della media borghesia, ho studiato, ho avuto un ragazzo, sono andata in Grecia con i miei amici dopo la maturità.

Quando mi sono spenta? quando sono arrivata al 24esimo 31 del mese. Non mi ricordo come fosse la vita prima di essere precaria. Dove ho sbagliato?

Va beh, quel boomer panzone almeno serve a qualcosa, l’account di Netflix: mi addormento sognando di essere Lady Daphne .. ah già. la sveglia.
Abbiamo bisogno di persone che ci chiedono sei felice, non quando fai un figlio.

Testimonianza raccolta da Alessandra Lanzeni

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