Le affaristiche denunce sulla malasanità

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Questa rivista da 37 anni fa inchiesta dall’interno dei luoghi di lavoro della sanità pubblica, si avvale collaborazioni di esperti di politiche sanitarie e di studi approfonditi. Possiamo dire, con cognizione di causa, che rappresentiamo, insieme a pochi altri strumenti d’informazione, la realtà descrittiva di un processo in atto che ci ha portati all’involuzione in atto.

Quella realtà che i boicottatori della Riforma Sanitaria 833/78 ha costruito, con i loro governi, con una compagna denigratoria contro la sanità pubblica magnificando quella privata con ben orchestrate, sulla stampa compiacente e nelle TV, pubbliche e private al loro servizio, scandali sull’inefficienza e sulla corruzione (guarda caso da loro operata) dal superconsumo dei farmaci, delle analisi, lo spreco dei beni sanitari, accuse ai lavoratori pubblici di infefficenza e assenteismo.

Hanno speso fiumi di parole in dichiarazioni e documenti per rassicurarci sui tagli che, a loro dire, sarebbero serviti
per diminuire gli sprechi, ma guarda caso sono diminuiti progressivamente i servizi ai cittadini, il personale medico e infermieristico, e la dismissione degli ospedali, con i Piani sanitari Regionali, da svendere ai privati per poi affittare i servizi oggi ancora erogati dal servizio sanitario pubblico. Il tutto condito dalla promessa (delibere regionali) di rinforzare la sanità territoriale come compensazione del razionato servizio ospedaliero.

Con il pretesto di contenere il “deficit” pubblico hanno tagliato le spese sanitarie della popolazione più povera, dei proletari (più di 37 miliardi di euro negli ultimi 10 anni) a favore di quella privata. Ormai sempre più i boicottatori del diritto alla sanità pubblica hanno assunto direttamente il controllo della sanità e della salute della popolazione e si apprestano a intascarsi il bottino che arriva dall’Europa, che le classi sottomesse dovranno ripagare accentando la riduzione del servizio pubblico.
Il 13 agosto è stata erogata dall’Europa la prima tranche dei fondi del Recovery per l’Italia da 24,9 miliardi di euro con l’obiettivo di potenziare il livello di digitalizzazione di 280 strutture sanitarie sede di Dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) di I e II livello entro dicembre 2025 e il rafforzamento strutturale degli ospedali del Ssn attraverso l’adozione di un piano specifico di potenziamento dell’offerta.
Però il governo Draghi che fa? Programma una forte riduzione della spesa sanitaria nel biennio 2022-2024 mentre aumenta fortemente la spesa militare!

Quanti libri e fiumi di articoli hanno scritto sulla malasanità. Tanti e troppi per essere basati su cognizione di cau-
sa, in particolare quando partono dall’individuazione preconcetta dei responsabili, quei medici e infermieri ai
quali si addebitano le cause senza quasi mai individuare i mandanti che costringono – con la ultraventennale disorganizzazione programmata dalle istituzioni delegate alla gestione e con i fenomeni strutturali della corruzione diretta e indotta diffusamente anche nel quotidiano lavorativo – a mal lavorare.

Eh si, perchè i mandanti sono evidententemente troppo in alto per essere colpiti, mentre risulta facile puntare terra terra. E anche quelle poche volte che la magistratura riesce a puntarli, su “indicazione” di denunce, spesso se la cavano con pochi graffi.

Pochi attenti studiosi e opinionisti – mentre non brillano per negligenza consapevole i giornalisti delle grandi testate – partono dalle condizioni reali di lavoro delle professioni sanitarie,

indotte ad arraggiarsi nel magma delle direttive politiche e aziendali sempre più contorte e per nulla funzionali all’efficacia del servizio prestato in termini appropriatezza e di razionale uso delle risorse umane e finanziarie. Tutti
gli altri, una pletora ben retribuita d giornali e tv, si guardano bene dal considerare lo stato di cose presenti.

Con il modello aziendalista dei servizi sanitari, copiato dalle imprese di profitto, ci si preoccupa di stendere grandi strategie cartacee atte a ridurre i costi della salute pubblica -aumentando enormemente i costi per i cittadini spintaneamente indotti a rivolgersi a privato, a sua volta lautamente finanziato con i soldi dei tagli pubblici in una corruttela legalizzata, e protetta, ma nel contempo si stende, calpestandoli, professionalità, qualità di cura e assistenza e diritti di opera sul campo, nei pronto soccorso, nei reparti di degenza e negli ambulatori territoriali.

E allora di cosa cianciano queste penne di corte? La malasanità la si produce rendendo il lavoro dei professionisti della salute sempre più difficile, favorendo l’indistinta, fatua e costosa managerialità e disperdendo le più importanti e fondamentali ricchezze intellettuali e operative che ogni singolo professionista è in grado di offrire se messo nelle migliori condizioni di lavorare.

E loro, i gestori politici, cosa fanno? Sbriciolano l’operativa di uomini e donne con logiche incomprensibili, e quando questi e queste hanno l’ardire di rendere pubblico il loro disagio, e tentano una motivata discolpa sui danni prodotti ai cittadini, vengono derisi o messi alla gogna se coinvolgono l’opinione pubblica mentre nella realtà quotidiana del lavoro nelle strutture sanitarie si usano provvedimenti disciplinari, mobbing lavorativo e isolamento nell’equipe di appartenenza.

A questa ideologia interessa se cresce il numero dei cittadini che comprano direttamente di tasca propria sul mercato prestazioni private altrimenti definite out of pocket. Ma cresce anche il numero di persone che non si possono permettere né la mutua, né l’assistenza privata e purtroppo (se pensiamo ai ticket) neanche quella pubblica mentre la sanità pubblica tra eccellenze e miserabilità perde colpi falcidiata dai tagli lineari, sempre più diseguale, deludendo suo malgrado le aspettative sociali delle persone.

L’ esempio lampante, e di più facile comunicazione, è il “co-payement” , il ticket per intenderci, quella partecipazione alla spesa che è diventata sempre più pesante per milioni di italiani – i dati parlano di oltre undici milioni di italiani che rinunciano alla continuità di cura e addirittura all’inizio cura -. una spesa insostenibile che, comunque, pagheremo sempre di più, in termini di fiscalità generale regalata al privato che fa bella figura, e consenso, perchè, si dice, ha ticket più bassi e liste d’attesa accettabili.

Al tempo della pubblicazione di questi dati sulla rinuncia alle cure pubbliche è sorto il dubbio che anche questi numeri fossero ingigantiti per dimostrate la negazione del pubblico e la bontà del privato. Dubbi supportati anche dall’esimio epidemiologo Giuseppe Costa.

Con la esternalizzazione dei servizi e di buona parte degli organici, prima ammnistrativi e tecnici e poi sanitari,vengono create le condizioni per cui un servizio sanitario pubblico, qualunque esso sia, si dissolve e questo servizio viene “appaltato” a privati esterni. Perportare alla dissoluzione di un servizio sanitario è sufficiente che questo sia messo nelle condizioni di non lavorare decentemente attraverso una più o meno rapida destrutturazione. La stessa formazione e l’aggiornamento vengono affidati al privato.

La certificazione definitiva dell’abbandono del governo reale, da parte dello Stato, della sanità, avrà la firma legislativa se ci sarà la prevista “Autonomia differenziata” delle Regioni che trasversalmente i grossi Partiti sostengono, per consentire ai loro“ Governatori” di banchettare con i nostri soldi, ricordiamo che l’ottanta per cento delle finanze locali sono nella voce “sanità” e rendere definitiva la sececessione del nord dal resto d’Italia abbandonato alla sopravvivenza.

Privatizzazione in itinere, ma in forma indiretta, strisciante, sotterranea, è questa la scelta di assessori e direttori generali delle aziende. I nuovi alfieri della modernità che debilitano il lavoro dipendente nel servizio sanitario, con i
blocchi delle assunzioni e il ricorso a lavoratori che considerano solo dei tappabuchi, dovrebbero sapere, per ruolo, competenze e stipendio, che nessuno è in grado di gestire la sanità come un’azienda privata nella quale i profitti devono superare i costi, a meno di speculare sulla vita e sulla morte delle persone. E nei loro luoghi è superfluo parlare di appropriatezza, professionalità e continuità di cura.

Una squallida mistificazione per caricare sulla famiglia il peso di grossa parte della assistenza, facendo cadere,in particolare sulle famiglie povere, edi nuovo impoverimento causa le politiche di austerità ormai quarantennali, l’impatto del carico socioeconomico della forzata compartecipazione alla spesa sanitaria-assistenziale.

E che dire oggi, in piena pandemia,delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà e si rivolgono a strutture come mense e dormitori pubblici perché non hanno i mezzi per acquistare i dispositivi di protezione, con più difficoltà rispettano le misure di distanziamento e di precauzione previste e non vengono sottoposte ai tamponi o ai test rapidi, finendo in sostanza per non curarsi o per rivolgersi in ritardo ai servizi sanitari e rischiando di diventare veicolo di infezione.

Si parla di green pass e di terza dose del vaccino ma senza parlare – guarda caso – dello stato di salute del Servizio sanitario nazionale, questo perchè non si vuole un rilancio della spesa sanitaria pubblica, affermazione inconfutabile secondo le stesse spese previste dal 2022 al 2024 dai documenti del governo. Ne consegue che non si opereranno aasunzioni di medici e infermieri e delle altre professioni sanitarie, previsione confermata dal permanere dei vincoli che limitano le assunzioni a tempo indeterminato.

Stiamo assistendo alla ricostruzione di una “nuova” ideologia che somiglia molto, al netto delle terminologie moderniste, a quella delle società europee dell’ottocento atta a pla-smare una forma di popolo pagante, ignorante e felicemente silente sulla propria vita.

Questa “nuova” ideologia, per poter vincere e trasformare le persone in sudditi, deve mistificare la realtà, deve condizionare la massa, convincerla che pur non avendo gli stessi privilegi di chi sta “in alto”, nella scala sociale, né avendo tutela dei propri diritti, sia convinta di essere in una situazione di benessere.

Per raggiungere questo scopo una delle armi è l’utilizzo di una martellante propaganda che teorizzi l’ignoranza come chiave della felicità, la diffidenza verso il più povero come causa del nostro disagio, basti come esempio all’idea sempre più preponderante dell’immigrato che porta via il lavoro. Anche la ribellione viene concepita come controproducente, sia per la paura della reazione repressiva del potere, sia perché la prospettiva di un futuro che dipenda da noi stessi, la lotta per il cambiamento, vengono dipinte come chimere, come prospettive illusorie e dunque fonte di delusione.

Il condizionamento passa attraverso una strisciante propaganda che incita le persone all’esercizio dell’egoismo, del cinismo, dell’avidità, dell’indifferenza e della mancanza di empatia, rivolte soprattutto neiconfronti di chi sta peggio. E chi non vuole entrare nel gregge deve vedersela non solo con chi sta troppo bene e vuole tenersi stretti i propri privilegi, ma anche con le schiere di propri simili, arruolati come soldati di ventura, che si prestano come mazzieri dei critici e dei ribelli.

Assistiamo così, quasi silenti, al bombardamento di continue ristrutturazioni (vedi accorpamenti e fusioni delle asl) che hanno come principale effetto (o fine?) quello direndere perennemente instabile, quindi inefficiente e anche pericoloso, il sistema pubblico, mentre il sistema sanitario privato, assiste interessato e sempre più organizzato grazie alla disponibilità dei finanziamenti pubblici.

Allora che fare per non farci plasmare come zombi e adattarci a una vita di assuefazione alla morte lenta o alla morte violenta per mancanza di sicurezza, o al suicidio per disperazione,o alla malattia indotta dalle pessime condizioni di vita quotidiana? Le opzioni sono molte.

Arrabbiarsi è liberatorio quando su-biamo un torto, sta a noi incanalare l’energia provando a sovvertire la situazione, contro il mortale stato di cose presenti, è sbagliato rifiutare la rabbia scegliendo apatia e lamento.
Avere un senso critico per infrangere le regole imposte dal mal costume politico imperante è vitale. I dogmi di chi detiene il potere comunicativo, radicati da quarant’anni di commercializzazione delsapere, saranno sempre più persuasivi se non lottiamo per metterli in discussione.

Qualcuno si è accorto che è diventata un’optional la capacità comune di leggere secondo logica la realtà quotidiana? Ovvero, pare scomparsa, nel trottorellare di questi anni, la voglia di immaginare percorsi comuni e siamo portati a mutuare la contrapposizione, la faziosità individualista dei comunicatori privilegiati che si sono imposti in questi vent’anni di potere politico e mediatico e che hanno depredato ogni materia prima come ogni capacità critica del nostro pensiero.

Di fatto ci hanno rubato l’autonomia di movimento e di pensiero, che non fosse il loro. Crediamo di essere eruditi su ogni cosa accendendo il computer o collegandoci a internet tramite il cellullare e ci sembra di sapere tutto ma siamo all’oscuro dagli effetti collaterali preoccupanti, non solo su alcuni preoccupanti aspetti di salute ma per la stessa mente. E crediamo di nutrire, abbuffandoci addirittura, il nostro intelletto di nozionismo internettiano a costo zero cancellando con tanti clic lo sforzo di accumulare, accorciando i tempi dovuti, cultura nei luoghi della frequentazione amicale e sociale.

E crediamo di arrivare, accorciando drasticamente i tempo dovuti, a tutto il sapere subito. Non è che stiamo facendo danni alle nostre menti e ai nostri comportamenti, oltre che alle nostre articolazioni obbligate a una dannosa postura? Senza un bagaglio critico, da aprire contemporaneamente allo strumento tecnologico, dovrebbe intervenire automaticamente una riflessione di autodifesa del nostro cervello che ci dovrebbe chiedere: vuoi essere o non essere una soggettività pensante?

L’infodemia che ci hanno scaricato addosso ha fatto solo danni perché dopoun primo momento di sensibilità dimassa ha preso il sopravvento una lettura del covid che ne ha nascosto lecause silenziando le responsabilità, conil risultato che siamo in una condizione peggiore per quanto riguarda la difesadella sanità pubblica.

A oggi la battaglia l’hanno vinta i cecchini dei poteri, sempre più dominanti, che scorrazzano seminando sfiducia e mistificazioni anche dove le fondamenta del SSN reggono ancora bene, raggiungendo l’obiettivo dell’aumento, senza soluzione di continuità, del divario nella copertura sanitaria tra nord e sud; inquinando la legge 833 con il modello del federalismo regionale che stuprato il SSN creando molte disparità e discriminazioni riguardo l’accesso alle cure tra le Regioni, con conseguente aumento della mortalità nelle regioni meridionali, e nei quartieri poveri delle grandi città anche al nord.

Con questo stato di cose stiamo tornando alla situazione pre-833, in cui le fasce popolari, erano esclusi di fatto dalla prevenzione, cura e assistenza. Un percorso che dimostra quale penetrazione ha avuto il lavorio ai fianchi del sistema pubblico che ha visto negli ultimi due decenni il definanziamento del settore sanitario pubblico (con il blocco delle assunzioni e degli investimenti) e sulla promozione del “secondo pilastro” assicurativo privato. Un lavorio che prevede interminabili tempi di attesa (conseguenza della scarsità dell’offerta pubblica) e di ticket particolarmente esosi con l’obiettivo di indurre i cittadini verso il settore privato a pagamento, e non importa ai cecchini, travestiti da giornalisti e spesso anche medici pubblici, che le fasce più deboli della popolazione sono costrette a dar fondo ai pochi risparmi salvati dalla crisi di questo decennio o indebitarsi o a rinunciare alle prestazioni. Non importa loro che gli strati popolari siano portati a perire anzitempo causa privazioni, viene ormai affermato spudoratamente e la gestione criminale della pandemia l’ha praticato.

Ora non hanno più bisogno di fare campagne “contro la malasanità”? Non hanno ancora terminato il loro sporco lavoro, ci sono grosse sacche di resistenza di medici e infermieri e i cittadini hanno finalmente percepito la puzza dell’acqua in cui nuotano i pescecani della sanità privata, con il salvagente governativo.

Franco Cilenti

Editoriale pubblicato sul numero di ottobre del mensile Lavoro e Salute

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