Le balle che ci formano come sudditi

SIMBOLO ELEZIONI EUROPEE19

Con giornali e TV, che da strumenti di informazione si sono trasformati in mezzi di comunicazione di interessi, possiamo ancora ritenere che la libertà di stampa sia sacra se proprio chi se ne occupa persegue l’obiettivo di deformare la realtà dei crudi fatti? In verità la grande editoria finge di difendere la libertà di stampa per ottimizzare un disegno di omissione.

Le balle che ci raccontano tv e giornali ci disegnano sprazzi di vita di un’Italia, di un’Europa, di un mondo, inesistente. La comunicazione televisiva e cartacea ci forma, plasmandoci in individui solitari che camminano dentro una massa, ipocritamente declinata come “popolo” solo se e quando vanno nella direzione indicata da questi altoparlanti di chi oggi comanda.

In questo contesto sociale e politico non è prevista, quindi non considerata come lecita e neutrale, la direzione ostinata e contraria di chicchessia, è solo sopportata la critica compiacente di chi vive nel cortile dell’impero.

Chi ha l’ardire di scegliere il ruolo di pecora nera viene isolato, emarginato dalla comunità “democratica”; e se proprio insiste con parole e azioni, tipo protestare contro i licenziamenti, gli sfratti, le morti sul lavoro, è messo al bando, emarginato o considerato matto (se non di indole terroristica).

Avolte tv e giornali si lasciano anche andare a sentimenti di pietà se la pecora nera si suicida perché disoccupato o sfrattato e allora assistiamo a lacrimevoli servizi e trasmissioni del dolore spettacolarizzato

Chi è fuori dalla famiglia perbenista, sceglie razionalmente di far parte della società degli esclusi e, quindi, odia i mass media che raccontano balle, o sbircia una vita diversa attraverso lo schermo al plasma (che coincidenza, videotecnologia atta a plasmare!) accontentandosi di fare da spettatore abulico oltre che sperare di farne parte con la sognata vincita in qualche gioco da dipendenza, con relative malattie patologiche quali laludopatia, la dipendenza simil-tossicologica ecc.?

Per ottimizzare il progetto di plasmare la società di “chi ci sta” non basta solo modificare la realtà della vita realmente vissuta dal “popolo”, serve anche costruire tanti modelli da amare, come in una passerella di moda, ed ecco allora la costruzione degli eroi mediatici ai quali affidarsi come messaggeri “neutrali” e ai quali tentare di somigliare per chi vuole una società più meno ingiusta.

Con questi eroi che incarnano il bene e il gossip, è nato un marketing “democratico” con il quale tv e giornali creano fumogeni sulla vita reale e si vantano di “una libertà di stampa” che esalta i suoi eroi mediatici e dimentica chi ha nelle mani il potere di decidere che cosa è sotto i riflettori e che cosa non lo è. La libertà di rendere opaca la nostra di libertà, visto che dal dibattito sparisce sempre un elemento chiave: pochi imprenditori, e non certo editori, possiedono l’informazione.

Come rifiutare lo spaccio di questa comunicazione assordante e petulante, “una bugia ripetuta più volte in tv e sui giornali diventa verità”, e non subirne gli effetti collaterali devastanti della propria soggettività di cittadini?

Una delle bugie che va per la maggiore, e sulla quale insistono i grandi mezzi di comunicazione, riguarda il lavoro. Facciamo un esempio: sul Corriere della Sera è apparso, poco tempo fa, un articolo di Ferruccio De Bortoli titolato: “Il lavoro c’è, ma ci interessa?”, ma che in parole povere, sentenziava che se sei disoccupato la colpa è tua. Quindi, a suo parere il lavoro non manca, sono i giovani che lo rifiuterebbero e i lavoratori occupati che non hanno voglia di lavorare e l’alta disoccupazione, sarebbe dovuta proprio ai lavoratori , anche se non qualificati, che per pigrizia e disinteresse non accetterebbero le migliaia di offerte di lavoro disponibili.

Ovvia è stata la conclusione, con conseguente proposta implicita, di questa anacronistica teoria: abbassare (ancora) i salari e dirottare la spesa pubblica a vantaggio delle imprese. Ancora una volta, abbassare il costo del lavoro, spostandone l’onere in parte sulle spalle dello Stato, in parte sulle spalle dei lavoratori. Ad uscirne avvantaggiati devono essere solo ed esclusivamente i padroni e i loro profitti , questo è un esempio lampante di come i mezzi di comunicazione, una volta di informazione, si prendano gioco di tutti noi , per farci accettare la loro versione sui veri e propri crimini sociali che politici.

Scegliamo di camminare eretti, per guardare e affrontare a testa alta la realtà.

Franco Cilenti

Editoriale dell’inserto CULTURA/E del numero di marzo del periodico cartaceo Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

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