Le categorie delle dichiarazioni politiche
Sono ormai alcuni anni che seguo, con particolare interesse, la lodevole iniziativa de “Lavoce.info” che – attraverso la rubrica fact-checking – ha l’obiettivo di “passare al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso”.
Naturalmente, considerata la platea di ascolto, spesso si tratta, in sostanza, di un compito affatto gravoso; pari solo a quello della scoperta “dell’acqua calda”!
Le dichiarazioni, comunque, vengono valutate secondo il loro grado di accuratezza e rientrano in quattro categorie: vere, parzialmente vere, parzialmente false e false.
L’ultimo politico finito sotto esame – appena qualche mese fa – è stato Luigi Di Maio.
Furono vagliate dichiarazioni attraverso le quali contestava a Matteo Renzi il famigerato provvedimento degli 80 €. In estrema sintesi, lo accusava di aver ideato uno strumento molto selettivo, escludendone i lavoratori più deboli e ritirandolo, dopo un anno, a circa un milione di soggetti.
Ebbene, dopo aver approfondito i contenuti delle norme incriminate e le specifiche accuse, il verdetto degli esperti de Lavoce fu che le affermazioni del giovane dirigente cinque/stellato, pur suffragate dalla parzialità e dalle numerose carenze della legge, risultavano, però, parzialmente false.
Peggiore sorte – e, considerata la “statura” del soggetto, non poteva essere altrimenti -era già toccata a Matteo Salvini, quando, in un’intervista del 22 gennaio, abbandonatosi a uno dei suoi soliti sproloqui, con il ricorrente (superficiale, allarmante e pericoloso) richiamo alla sicurezza nazionale – se non, addirittura, alla salvaguardia della “razza” – aveva denunciato un esodo esponenziale di extracomunitari verso il nostro Paese e la spaventevole cifra di 200 mila migranti ospitati nelle strutture alberghiere italiane.
Infatti, le affermazioni del Segretario della Lega furono, con assoluta certezza, ritenute false.
Così come false furono considerate anche le affermazioni (televisive) di Pietro Grasso quando, a metà gennaio – rispetto alla delicata questione dell’obbligatorietà delle vaccinazioni – sostenne che in Veneto l’azione svolta dall’informazione aveva consentito di cogliere gli stessi risultati dell’obbligatorietà.
Naturalmente, il clima elettorale rappresenta un po’ la vera e propri apoteosi di quello che può essere, a giusta ragione, considerato;” Il festival delle “balle” o delle “bufale” (oggi si direbbero fake news)!”
In questo senso, il primatista assoluto continua ad essere Silvio Berlusconi; soprattutto quando il motivo del contendere sono le famose “tasse”.
Infatti, anche nel corso di un colloquio con un famoso conduttore di Canale 5, realizzato nello scorso mese di novembre, l’ex Premier – noto barzellettiere ed evasore fiscale condannato in via definitiva – aveva sostenuto di:” Non aver mai messo le mani nelle tasche degl’italiani”; nel senso di non aver mai proceduto, tutte le volte che era stato al governo, a un aumento del livello di tassazione.
La realtà, però, è un’altra! Al riguardo, la sentenza degli osservatori de Lavoce.info è impietosa!
“Se l’attività di governo del centro destra”, recita il verdetto, “sembra effettivamente aver contenuto l’aumento delle imposte e delle tasse, nel 2011 l’esecutivo guidato da Berlusconi ha introdotto forti aumenti di tassazione. Per di più, scaricandone gran parte sugli anni – e sui governi – successivi. Nonostante l’ex cavaliere faccia di tutto per cancellarlo del ricordo comune, è dunque falso che i suoi governi non abbiano mai alzato il livello di imposte e tasse”.
In questi giorni di campagna elettorale 2018, è il turno – da parte di Berlusconi e del suo degno compare Salvini – della c.d. “Flat tax”; cioè della tassazione dei redditi con un’unica aliquota.
Anche in questo caso, a parere di chi scrive, siamo oltre le cose vere e/o false; si tratta, molto più semplicemente, di un’altra – improponibile e inaccettabile – proposta.
In estrema sintesi: entrambe le proposte (Forza Italia e Lega) scaverebbero un profondo “buco” nelle finanze del Paese – pur tenendo conto di un ottimistico recupero totale(sic) dell’evasione – e produrrebbero un unico (comune e scandaloso) effetto: le classi di reddito più elevato beneficerebbero del risparmio di imposta in misura di gran lunga maggiore rispetto alle altre!
Per il rispetto della “per condicio” c’è, però, da rilevare che, colui che non ha mai nascosto di essere intervenuto in soccorso della giovane (minorenne) e attraente Ruby – la sedicente nipote di Mubarack – non è il solo a propinarci barzellette e, soprattutto, tentare di circuirci con banalissime promesse “da marinaio”.
Il buon Matteo Renzi, infatti, gli insidia, spavaldamente, il titolo di “racconta/balle”.
È tale, ad esempio, quella relativa all’ipotesi di istituire, anche nel nostro Paese, un salario minimo legale pari ad almeno 9 o 10 euro l’ora.
Si tratta, a mio avviso, di un’enorme presa in giro degli elettori; per almeno due motivi.
Il primo, perché un salario minimo legale pari a quello “sparato” dal giovane ex Premier sarebbe di gran lunga superiore ai “minimi contrattuali” della stragrande maggioranza dei Ccnl vigenti e, quindi, in aperta contraddizione con i motivi che inducono, gran parte dei suoi sostenitori, a proporne l’utilizzo (contribuirebbe, a loro – discutibilissimo – parere, all’emersione del c. d. “lavoro nero”).
Il secondo motivo, è ancora più eclatante.
Infatti, è opportuno evidenziare che i 9 o 10 euro italiani rappresenterebbero un valore tra i più alti d’Europa; quasi al livello del Lussemburgo (oltre 11 euro).
In sostanza, a dare ascolto alle “sirene” di Renzi, una sua vittoria alle prossime elezioni politiche garantirebbe ai lavoratori italiani – attualmente i meno pagati, in assoluto, rispetto alle nazioni europee più avanzate, nonostante il maggior numero di ore annue lavorate – un salario minimo legale superiore ai 1.500 euro mensili.
Ma ci faccia il piacere…!
Non contento, appena qualche giorno fa, Renzi ne ha sparate ancora un paio; di altrettanta, difficile, realizzazione.
L’una è quella che prevede una detrazione Irpef mensile di ben 240 euro mensili per i figli a carico fino a 18 anni – complessivi (nel caso di più figli) o per ciascun figlio, non è dato sapere – e di 80 euro per quelli fino a 26; anche qui, la stessa domanda: gli 80 euro sono da intendersi complessivi o per ciascun figlio già maggiorenne, ma inferiore ai 26 anni di età?
In pratica: in un nucleo familiare con quattro figli, dei quali due di età inferiore ai 18 anni e due inferiore ai 26, la detrazione mensile a favore del capo/famiglia sarebbe complessivamente pari a 320 € (240 + 80) o, addirittura, a ben 640 € (240×2 + 80×2)?
Saremmo, comunque, nel caso dell’ipotesi minimale, di fronte a un onere annuo di almeno una decina di miliardi per le anemiche casse dello Stato italiano.
Tra l’altro, con la proposta di applicare tale riforma – indistintamente – ai redditi fino ai 100 mila euro l’anno, il buon Renzi si associa a Berlusconi (e al suo degno compare della Lega) nel superare ogni remora civile e morale nei confronti dei meno abbienti.
Infatti, una detrazione unica – uguale per tutti i redditi, fino alla cifra indicata – rappresenterebbe, al pari della flat tax, la negazione di un elementare principio: la progressività delle imposte sul reddito (elemento costitutivo di ogni democrazia che si rispetti).
Non solo questo.
Renzi, inoltre, in un eccesso di generosità (pre/elettorale, s’intende) – rispetto alla quale tutto viene detto e promesso, senza badare a spese – propone anche “Uno strumento triennale di 400 euro al mese per ogni figlio fino ai 3 anni, per nido o baby sitter”.
Quindi, ricapitolando, in una famiglia numerosa, costituita da quattro figli in giovane età (di cui uno con meno di 3 anni e gli altri con meno di 18), in caso di vittoria di Renzi, si realizzerebbe uno scenario secondo il quale il capo/famiglia avrebbe titolo a una detrazione mensile complessivamente pari ad almeno 640 euro (400 + 240); salvo la migliore ipotesi pari a 1.120 euro (400 + 240×3)?
Stando così le cose, non vorrei essere al posto di Matteo Salvini.
Il capo della Lega, infatti, avrebbe, in caso di vittoria elettorale di Renzi, un ulteriore motivo di rammarico e preoccupazione.
Al consueto compito di fronteggiare centinaia di migliaia di extracomunitari, pronti ad approdare sulle spiagge italiane, dovrebbe aggiungere l’arduo e impavido tentativo di arginare un secondo esodo biblico; i milioni di cittadini dell’UE che – da Ventimiglia al Brennero, come da Gorizia a Trieste – tenterebbero di forzare le nostre frontiere per condividere, insieme ai gaudenti cittadini e lavoratori italiani, l’inedito welfare del Pd renziano!
Renato Fioretti
Esperto Diritti del Lavoro
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
6/2/2018
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