Secondo il dossier Gender Equality fra politica imprese e lavoro di Openpolis la questione di genere rimane un dibattito apertissimo. E non solo in Europa. La notizia è rimbalzata anche dopo i sermoni da parte di donne di potere come Christine Lagarde, Hilary Clinton e Patricia Arquette. E’ dunque una questione risolvibile con le quote rosa?
Prendiamo il caso Italia. È il 13esimo paese per presenza di donne in Parlamento ed il quinto per percentuale di donne ministro.Sui 93mila incarichi politici in Italia poco più del 21 per cento è ricoperto da donne. E ad eccezione della Presidenza della Camera dei Deputati si evidenzia come raramente una donna guidi un’amministrazione o sia a capo di un organo monocratico di una Regione (10 per cento), di una Provincia (10 per cento) o di un Comune (13 per cento).
Ma i numeri da soli non dicono nulla se non li si calano dentro una cornice e un contesto. Quelle percentuali di donne al potere ( grandi o piccoli che siano) cosa hanno qualitativamente apportato di diverso rispetto alla politica dei maschi? In cosa si sono differenziate, dov’è il loro valore aggiunto dato alla gestione del potere?
Prendiamo il caso delle due cariche istituzionali secondo solo al presidente della Repubblica. Vedi caso un uomo ( Grasso) ed una donna( Boldrini) Cariche queste che per statuto e per Costituzione dovrebbero essere super partes, imparziali rispetto al potere costituito ( per quanto l’oggettività possa essere un dato umano) Qualcuno può, in tutta serenità ed onestà politica ed intellettuale, dire in cosa si sono differenziati? Qual’è stato il valore aggiunto che la donna ha dato rispetto al maschio? Anzi non vi è stata più uniformità e comunione d’intenti nel soffocare il dibattito e la discussione e lo svolgimento del ruolo del Parlamento, anche a costo di utilizzare strumenti e mezzi al limite e in alcuni casi fuori dalla legalità e dalla legittimità normativa e costituzionale. Entrambe le figure e i ruoli appiattite anzi sdraiate di fronte al potere esecutivo.
E prendiamo le donne nel governo, alla guida di ministeri che per tradizioni e per ruoli sono stati da sempre appannaggio dei maschi.. Ad esempio il ministero della guerra. Una donna avrebbe dovuto portare quello che l’iconografia mediatica identifica col ruolo ( maschilista, dico io) della donna. La gentilezza, la sorellanza, la pacificazione, la riconciliazione, la mediazione. Si può dire che la Pinotti sia stata la prima fra i ministri della guerra europei a dichiararsi pronta ad inviare 5.000 militari( smentita da Renzi perché si era sbilanciata troppo. Aveva preso troppo sul serio il suo ruolo guerrafondaia) ed siamo il primo paese ad aver già inviato uomini e navi a combattere la guerra contro i nemici dell’ISIS. In questo in cosa si differenzia rispetto ai suoi precedessori maschi italiani e non?
Ma prendiamo anche un altro ruolo anch’esso ricoperto da una donna. La segretaria del maggior sindacato italiano, con una storia ed una tradizione a favore della difesa e delle lotte a difesa dei lavoratori. La Camusso e la CGIL. Anche qua si può trovare uno che sia anche una inezia di differenziazione non dico dal sindacalismo ormai giallo della UIL.CISL e non parliamo della UGL ( a proposito anche questi( alcuni) guidati da donne o guidate nel passato da donne) , ma dalla politica in generale fatta dagli uomini, negli ultimi lustri? Dov’è il valore aggiunto, quel quid, quella differenziazione per cui dovremmo dire meglio donne che maschi?
E allora non è che l’iconografia dell femminismo al potere si riduce alla fine alla sola differenziazione biologica e somatica? Come a dire che meglio bruni che biondi meglio alti che bassi, meglio gay che eterosessuali, meglio giovani che anziani, meglio belli che brutti? Perché si può essere reazionari e illiberali, antidemocratici o fascisti indipendentemente dal colore della pelle o dagli organi sessuali e che si raggiunge il potere solo se si è vicini nei fatti parole ed opere, ideologicamente con il potere.
E le quote rosa valgono solo all’interno di questa cornice!
7/3/2015 vecchia-talpa.blogspot.i
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