Le emigrazioni degli italiani nell’ultimo decennio
Per quanto il saldo migratorio con l’estero abbia subito un netto calo negli anni della crisi (tra il 2008 e il 2016 è sceso da 432.723 a 143.758 unità), l’Italia continua ad essere un paese di immigrazione. Se però si enuclea la componente italiana, si osserva che a partire dal 2008 il numero delle “partenze” supera costantemente quello dei trasferimenti di residenza dall’estero. Il saldo migratorio, per l’appunto negativo, tra il 2008 e il 2016 passa da 7.418 a 76.618 unità. Sono complessivamente 623.885 gli italiani che nei nove anni considerati hanno deciso di emigrare.
Tale flusso in uscita non è sicuramente comparabile con quelli della nostra lunga storia emigratoria (circa 26 milioni di espatri tra il 1876 e il 1976) e si può solo convenire sull’opportunità di monitorare con attenzione l’evoluzione del trend in atto.. Si deve inoltre sottolineare che al flusso migratorio verso l’estero hanno contribuito “nuovi italiani”, cittadini stranieri che – dopo un percorso di vita nel nostro paese e dopo aver acquisito la cittadinanza- si sono poi trasferiti all’estero. Non si dispone di dati precisi per tutto il periodo preso in esame, ma sulla base di stime che hanno riguardato gli anni a noi più vicini, si può affermare che il loro apporto alla crescita del flusso emigratorio considerato, è stato di una qualche consistenza.
Da dove provengono e dove vanno gli emigranti
Per quanto concerne le aree italiane di provenienza dei migranti che compongono il contingente osservato, si rileva che più della metà provengono dall’Italia settentrionale con la Lombardia, la regione più popolosa della penisola, che da sola alimenta per circa un quinto la corrente emigratoria. Seguono le regioni del Mezzogiorno dalle quali è partito quasi il 31 per cento delle persone che si sono trasferite all’estero fra il 2008 e il 2016. Più modesto il contributo (17,7 per cento) fornito dalle regioni dell’Italia centrale.
In merito alla distribuzione delle partenze secondo il paese estero di destinazione, va osservato che sono i paesi europei (in primis il Regno Unito) ad attrarre principalmente i nostri emigranti. Interessante risulta per certi versi il dato, numericamente non elevato, di quanti si sono stabiliti negli Emirati Arabi Uniti: nel periodo preso in esame si tratta di 6.672 italiani, partiti per circa un quinto dalla Capitale. Grazie alle risorse derivanti dalle attività petrolifere, vi è stato in questo paese un forte sviluppo economico che ha generato una massiccia immigrazione di lavoratori provenienti da tutta l’area mediorientale e da vari paesi asiatici, inizialmente impiegati soprattutto nell’attività edilizia che ha cambiato il volto di Abū Dhābi e Dubai. Cresciute con moderni quartieri direzionali e residenziali, dotati di ampi servizi commerciali, queste città attraggono oggi anche molti turisti. L’espansione economica ha determinato la necessità di nuove figure professionali e questo ha favorito, in epoca recente, la comparsa di sbocchi lavorativi pure per i nostri migranti.
L’eredità delle emigrazioni del passato su quelle odierne
Un buon numero di quanti si sono trasferiti all’estero (36.936 per la precisione) ha raggiunto il Brasile o l’Argentina, mete che al momento non sembrano garantire particolari aspettative. In questi paesi vi sono però numerose persone di origine italiana che desiderano oggi acquisire la cittadinanza italiana (tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento i due paesi hanno accolto più di 5 milioni di nostri connazionali). È legittimo perciò ipotizzare che negli ultimi anni si sia formata una particolare categoria di “nuovi italiani”. È previsto infatti che le persone interessate debbano presentare la loro istanza alle nostre sedi consolari se risiedono all’estero o al Comune italiano nel quale eventualmente risiedono. Poiché i tempi di attesa sono nel primo caso particolarmente lunghi, numerosi brasiliani e argentini preferiscono venire nel nostro paese e nel giro di poche settimane riescono ad ottenere il riconoscimento dell’agognata cittadinanza italiana per poi tornarsene a casa. Devono preliminarmente, secondo quanto previsto da una circolare del Ministero dell’Interno, iscriversi in anagrafe. Viene in altri termini rilevata statisticamente l’immigrazione di uno straniero in Italia e dopo poco tempo il trasferimento di un “nuovo italiano” all’estero!
Le caratteristiche degli emigranti
Nella suddivisione per sesso, si appalesa una prevalenza della componente maschile (57,1 per cento). Quanto alla ripartizione per classi di età, va segnalato che: a) ci sono 44.241 bambini con meno di 6 anni il che sembra suggerire l’espatrio di interi nuclei familiari; b) nella classe “18-39” anni si concentra il 51,4 per cento del totale; c) sono numerosi i migranti appartenenti alla classe di età “65 e più” e ciò si spiega principalmente con il crescente numero di pensionati che si sono stabiliti in paesi nei quali, beneficiando di un più limitato prelievo fiscale e di un più favorevole costo della vita, riescono a vivere in condizioni di minor disagio.
Con riferimento alla classificazione del contingente considerato sulla base del titolo di studio posseduto, il dato saliente è quello dei migranti in possesso di una laurea (22,8 per cento). Si pensi che al censimento demografico del 2011, la percentuale dei laureati superava di poco il 10 per cento. Il migrante di oggi non ha più ovviamente le sembianze di quanti hanno lasciato il nostro paese nel corso dell’Ottocento, poveri braccianti, per lo più analfabeti, assiepati con il loro misero bagaglio a bordo delle famose carrette del mare sulle quali attraversavano l’oceano. Si è ad esempio molto parlato dei tanti medici e infermieri che si sono trasferiti negli ultimi anni all’estero alla ricerca di sbocchi lavorativi che in Italia non trovavano.
Antonio Cortese
20/4/2018 www.neodemos.info
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