Le mamme No Pfas del Veneto non si fermano
I composti Pfas sono le sostanze chimiche che mezzo Veneto si è ritrovato nel sangue per aver bevuto l’acqua del rubinetto di casa e per aver consumato prodotti alimentari a km zero.
Sono l’inquinante perfetto: una numerosissima famiglia di sostanze chimiche che si trovano pressoché ovunque, disperse in aria, acqua e terreni, in una certa piccola o grande quantità, che assumiamo inconsapevolmente e si depositano nei nostri organi e tessuti. Non hanno colore, non hanno odore, e sicuramente ci hanno reso la vita più semplice grazie alle loro proprietà idrorepellenti. Peccato che contemporaneamente abbiano gravemente avvelenato noi e il nostro ambiente. E le conseguenze si faranno sentire per il resto della nostra vita, perché sono praticamente indistruttibili.
Tutti quanti noi (e nel Veneto siamo parecchi) che siamo stati contaminati da queste sostanze Pfas, non siamo diversi in nulla dalle altre persone, tranne che per il fatto di avere in corpo una certa (variabile) quantità di veleni. Il che ci rende una popolazione generalmente più a rischio di ammalarsi, rispetto alle popolazioni meno esposte.
Nel 2017, in seguito agli esiti delle prime analisi del sangue, abbiamo iniziato un passaparola tramite Whatsapp che ci ha portato a diventare un movimento ambientalista spontaneo molto numeroso, anche perché nella lotta contro i Pfas ci affianchiamo ad altre associazioni che si occupano di salute e di ambiente da molto più tempo di noi, facendo rete: da Greenpeace a Legambiente, ma anche ISDE e CILSA, Medicina Democratica, Pfasland, e altre.
Ci coordiniamo tra noi utilizzando Whatsapp, e abbiamo creato dei gruppi di lavoro tematici per affrontare i vari aspetti del problema: dagli alimenti contaminati, alle varie fasi del processo penale; dalla proposta di legge per azzerare la presenza di Pfas nell’ambiente, agli studi e ricerche sul tema che vengono pubblicati; dai problemi relativi alla complessa bonifica del sito Miteni (azienda responsabile della contaminazione, oggi fallita ma in effetti svenduta al miglior offerente in India), ai contatti con giornalisti, ai servizi fotografici, sito web, pagina facebook, e quant’altro serva a portare avanti la nostra battaglia.
A dicembre 2021 abbiamo ricevuto la visita del commissario dell’Onu Marcos A. Orellana, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le implicazioni sui diritti umani della gestione e dello smaltimento ecologicamente corretti di sostanze e rifiuti pericolosi. Lo abbiamo accompagnato nei luoghi simbolo dell’Area Rossa del Veneto contaminata da PFAS, e ha poi trascorso con noi un intero pomeriggio raccogliendo le numerose testimonianze delle Mamme No Pfas e di tante altre associazioni.
Il 13 dicembre, a conclusione della sua visita in Italia, ha tenuto a Roma una conferenza stampa. «Sono seriamente preoccupato per l’entità dell’inquinamento da PFAS – ha dichiarato Orellana – La dimensione umana del problema ci è stata illustrata da una delle mamme incontrate durante la visita nei seguenti termini: “Immaginate cosa significa per una mamma rendersi conto di aver avvelenato i propri figli attraverso il latte materno?”…».
E ancora: «Da diversi decenni l’azienda chimica Miteni produceva Pfas a Trissino (Vicenza) e rilasciava i propri rifiuti senza controllo, inquinando le acque superficiali e sotterranee e la filiera alimentare, impattando le zone di Verona, Vicenza e Padova. Sebbene i responsabili dell’azienda sembrassero consapevoli dei rilasci di rifiuti e del conseguente inquinamento, non hanno offerto adeguate misure di protezione ai loro lavoratori, né hanno divulgato informazioni sulla gravità dell’inquinamento da Pfas».
La visita del commissario Onu dell’OHCHR (l’alto commissariato dell’Onu per i diritti umani) è stata sollecitata da una lettera scritta a più mani dalla Mamma NoPfas Michela Piccoli, da Giuseppe Ungherese di Greenpeace, e da Alberto Peruffo di PfasLand.
Dopo la visita del commissario dell’ONU abbiamo preparato una serie di osservazioni per la Commissione Ambiente del Senato. Il 22 marzo 2022 le Mamme NoPfas e Greenpeace, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Claudia Marcolungo, dottore di ricerca in diritto pubblico e già docente di diritto ambientale dell’Università di Modena, hanno presentato alla Commissione del Senato una memoria scritta in cui vengono evidenziati numerosi aspetti della proposta di legge che vorremmo fossero migliorati. Oltre a sostanziare la richiesta di limiti zero, la relazione contiene numerose osservazioni in merito alla trasparenza sulle sostanze utilizzate dalle aziende, la necessità di introdurre obblighi a carico dei produttori e degli utilizzatori (compreso l’obbligo di fornire gli standard analitici per poter individuare le sostanze prodotte e utilizzate), colmare le lacune nelle autorizzazioni ambientali e la necessità di tutelare la salute delle persone a partire dalle categorie più vulnerabili come i minori.
Per esempio, un aspetto molto critico su questo ultimo punto è a livello diagnostico: basti dire che non esiste alcun codice per prescrizione medica delle analisi Pfas! Al momento è possibile effettuare le analisi previste solo se si è residenti in Zona Rossa, oppure se lo si è stati, ed è la Regione Veneto stessa che effettua la chiamata, tramite lettera agli interessati.
«Chiediamo al Governo e al Parlamento di avere più coraggio e adottare limiti zero per la presenza di tutti i Pfas, non solo nelle acque destinate al consumo umano, ma anche negli scarichi industriali: si tratta dell’unico valore che permette di garantire il diritto a vivere in un ambiente pulito e non contaminato. L’Italia, teatro della più vasta contaminazione avvenuta in Europa, che ha colpito tre province della Regione Veneto, ha bisogno di una moratoria urgente sui Pfas, che non solo ne azzeri la presenza nelle acque reflue, ma che introduca anche il divieto di produzione e utilizzo in tutti i settori industriali. Il nostro Paese ha la possibilità di fare la storia e, con un provvedimento realmente ambizioso, anteporre i diritti di tutte le persone al profitto di pochi. È arrivato il momento di agire con urgenza e senza compromessi al ribasso».
Nel frattempo il processo Miteni va avanti: iniziato il 1° luglio scorso con il rinvio a giudizio di 15 persone tra dirigenti delle multinazionali Mitsubishi Corporation, I.C.I.G. ed ex manager della ditta Miteni di Trissino, può davvero considerarsi un Maxi Processo, dato che i due precedenti filoni di indagine sono stati riuniti. Verranno quindi trattati in un unico procedimento tutti i reati contestati, dall’avvelenamento delle acque al disastro doloso, all’inquinamento ambientale, fino alla bancarotta fraudolenta – sia per il periodo dal 2013 al 2018 che per quello precedente.
Le udienze si sono susseguite finora al ritmo serrato di circa due al mese; la più recente si è svolta il 28 aprile, con la deposizione del maresciallo Tagliaferri dei carabinieri del NOE di Treviso, che ha condotto le indagini nei confronti della Miteni. La sua deposizione è solo all’inizio (la prossima sarà il 19 maggio) ma si è già dimostrato molto preciso, illustrando l’attività svolta, comprese le perquisizioni e le acquisizioni documentali.
A tale proposito vogliamo richiamare l’attenzione su quanto riferito dall’investigatore in merito al passaggio di proprietà di Miteni, avvenuto nel 2009, da Mitsubishi ad ICIG, per l’incredibile somma di € 1,00: UN EURO!!! Ebbene, il Maresciallo Tagliaferri ha testimoniato che l’accordo di cessione escludeva espressamente qualsiasi garanzia da parte del venditore Mitsubishi in merito alle criticità ambientali dell’area Miteni. In pratica un acquisto a scatola chiusa dal punto di vista ambientale, senza garanzie, e per un euro.
Attendiamo ora le prossime udienze, sicure che ne sentiremo delle belle. Nel frattempo continuiamo a organizzare il maggior numero di eventi ed iniziative, per denunciare questa cultura imprenditoriale che mette al primo posto il profitto a scapito della nostra salute.
Per esempio qualche giorno fa, il 7/8 maggio, eravamo presenti all’evento “Click” (organizzato a Palazzo Pisani di Lonigo) con un banchetto informativo per pubblicizzare uno studio che ISDE ha promosso sulla salute riproduttiva maschile, per tutti i maschi di età compresa tra i 18 e i 35 anni che risiedono nella zona rossa.
Il 12 maggio, la nostra Michela Piccoli sarà a Venezia, in rappresentanza delle Mamme NoPfas, per salutare l’arrivo della Rainbow Warrior di Greenpeace, per ribadire una volta di più l’urgenza di Giustizia Climatica Adesso.
A fine mese sarà in visita nelle nostre inquinatissime terre un regista tedesco, che sta lavorando a un documentario sugli effetti del Pfas in varie zone del mondo … e ci stiamo preparando con le interviste e la documentazione. Per non dire degli spettacoli teatrali, dei convegni, delle tesi universitarie… insomma: questa minaccia dei Pfas è diventata per noi una battaglia molto seria, e siamo determinate a vincerla.
Per seguirci: www.mammenopfas.org
Monica Lea Paparella
11/5/2022 https://www.pressenza.com
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