Le ondate di caldo anomalo e le persone con disabilità
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Contributo di Stefano Borgato
Responsabile del sito Superando.it
Quando venne approvata nel 2006, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità non poteva ancora essere in grado di valutare le conseguenze che negli anni successivi sarebbero derivati dai cambiamenti climatici e dall’aumento progressivo delle temperature, in particolare nei mesi estivi, ma non solo.Tra il mese di giugno e quello di agosto del 2022, ad esempio, molti, se non tutti, i Paesi europei hanno sperimentato ondate di caldo da record, in un anno che alla fine è risultato – mediamente il più caldo – finora – da quando esistono le misurazioni ufficiali delle temperature.Eppure vi è un articolo della Convenzione ONU, l’undicesimo (Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie) che parla chiaro, obbligando gli Stati che hanno ratificato la Convenzione stessa «ad adottare tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le catastrofi naturali».
Ebbene, a giudicare da quanto rilevato da parte di Human Rights Watch, la nota organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, nel 2022 quell’articolo non è stato affatto rispettato, per lo meno in Spagna, e più specificamente in Andalusia, regione iberica al centro di un dettagliato caso studio, che evidenzia con chiarezza, come sottolinea Jonas M. Bull, assistente ricercatore sui diritti delle persone con disabilità di Human Rights Watch, che «il caldo estremo alimentato dal cambiamento climatico e una risposta inadeguata dei Governi causano gravi difficoltà e disagi per le persone con disabilità, con un impatto del tutto sproporzionato sia dal punto di vista fisico che psicologico, specie per chi vive da solo.
Com’è del resto ben noto, le persone con disabilità, sono quasi sempre tra le più colpite in caso di emergenza, incluse le ondate di caldo anomalo, e sono anche quelle meno in grado di accedere a supporti di tutela, a causa di una serie di fattori, dalla mancanza di inclusione nella pianificazione delle emergenze, alle comunicazioni inadeguate sulle emergenze stesse inadeguate, dai problemi di accessibilità, anche a livello di informazioni, fino all’isolamento e all’emarginazione economica». E nel caso delle ondate di caldo anomalo, aggiungiamo, anche i blackout elettrici fanno certamente la loro parte.
Ma c’è anche un altro articolo della Convenzione ONU che torna subito alla mente, leggendo quanto prodotto da Human Rights Watch, ed è il trentunesimo (Statistiche e raccolta dei dati), probabilmente uno dei meno rispettati del Trattato in ogni settore della società, il quale prescrive l’impegno, da parte degli Stati «di raccogliere i dati statistici e i risultati di ricerche che permettano loro di formulare e attuare politiche allo scopo di dare attuazione alla presente Convenzione».
E ancora, che «le informazioni raccolte devono essere disaggregate in maniera appropriata, e utilizzate per valutare l’adempimento degli obblighi contratti dagli Stati Parti alla presente Convenzione e per identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilità affrontano nell’esercizio dei propri diritti». «Gli Stati Parti – infine – devono assumersi la responsabilità della diffusione di tali statistiche e garantiscono la loro accessibilità sia alle persone con disabilità che agli altri».
Ecco, secondo Human Rights Watch, «non esistono affatto in Spagna dati su quante persone con disabilità siano decedute a causa delle temperature estreme». Infatti, «secondo il Carlos III Health Institute, la principale agenzia governativa spagnola per le statistiche sulla salute, i dati sulla mortalità legati alle temperature estreme non vengono raccolti sulla base della disabilità».
Ancora una volta, quindi, come continuamente dobbiamo registrare anche rispetto all’Italia, dati attendibili che siano disaggregati per la disabilità continuano a mancare a tutti i livelli.
Niente dati plausibili, quindi, niente azioni efficaci di prevenzione, un’equazione sin troppo facile! E pur riferendosi nello specifico all’Andalusia, ma rivolgendosi in realtà a tutti gli Stati d’Europa (e non solo), Jonas M. Bull sintetizza al meglio le conseguenze di tutto ciò, scrivendo che «le autorità andaluse dovrebbero riconoscere il caldo estremo come una minaccia fondamentale per la sua popolazione e le persone con disabilità come un gruppo più a rischio di caldo estremo. Se infatti la situazione viene gestita in modo inadeguato, come è successo durante le ondate di caldo del 2022, senza cioè sviluppare azioni specifiche per proteggere le persone con disabilità, esse continueranno a sopportare in modo sproporzionato il peso della crisi climatica».
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