Università. Lettere di referenze

Gli stereotipi di genere ostacolano la carriera delle donne in ambito accademico a partire dai processi di selezione, soprattutto in settori a forte presenza maschile come quello economico. Lo studio di tre economiste italiane su 25mila lettere di referenze

La minor presenza delle donne nei ranghi accademici di maggior rilievo è un fenomeno diffuso e persistente, soprattutto in alcuni campi di studio. 

Un recente rapporto dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) pubblicato a gennaio 2024 fa il punto sull’equilibrio di genere nel settore accademico italiano – a partire da studenti e studentesse per arrivare alle figure di vertice ci restituisce una situazione che, sebbene in miglioramento, è tuttora caratterizzata, al crescere del ruolo accademico, da un fenomeno di dispersione (leaky pipeline) che riguarda tutti i settori, compresi quelli in cui gli uomini sono sottorappresentati tra gli studenti.

Nel campo dell’economia, la letteratura ha documentato ampiamente il divario di genere nel mondo accademico.[1] 

In Europa, le donne rappresentano circa il 27% dei professori ordinari. In Italia la situazione è in linea con i dati per le università europee: la percentuale di donne tra i professori ordinari nelle scienze economico-statistiche è del 26,8%, coerente con la media complessiva del 27% per tutte le discipline. La bassa presenza di donne economiste si estende alle posizioni di leadership nel settore pubblico e privato.

Gli squilibri si manifestano già all’inizio della carriera e richiedono un’analisi degli ostacoli che le donne incontrano: la loro presenza ridotta non solo influisce negativamente sull’uguaglianza di genere nella professione, ma limita anche la ricchezza e l’ampiezza degli argomenti di studio e ricerca e delle conseguenti scelte di policy.

Il peso delle referenze 

Per fare il primo passo della carriera e, dopo il dottorato, accedere con successo al mercato del lavoro accademico internazionale, contano le lettere di referenze. 

Manca però una valutazione su larga scala per capire se il processo sia neutrale dal punto di vista del genere, sia per quanto riguarda chi fornisce le referenze (sponsor di sesso femminile e maschile sottolineano caratteristiche diverse dei e delle candidate nelle lettere di referenze che scrivono?), sia per quanto riguarda i candidati e le candidate (sono descritti/e in modo diverso?). 

In un nostro recente lavoro, abbiamo studiato se e come eventuali differenze di genere nelle lettere di referenze si traducano in percorsi di carriera diversi per i dottorandi e le dottorande.

In particolare, ci siamo concentrate sul contenuto delle lettere che i candidati ricevono dai e dalle loro supervisor quando si affacciano sul mercato del lavoro e, combinando moderni strumenti di analisi testuale (word embeddings) con spunti tratti dalla letteratura di psicologia applicata, abbiamo analizzato la presenza di stereotipi di genere impliciti nel modo in cui le persone candidate vengono descritte, valutando poi le differenze tra sponsor uomini e donne. 

Infine, abbiamo esaminato l’influenza delle lettere e degli eventuali stereotipi impliciti per comprendere i risultati di ricercatori e ricercatrici a inizio carriera e a distanza di alcuni anni dall’ingresso nel mercato del lavoro, sia in termini di posizione che di pubblicazioni.

25mila lettere

Per analizzare l’influenza delle lettere di referenze e del linguaggio utilizzato sui risultati di carriera, abbiamo costruito un dataset che copre dieci coorti di persone candidate al mercato del lavoro accademico (2010-2019) presso due istituzioni italiane che assumono economisti ed economiste sul mercato del lavoro internazionale, per un totale di circa 8.000 candidature e 25.000 lettere di referenze. 

Abbiamo anche raccolto informazioni sulla posizione iniziale e attuale dei e delle candidate, sulle pubblicazioni e sulle citazioni mediante web-scraping di diversi archivi online (per esempio Google scholar, LinkedIn, Scopus) e le abbiamo combinate con le informazioni sugli sponsor recuperate dalle stesse fonti.[2]

Nei nostri dati, meno di un terzo delle candidature proviene da donne e solo il 15% delle lettere sono scritte da sponsor donne. Nei dieci anni considerati, queste quote sono rimaste costanti. 

Se guardiamo alle caratteristiche delle persone candidate, le donne hanno generalmente ottenuto il dottorato in istituzioni posizionate a livelli più bassi nei ranking internazionali, generalmente in Europa, e hanno meno probabilità di aver pubblicato lavori di ricerca prima di entrare nel mercato del lavoro. 

Esistono anche differenze di genere nei campi di specializzazione di dottorandi e dottorande, con le donne che si occupano meno frequentemente di temi di macroeconomia e finanza.

Al momento della candidatura, gli uomini hanno in media un numero maggiore di referenze accademiche e le loro lettere sono più lunghe. Infine, le candidate sono in svantaggio in termini di posizione raggiunta allo stato attuale nei ranghi accademici (con una minore probabilità di avere una posizione di associate o full Professor), ma in una situazione di sostanziale parità in termini di prestigio dell’istituzione di appartenenza. Al loro primo impiego, è invece più probabile che le candidate abbiano un assegno di ricerca (postdoc) rispetto ai candidati uomini.

Uomini brillanti, donne diligenti

L’analisi testuale effettuata con tecniche di natural language processing rivela significative differenze di genere nel modo in cui candidati e candidate sono descritte dai loro sponsor. 

In particolare, utilizzando una classificazione semantica introdotta nella letteratura di psicologia applicata, abbiamo dimostrato che le donne tendono a essere descritte maggiormente con termini che si riferiscono alla sfera grindstone, ovvero alla capacità di lavorare in maniera diligente e solerte, e meno alla sfera standout, ovvero al possesso di capacità e competenze eccezionali. 

Queste differenze permangono anche quando teniamo conto dell’istituzione in cui è stato conseguito il dottorato, dell’ambito di ricerca in cui ci è avvenuta la specializzazione e del fatto che l’articolo scientifico utilizzato per partecipare al mercato del lavoro sia stato pubblicato o meno, come possibile proxy della qualità della persona candidata. 

Misurare il successo

Misurare il successo nel mercato del lavoro accademico non è banale. 

È possibile concentrarsi sul prestigio dell’istituzione da cui le persone vengono assunte, oppure sulla posizione che si ottiene (per esempio, una posizione di assegnista di ricerca oppure di assistant professor con promessa di tenure, ossia di contratto a tempo indeterminato).[4] 

È preferibile essere assegnista di ricerca in un’università molto prestigiosa, oppure assistant professor in una di livello inferiore? 

Nel nostro lavoro, abbiamo considerato come indicatore di successo sia la prima possibilità, ossia l’assunzione in un’università tra le venti migliori al mondo, sia la combinazione tra essere in un’università con queste caratteristiche come assistant professor

Abbiamo costruito misure simili anche per i successivi stadi della carriera e non solo per il primo impiego. I nostri risultati dicono che l’utilizzo di termini grindstone si associa a un minor successo accademico.

Viceversa, ricevere una descrizione in termini standout si associa a una maggiore probabilità di avere successo in campo accademico. Questo vale sia agli esordi della carriera, sia negli step successivi, per i candidati e le candidate che possiamo osservare. Descrizioni secondo caratteristiche di eccezionalità si correlano positivamente anche alla produttività in termini di pubblicazioni e citazioni.

Due pesi e due misure

La nostra analisi evidenzia come ci sia una differenza di genere nel modo in cui candidati e candidate vengono descritte nelle lettere di raccomandazione, con una maggior enfasi sull’essere brillanti ed eccezionali per i primi e su meticolosità e rigore per le seconde. 

Abbiamo anche mostrato come queste diverse caratterizzazioni si leghino positivamente (per standout) o negativamente (per grindstone) al successo iniziale e alle progressioni di carriera in campo accademico. 

Quali meccanismi possono dare conto di queste evidenze? 

Una prima spiegazione è che uomini e donne siano intrinsecamente differenti in queste caratteristiche. Se così fosse, ci aspetteremmo che sia i supervisor uomini sia le supervisor donne descrivano in questi termini le persone candidate di genere diverso. 

In realtà, sono gli sponsor maschi a farlo in misura diversa per i candidati e le candidate, ponendo maggior enfasi sulle caratteristiche standout per gli uni e su quelle grindstone per le altre. 

Questo accade anche quando consideriamo un determinato supervisor che debba scrivere lettere di referenze sia per studenti che per studentesse. 

Un’altra spiegazione potrebbe essere che candidati e candidate vengono descritte in questi termini perché i supervisor credono che queste caratterizzazioni rappresentino un premio, un vantaggio sul mercato del lavoro. 

Ma non è così per le donne. I risultati sono quindi coerenti con la presenza di stereotipi (impliciti) di genere di supervisor (uomini), secondo cui un buon candidato è brillante e una buona candidata lavora sodo.

Un processo viziato in partenza

I risultati della nostra analisi mettono in luce un potenziale difetto strutturale nel processo di selezione e promozione nel mercato del lavoro accademico impiegato nel contesto internazionale. 

A fronte dell’uso esteso delle lettere di referenze e dei limiti qui evidenziati, le candidate si trovano in una posizione più debole per competere. Le conseguenze negative in termini di progressione di carriera sono particolarmente rilevanti in contesti come la professione economica, caratterizzata da una forte prevalenza maschile, soprattutto tra i professori ordinari. 

Campagne di sensibilizzazione, linee guida sul linguaggio da utilizzare nelle lettere di raccomandazione e l’uso di specifiche aree di commento invece che testi aperti sono alcuni esempi di potenziali aree di cambiamento al fine di garantire una professione inclusiva.

Note

[1] Si vedano, in proposito, Lundberg, 2020, e Janys, 2020.

[2] Dall’inglese to scrape (grattare,raschiare), il web-scraping è una tecnica informatica che consente di estrarre dati da un sito web tramite l’uso di software.

[3] Si veda in merito Bayer e Rouse, 2016.

[4] In Italia, assistant professor corrisponde alla qualifica di ricercatore di tipo B.

Riferimenti

A. Bayer, C.E. Rouse, Diversity in the economics profession: a new attack on an old problem, in “Journal of Economic Perspectives”, vol. 30, n. 4, autunno 2016, pp. 221-42

L. Janys, Evidence for a two-women quota in university departments across disciplines, in “IZA – Institute of Labor Economics”, n. 13372, giugno 2020

S. Lundberg, Women in the economics profession, A VoxEU.org eBook, 2020

di Audinga Baltrunaite, Alessandra Casarico, Lucia Rizzica

14/3/2024 https://www.ingenere.it/

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