L’Europa è in mano a Big Pharma
Mentre nei paesi ricchi imperversa, fomentato dai media, il dibattito tra provax e novax, nel mondo continuano a morire ogni giorno migliaia di persone a causa del coronavirus. Le donazioni di vaccini ai paesi poveri non sono assolutamente sufficienti per coprire il fabbisogno e le tonnellate di fiale in scadenza sono destinate alla discarica.
Per questo motivo moltissime organizzazioni supportano l’iniziativa dei cittadini europei chiamata “Nessun profitto sulla pandemia” (noprofitonpandemic.eu/it/) che necessita di 1 milione di firme (cartacee oppure online) per essere presa in considerazione e discussa dalla Commissione europea. I sostenitori di questa iniziativa, insieme a numerose altre organizzazioni, scenderanno in piazza il 30 novembre a Ginevra, in vista del prossimo summit dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), per cercare di fare pressione sui potenti del mondo. Ottenere una moratoria sui brevetti dei vaccini e delle cure è però davvero difficile: «Big pharma, con il suo esercito di lobbysti, ha in pugno i governi occidentali, Unione Europea e Svizzera in primis», a dirlo è il medico ticinese Franco Cavalli, che è parte del comitato scientifico che sostiene la petizione. Tra i promotori di questa petizione c’è anche Vittorio Agnoletto, medico, docente universitario, politico e attivista, da mesi in prima linea in questa battaglia.
Vittorio Agnoletto, c’è la possibilità concreta che i paesi dell’Omc si accordino per sospendere i brevetti sui vaccini?
Difficile dirlo. Quello che so è che la Commissione Europea continua a essere contraria. Anche Svizzera e Gran Bretagna si oppongono con forza. Dai governi continuiamo a sentire frasi a effetto sull’esigenza di vaccinare buona parte della popolazione mondiale entro metà del 2022, ma intanto non si fa quasi nulla per raggiungere questo obiettivo. Si parla soltanto di aumentare la produzione e di donazioni a favore di paesi poveri. Sono parole vuote: il programma Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha distribuito soltanto poco più del 20% delle dosi promesse da parte dei paesi ricchi.
Rispetto alle fiale in scadenza, è emerso che le aziende hanno imposto nero su bianco l’impossibilità per i paesi Ue di regalare le dosi …
Nei contratti ci sono clausole che regolano la cessione di dosi. In alcuni di questi c’è scritto che per farlo occorre l’autorizzazione delle aziende. Siamo in una situazione assurda: il settore pubblico, come spesso accade, ha finanziato la ricerca e la produzione dei vaccini, questi sono stati pagati a caro prezzo e ora addirittura non possono essere donati nemmeno nel momento in cui si avvicina la data di scadenza. Per non parlare dei brevetti: sembrano intoccabili. Questa situazione di sudditanza dell’Ue, e non solo, nei confronti di Big Pharma non è di certo nuova. Un esempio su tutti: in qualsiasi accordo commerciale con paesi in via di sviluppo, e non parlo solo di accordi in ambito farmaceutico, l’Ue imponeva ai paesi firmatari di non avvalersi in alcun caso delle clausole di salvaguardia legate ai brevetti sui medicinali. L’obiettivo dell’Ue era di aggirare la Dichiarazione di Doha (2001), la quale aveva stabilito che la tutela dei brevetti non potesse mai impedire ai governi di proteggere, nel modo migliore possibile, la salute dei cittadini, ad esempio utilizzando le clausole di salvaguardia che, in caso di difficoltà economiche oppure di gravi epidemie, permettono di superare i brevetti stessi. Da parlamentare europeo, insieme ad alcuni colleghi avevo denunciato pubblicamente questa imposizione da parte dell’Ue che poi è stata cancellata.
Perché dare accesso a tutti al vaccino non è soltanto un atto solidale?
Vaccinare più persone possibili significa fermare il proliferare di varianti, anche quelle più aggressive. Il virus lo si combatte soltanto a livello globale. A chi non è sensibile rispetto al tema, cerco sempre di spiegare che la moratoria sui brevetti non è soltanto un atto di giustizia, ma un’azione dettata anche da un principio di sano e illuminato egoismo.
Alcuni affermano che molti paesi in via di sviluppo non sarebbero in grado né di produrre, né di distribuire il vaccino. È così?
Chi fa queste critiche è disinformato oppure in malafede. L’Oms ha più volte ripetuto che le aziende produttrici nei paesi che necessitano dei vaccini ci sarebbero. Esistono, ad esempio, in Sudafrica, in Brasile, persino in Bangladesh. Anche le obiezioni legate alla distribuzione provengono da settori collaterali a Big Pharma. È chiaro che il vaccino da solo non basta, ma è un primo passo fondamentale per far uscire questi paesi dalla crisi pandemica.
C’è chi parla della moratoria dei vaccini come pericoloso precedente che disincentiverebbe la ricerca. Cosa risponde a queste critiche?
I bilanci dei colossi farmaceutici parlano chiaro: si spende più nelle attività di lobby rispetto alla ricerca. I nuovi farmaci sono finanziati in gran parte con soldi pubblici, soprattutto nelle prime fasi della ricerca, quelle più rischiose dal punto di vista economico. L’esempio dei vaccini contro il Covid-19 è soltanto l’ultimo e il più eclatante. Una ricerca, come ha riportato recentemente il Guardian, avrebbe dimostrato che i fondi per creare il vaccino Astra Zeneca sono stati per il 97,2% pubblici o comunque provenienti da fondazioni caritatevoli.
Pensa che la petizione, chiamata iniziativa dei cittadini europei, sia uno strumento efficace per questa battaglia?
La petizione è soltanto uno degli strumenti da utilizzare. La campagna di raccolta delle firme serve, infatti, per tenere alta l’attenzione sul tema. Un elemento importante dal momento che la maggior parte dei media sembra non essere interessata alla questione. È emblematico il fatto che in un paese come l’Italia, gli appelli di Papa Francesco per una moratoria sui brevetti dei vaccini siano passati praticamente sotto silenzio.
Mattia Lento
18/11/2021 https://www.areaonline.ch
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