L’IMPATTO DI TAP SULL’ECOSISTEMA MARINO
Il 23 novembre scorso il sindaco di Melendugno Marco Potì, durante l’incontro “Estrattivismo. Diritti della Natura, diritti dei Popoli”, denunciava l’imminente distruzione di 2000 m2 di coralligeno davanti alla marina di San Foca, da parte del Trans Adriatic Pipeline.
Diceva, il sindaco:
“Ieri ci sono state due situazioni nuove.
Dopo mesi e mesi di insistenza sono iniziate le operazioni di indagine a mare.
Sulla barca del Comandante Marco della Marineria di San Foca, sono saliti tecnici dell’Università di Bari, dell’Università del Salento, ARPA Puglia, i sub, i robot, per andare a ispezionare i fondali tra San Foca e Otranto, per capire se questo mare (e quello che c’è sotto il mare) ha il diritto di essere riconosciuto come un sito di interesse comunitario.
Io ho portato alla Regione Puglia un lungo elenco di firme, raccolte da cittadini salentini che chiedevano l’istituzione di questo SIC mare.
SIC significa Sito di Interesse Comunitario, vuol dire un sito in cui valgono un insieme di direttive di tutele e di modalità di operare in presenza di questi habitat: la posidonia oceanica, la cymodocea nodosa, e da ultimo il coralligeno.
Su quella barca, insieme a Comandante Marco c’è il professor Corriero del Politecnico di Bari, che ha scritto degli articoli scientifici e ha dato la notizia del coralligeno la primavera scorsa.
I Quotidiani nazionali (ricordo un paginone del Manifesto di qualche mese fa), parlarono del “Corallo della Puglia”, cioè di questo habitat sottomarino eccezionale, raro, importantissimo non solo per l’equilibrio dell’ambiente sottomarino ma che ha anche effetti sul clima, come ci hanno insegnato i biologi.
Ebbene, l’importanza e la qualità di questi habitat marini ha fatto dichiarare al prof. Corriero che siamo davanti a “un ambiente eccezionale”.
Ecco perché noi ci siamo subito attivati per chiedere questa istituzione (del SIC), perché riteniamo che se c’è un habitat marino da proteggere, bisogna proteggerlo al di là di qualsiasi altra iniziativa umana.
Ieri, mentre eravamo contenti di essere finalmente riusciti a salpare con la nostra barca per iniziare queste indagini, abbiamo saputo che il Ministero dell’Ambiente ha rilasciato la non assoggettabilità a VIA per la posa del tubo di questa multinazionale, il cui gasdotto parte dall’Azerbaijan e arriva sulle coste di San Foca”…
“Secondo il decreto del Ministero dell’Ambiente, n. 223 del 2014, prescrizione A9, il tubo doveva tenersi ad almeno 50 metri dall’ultima biocostruzione coralligena presente, perché si sapeva che c’erano i coralli.
Lo aveva detto la Regione Puglia nel 2011 e lo aveva detto la stessa TAP, che se ne era accorta.
Cinquanta metri. Era ritenuto così importante che queste biocostruzioni venissero tutelate e non toccate, che questo tubo d’acciaio proveniente dall’Azerbaijan doveva stare a una distanza di 50 metri.
Nel frattempo TAP inizia i lavori.
Iniziamo a manifestare, a ritenere che quest’opera abbia dei problemi di legittimità, che le autorizzazioni non siano complete, che non sia giusto, che vengono sfruttati i territori a vantaggio di pochi.
Iniziano a girare i manganelli, iniziano ad esserci i fogli di via.
E inizia a lavorare TAP, con la tecnica dello “spezzatino”: iniziamo dal cantiere, dagli ulivi, dal microtunnel, dal pozzo di spinta ecc..
Arrivano oggi, a distanza di tre anni dall’inizio dei lavori, e dicono: “Siccome ormai mezzo gasdotto è fatto e il microtunnel è completato, noi non riusciamo a stare a 50 metri dal coralligeno, ma vi proponiamo una cosa più bella: ci andiamo sopra, distruggiamo 2.000 metri quadrati di coralligeno”.
Dal passare a una distanza di 50 metri a distruggere 2.000 metri quadrati ci sta una bella differenza!
Ci dicono: “Anzi, stiamo cercando di fare una cosa, come abbiamo fatto con gli ulivi – l’espianto, la capitozzatura, il reimpianto, le serre, i canapi – faremo la stessa cosa con il coralligeno”.
Io sono disgustato.
L’utilizzo di questo tipo di tecniche per il coralligeno, è stata utilizzata in altri due posti del mondo, uno di questi è l’Australia, e il coralligeno è morto.
E prima di avere le autorizzazioni in Australia hanno fatto due, tre, quattro anni di studi per poterlo fare. Qui in meno di tre mesi, il Ministero per la tutela dell’Ambiente e del Mare, ha detto “potete andare, distruggete 2.000 metri quadrati di coralligeno, perché il gasdotto deve andare avanti”.
Il giorno successivo le dichiarazioni del sindaco, la draga di TAP, con una benna di 27 metri, cominciava a scavare il fondale.
Noncurante del coralligeno, della posidonia, della prossimità ai siti di nidificazione delle tartarughe marine.
L’impatto di TAP sull’ambiente di riproduzione delle tartarughe è oggetto di una perizia del Biologo Giacomo Marzano, e di una approfondita “Analisi giuridica sulla compatibilità del progetto TAP con il principio di precauzione in relazione agli obblighi di conservazione degli habitat e specie di importanza comunitaria previste ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) predisposta da ASCOMARE, eloquente sulle violazioni da parte dello Stato italiano degli obblighi comunitari previsti dalla direttiva Habitat (ringraziamo il Gruppo di Intervento Giuridico per averla resa disponibile e liberamente scaricabile da qui).
Le conclusioni dell’analisi così recitano:
“La decisione delle autorità nazionali di autorizzare il progetto in una particolare area geografica in cui siano presenti specie prioritarie/di importanza comunitaria, è da considerarsi quale una violazione dei doveri di precauzione previsti dalla Direttiva Habitat.
Aspetto che da solo, già, basterebbe a configurare un inadempimento da parte dello Stato in merito agli obblighi comunitari di riferimento.
A ciò deve aggiungersi che l’inclusione delle specie Caretta Caretta, Chelonia Mydas e Dermochelys Coriacea fra quelle per cui è richiesta una protezione rigorosa in base alla Direttiva Habitat , permette di configurare una seconda violazione.
Ossia, quella relativa al divieto di adottare misure nell’area di ripartizione naturale delle suddette specie, che possano, contribuire a “deteriorare o distruggere” i loro siti di riproduzione o di riposo, tra i quali rientra, quale sito regolare di riproduzione della Caretta Caretta, il luogo di approdo della condotta TAP (tra San Foca e Torre Specchia Ruggeri).
Tutti elementi che, oltre a configurare un inadempimento grave da parte dello Stato, mostrano con somma evidenza come il problema dell’impatto di TAP sulle tre specie di tartaruga marina presenti nell’area interessata dal progetto, nonché sui siti di riproduzione e riposo di quelle stesse specie, non sia stato debitamente considerato nell’ambito della valutazione tecnica che ha legittimato l’ordine di preferenza del tracciato sulle altre possibili alternative per il passaggio della condotta e su cui, a maggior ragione, il decreto di autorizzazione è stato fondato.
Difatti, già nel 2012, ossia un anno prima che il documento definitivo contenente lo studio di impatto ambientale e sociale prodotto da TAP AG fosse depositato, le prove scientifiche a disposizione mostravano in maniera incontrovertibile come l’area interessata dal progetto TAP ricomprendesse al suo interno siti regolari di nidificazione della C.Caretta, nonché aree in cui la ripartizione naturale di specie coperte dalla Direttiva Habitat si estendesse”.
Ma per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, di concerto con il collega dei Beni Culturali, Dario Franceschini, è tutto a posto: con un provvedimento firmato il 10 settembre scorso è stata accordata d’ufficio alla multinazionale TAP la proroga di due anni del termine per la Valutazione di impatto ambientale.
Alexik
15/12/2019 www.labottegadelbarbieri.org
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