L’incacellabile esperienza di Riace
L’informazione è una delle maggiori frontiere della società odierna: se il main stream non ti cita, se non si interessano le alte sfere vieni cancellato e non esisti, anche la verità più granitica non smuove fogliolina. Nei giorni scorsi la diffusione di un audio – su cui molte sono le perplessità e che interessa una minima quasi insignificante parte di vicende molto più ampie, gravi e accertate – in poche ore ha scatenato indignazioni social, più di mezzo parlamento italiano e una campagna mediatica che probabilmente durerà tutta l’estate. La verità granitica piegata alla narrazione di un potente, i fatti plasmati cancellando tutto quello che non è funzionale e la parte che interessa (modificata e mistificata a comando) ingigantita in maniera esagerata. Per un potente un sassolino inesistente diventa una valanga, per chi non appartiene ai pre-potentati e non esiste nelle stanze del comando una valanga diventa invisibile.
Meno di un mese fa il Consiglio di Stato ha emesso una importante sentenza a favore dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano (qui abbiamo riportato la presa di posizione di Articolo21 https://www.pressenza.com/it/2020/06/riace-consiglio-di-stato-sconfessa-salvini-cosa-ce-dietro-le-cazzate-del-caso-lucano/ ) e già nell’aprile dell’anno scorso il gip aveva smontato larga parte dell’impianto accusatorio. Tutto questo non ha scatenato nulla, nessun grande quotidiano, nessuna trasmissione televisiva e non certo i pupari dei palazzi hanno chiesto “commissioni d’inchiesta”, hanno gridato all’ingiustizia e lanciato mobilitazione. Eppure, rispetto all’altra vicenda a cui accenna l’inizio di quest’articolo, non sono audio strappati improvvisi su cui dubbi e perplessità fioriscono e che non cambiano la vera realtà, ma fatti e atti ufficiali incontrovertibili, è verità scolpita nella pietra. E non è tutto, perché l’accusatore di Lucano s’inserisce in una delle vicende che più hanno infiammato il dibattito pubblico di questi mesi: il ciclone che ha travolto la magistratura associata a partire dal Consiglio Superiore e dall’Associazione Nazionale. Lo ha ricordato nei giorni scorsi su WordNews la giornalista d’inchiesta e inviata de Il Fatto Quotidiano Sandra Amurri (https://www.wordnews.it/questo-paese-e-inamovibile-finche-restera-un-paese-di-ricattati-e-ricattatori ). Queste le sue parole “sempre nella trasmissione di Giletti è emerso che Basentini aveva portato, come se fossimo in una corsa di cavalli, il procuratore di Locri, colui che aveva chiesto l’arresto di Mimmo Lucano” sottolineando subito dopo “il procuratore di Locri Luigi D’Alessio, che ha chiesto l’arresto di Mimmo Lucano, e sappiamo come è finita quella vicenda, è stato anche il magistrato dell’inchiesta sull’assassinio di Elisa Claps, la giovanissima ragazza di Potenza scomparsa e ritrovata dopo molti anni sotto il tetto della chiesa principale di Potenza”. Così l’articolo riassume tutta la vicenda: “all’inizio di giugno il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR della Calabria che tredici mesi fa aveva annullato il provvedimento con cui il ministero dell’interno, allora guidato da Matteo Salvini, aveva escluso Riace dal circuito degli Sprar e definito il «modello Riace» di Domenico Lucano «assolutamente encomiabile negli intenti e anche negli esiti del processo di integrazione» come «traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti». Nell’aprile dell’anno scorso, disponendo il rinvio a giudizio di Mimmo Lucano rigettando però ben 7 delle ipotesi di reato, il gip del Tribunale di Locri Amelia Monteleone ha affermato che buona parte dell’indagine era basata su congetture, errori procedurali e inesattezze: le ipotesi della Procura sono così «vaghe e generiche» da rendere il capo d’imputazione «inidoneo a rappresentare una contestazione» e sulle intercettazioni gli inquirenti «sembrano incorsi in un errore tanto grossolano da pregiudicare irrimediabilmente la validità dell’assunto accusatorio»”. Fatti che gridano da soli, esattamente come la realtà di tutto il mondo dell’accoglienza (mancata) e della gestione dei centri per migranti nel nostro Paese: gli ultimi decreti del governo giallo nero hanno ridotto, se non addirittura cancellato, tutti i modelli virtuosi e mantenuti i peggiori, rafforzando business, mala gestione, sfruttamento, lucro persino per multinazionali e persino le infiltrazioni mafiose nel settore. Associazioni, organizzazioni e operatori sociali lo denunciano da prima che entrassero in vigore: vivono sul campo e ben conoscono le dinamiche e i fatti*. Ma per larga parte dell’opinione pubblica e per determinate fazioni politiche la “verità”, urlata e sostenuta, percezione diffusa nell’opinione pubblica, è il ribaltamento totale della realtà.
Alessio Di Florio
1/7/2020 https://www.pressenza.com
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