L’Italia marcia

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Femminicidi, morti sul lavoro, suicidi di giovani, repressione del dissenso sociale, questi sono i tratti distintivi delle brutalità istituzionali e d’istinto viene da chiedersi dove è finita l’Italia sana, anche quella sostanzialmente democratica che certamente esiste, pur con le sue opinioni diverse su ogni cosa, ma che oggi si distingue solo come maggioranza silenziosa inconsape-vole che in politica – più che in altri ambiti di vita sociale – il silenzio è assenso, anche se passivo non può ritenersi assolta in quanto è, comunque, coinvolta. Non vorremmo che la parola online – commenti sui social, petizioni e firme su Change.org – venga vissuta come partecipazione attiva alla politica, collocandosi sull’Aventino o ad assistere come saggiamente notava Giorgio Gaber “La libertà non è star sopra un albero”.

Su questa strada quella la maggioranza di quella chiamata società civile si sta accorgendo degli spifferi, sempre più violenti, di regressione sociale che si stanno abbattendo sulla maggioranza degli italiani, gli storici poveri e le nuove povertà? Spifferi che stanno aprendo varchi senpre più larghi verso quel neofascismo che da frangia extraparlamenatre è salita a compiti istituzionali?

Ora, Come è stato possibile che la mattanza femminicida non abbia trovato risposta negli atti di quelle parti di sedi istituzionali ancora politicamente sensibili? Perchè nascondono la loro inettitudine politica dietro l’indignazione verbale e la facile partecipazione alle proteste di piazza delle donne, senza organizzare loro iniziative davanti alle sedi governative per rafforzare con i fatti le lotte femministe?
Vogliamo parlare delle centinaia di donne migranti nel mediterraneo? Vogliamo parlare delle migliaia di donne palestinesi trucidate da Israele? Anche su di loro è scesa l’ignavia del “Mi dispiace”.

Come è stato possibile che la mattanza sui posti di lavoro, con oltre tre morti, decine di infortuni e malattie professionali al giorno, non abbia trovato, anche su questa tragedia, una permanente risposta politica di di piazza da parte della “maggioranza silenziosa”, di quella
parte politica che aveva il DNA nelle lotte del mondo del lavoro, a prescindere dall’inadeguateza delle risposte del sindacato?
Come si giustifica l’assuefazione declinata solo con convegni e dichiarazioni post infortuni, nella logica della privatizzazione dei profitti e socializzazione dei costi derivanti dei rischi sul lavoro?

Come è stato possibile che la mattanza dei suicidi nella generazione giovanile sia passata sotto silenzio? La depressione sociale conseguente a disoccupazione (tramite chiusure, delocalizzazioni, licenziamenti senza giusta causa), povertà dilagante, servizi pubblici sempre meno esigibili se non già privatizzati, hanno ricadute sulla salute mentale e sempre più spesso lo sbocco è il suicidio in assenza di prevenzione e recepimento delle strutture sanitarie. In Italia i dati Istat parlano di 2 suicidi al giorno dai 15 ai 34 anni. E la quantita` di studenti che dichiara di avere pensieri autolesivi o idee suicidarie è impressionante.

In questa Italia marcia, appunto, avanza la marmaglia fascista (si diceva una volta) destrutturando la Costituzione antifascista, come vendetta contro la lotta di liberazione dal nazifascismo. Vendetta che comunque viene avanti dal decennio dopo la nascita della Repubblica con l’inquinamento delle istituzioni, rimettendo al lavoro nei posti chiave funzionari fascisti e utlizzando, da parte della DC, anche nel Parlamento il Partito dichiaratamente fascista, quel MSI a cui si rifà il governo in carica.

Il passaporto ai neofascisti ( contro i quali non è stato mai applicato il reato di Apologiia del fascismo) è stato rivalidato anche da chi – come il PD al governo, si crede erede della lotta di Liberazione – con relazioni esplicite, la legge elettorale maggioritaria, e anche un referendum per debilitare la Costituzione antifascista.

Tutto queste agevolazioni alla logica dell’autoritarismo istituzionale, come mannaia sulla giustizia sociale, malvisto DNA della democrazia effettiva, ha oggi riscontro sia nelle misure economiche -in ossequio al profitto spudorato delle imprese – e sia nella repressione del dissenso, legiferata con una logica militarista, sia nel disegno dittatoriale portato avanti con il Premariato, ovvero il capo del governo come figura autarchica, con il Presidente della Repubblica come notaio suddito.

Un siffatto Capo del governo che sia inamovibile per cinque anni e prorogabile d’imperio, e non revocabile per il venir meno della fiducia dei cittadini (semmai questa fiducia esistesse, questo governo non ce l’ha!) e del Parlamento, sarebbe del tutto in grado di instaurare il fascismo in tutto e per tutto le prerogative del ventennio mussoliniano.

Allora, la maggioranza oggi silenziosa, vorrà dire e fare?

Franco Cilenti

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