L’Italia pulita che r/esiste a fatica

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Sono passati quasi trenta giorni dallo “storico” congresso della Cgil e ci avviciniamo al giorno della storia, quel 25 aprile che ha tentato di forgiare un nuovo Paese vestendolo con una Costituzione antifascista imperniata sulla giustizia sociale.
Perchè c’è un legame tra il congresso Cgil e il giorno della liberazione dall’oscurantismo nazifascista? Perchè, a nostro parere, l’invito all’erede di quel ventennio a parlare nell’assise sindacale rischia di dare corpo al tentativo in atto di riscrivere la storia, perchè nell’immaginario popolare, nella testa delle lavoratrici e dei lavoratori, amplificato dalla narrazione politica che si protarrà strumentalmente nel tempo, resterà conficcato come un tarlo che rode la stessa dignità della povertà alla quale si è costretti, quasi obbligati dal destino assegnato dalle similitudini politiche di chi dovrebbe rappresentare, comunque, interessi contrapposti.
Quella contrapposizione che la Meloni ha impunemente sciorinato nel suo lungo intervento, della sua “giornata storica” come l’ha definita uscendo tronfia dal congresso.

Quella contrapposizione che Landini stranamente sottovaluta e che consiste nel disegno di legge “Autonomie differenziate”a danno dei cittadini più deboli; nello stanziamento di miseri 1,9 miliardi per la sanità pubblica, di cui 1,4 miliardi utilizzati per i rincari energetici.
Il disegno legge sulla giustizia, che mette imbavaglia i giudici democratici (quelli di sestra s’imbavagliano da soli), e li mette sotto il controllo del governo attraverso la separazione delle carriere; ha dato agli autonomi ricchi con redditi fino a 85.000 euro , 3,7 miliardi l’anno che sono i soldi tolti ai pensionati poveri, attraverso la flat tax al 15%; ha in programma un disegno di legge che dimezza il reddito di cittadinanza a 375 euro mensili e per un massimo di 18 mesi. Vogliamo parlare della tragedia dei migranti a Crotone? Vogliamo parlare della legge sugli appalti che deregolamenta gi appalti, abolisce ogni vincolo, frantuma il lavoro, precarizza il lavoro, rende più facili i morti sul lavoro , rende più facile la corruzione e l’ingresso di attivita’ mafiose?

Quindi l’invito del segretario generale della CGIL al Presidente del Consiglio Meloni rappresenta la peggiore pagina nella storia del sindacalismo italiano. Di altre brutte pagine ce ne sono, dalla previdenza alla sanità integrativa ma questa scelta di normalizzare i rapporti con il neofascismo, ben visibile nelle politiche di questo governo, è la più grave. Non vogliamo dare a Landini la grave responsabilità – alla pari di Craxi, Violante, Pansa, tanto per citare i primi sdoganatori del neofascismo – di neo deformatore della storia italiana ma nel fare politica spettacolo bisognerebbe avere chiaro che la simbologia imposta ai propri atti deforma la stessa natura del merito nei contenuti che vorresti trasmettere. E’ questa brutta verità che Landini ha sottovalutato nello sceneggiare il suo congresso “bulgaro”.

Su Lavoro e Salute abbiamo pubblicato tante accurate e critiche analisi di militanti e dirigenti della Cgil sulle scelte in questi anni di segreteria Landini, abbiamo fatto inchieste all’interno del sindacato per individuare pecche e capacità di riprendere un cammino adeguato alle sofferenze sociali, dai pensionati, dei disoccupati e dei lavoratori, ma questa scelta ci dice che in questa fase la Cgil declina altre priorità, quelle della rappresentazione istituzionale. Una cosa è certa, Landini ha dimenticato il consiglio che gli ha dato Papa Francesco «Fate rumore e siate la voce di chi non ce l’ha».

Oggi serve tanto materialismo per non cadere nella trappola del fideismo sentimentale, ci sono analisi concrete da fare su quanto è successo nel congresso Cgil; anche se Landini, e tutto il gruppo dirigente, ha parlato di temi sociali e detto più o meno belle parole di proposta per affrontarli nella loro gravità – vedi la pericolosità dell’autonomia differenziata e della definitiva privatizzazione della sanità pubblica – sono comunque considerate vacue e facilmente sotterrate sotto il tappeto mediatico che nasconde la sporcizia di questa politica che ha avuto anche l’onore di vomitare la sua arroganza nella tribuna di quel sindacato che dovrebbe essere il suo strenuo avversario, secondo la ragione sociale che la gente comune continua, comunque, ad assegnare alla Cgil, e che continua a pensare al conflitto tramite lo strumento dello sciopero e della contrattazione sui luoghi di lavoro come gli unici metodi per ripristinare diritti elementari.

Questi ragionamenti che si sentono – certamente sempre meno con la rassegnazione imposta con la forza mediatica e della repressioone di ogni atto di sindacalismo difensivo- fanno a pugni con l’espulsione da parte di Landini del conflitto come arma nella cultura sindacale?
A pugni metaforicamente perchè è imibita la stessa partecipazione alla determinazione degli obbiettivi sindacali, come è inibità la reale partecipazione alla politica, non lo dico io ma i crudi numeri dell’astensionismo alle elezioni nazionali e locali. Ecco l’Italia reale, triste e isolata dalla politica che non la riconosce neanche quando rimane nell’assordante silenzio del non voto. La cita soltanto il giorno dopo delle elezioni rammaricandosi della scarsa partecipazione.

“Per essere ascoltati, bisogna ascoltare” Questa massima landiniana rappresenta la trasfusione di un nuovo DNA nel maggiore sindacato italiano, o meglio, rappresenta il cromosoma del processo riproduttivo del DNA, che viene trasmesso alle categorie rappresentanti dei settori produttivi.
In parole povere, quell’incipit del X1X congresso CGIL disegna definitivamente un processo di istituzionalizzazione nel sistema liberista in atto con una lenta progressione da alcuni decenni?

Questa è la domanda alla quale oggi, dopo il deprimente spettacolo riminese, siamo portati a dare emotivamente una risposta affermativa e depressiva, ma deleghiamo ai prossimi mesi la risposta definitiva, consapevoli che non è un congresso che mette la pietra tombale alla capacità di risposta, anche delle stesse categorie della Cigl, ai processi di massacro sociale, e di ciò che resta della democrazia costituzionale, approntati da questo governo in prosecuzione dell’operato dei precedenti governi bipartisan.

C’è un’altro aspetto che dovrebbe preoccupare le menti libere, è il silenzio della platea congressuale (fatta salva la trentina di delegate e delegati della minoranza che schifati dalla presenza a casa loro della creatura nata dalla coppia Draghi/Letta hanno abbondonato il congresso), nonostante sprazzi di cronaca nel delirio dei compiaciuti media, che ha ubbidito con il mal di pancia all’ordine del capo.
A questo serve soffocare la critica, volontariamente e nello stare in silenzio vederla soffocare a chi ha il coraggio di parlare per chiedere a Landini di stare nel solco della storia del sindacalismo conflittuale per dare risposte serie ai mali prodotti dagli imprenditori e dalla compiacente politica governativa. L’ubbidienza alla gerarchia è un male ormai endemico che è stato solo scalfito quando un delegato nel suo intervento ha detto solamente: “Non mi è piaciuta!”, ed è esploso un’ applauso fragoroso. Ben poca cosa come risposta all’oltraggiosa presenza di chi li considera un intralcio da rimuovere.

Un male endemico che non possiamo solo criticare, ipocritamente, quando lo produce la cultura maschilista della destra, anche perchè questa ipocrisia rende complici, forse inconsapevoli, della prossima trasformazione della democrazia parlamentare in presidenzialismo con l’uomo solo al comando. Ricordiamo che questa strada l’ha aperta il fucilatore di partigiani Giorgio Almirante ed è stato il filo conduttore del progetto P2 della Loggia massonica di Licio Gelli che ha istruito i processi di propulsione regressiva della società italiana dagli anni 80 ad oggi.

Questo congresso segnerà negativamente anche il 25 aprile?
Di certo non è stata una buona premessa di mobilitazione contro il chiaro tentativo di riprendere dal podio istituzionale l’armamentario fascista, seppur mediato nel linguaggio, ad iniziare dalle aggressioni del ministro Valditara alla cultura costituzionale nella scuola pubblica.

Come ha affermato il Presidente dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo nel suo intervento al congresso, la Cgil rappresenta il più grande presidio democratico oggi in Italia, ed è per onorare questa verità che crediamo sia stato perlomeno inopportuna la scelta di Landini nel regalare a un nemico della Costituzione antifascista l’onore della platea Cgil.

Da tempo noi di Lavoro e Salute scriviamo – seppur con articolati spunti critici sul fare di questi ultimi anni – che oggi solo la Cgil può chiamare a raccolta la parte sana della società per rimettere in piedi il Paese. Ma se continua a segare l’ancora solido ramo sul quale è seduto, il 25aprile sarà solo una data.

Quale Cgil il congresso avrebbe dovuto definire? Eccola:

1- La Cgil dichiara che si rende concretamente autonomo da qualsiasi governo e dai Partiti;

2- La Cgil dichiara la fine immediata della concertazione;

3- La Cgil non inserisce più nei contratti la sanità integrativa;

4- La Cgil inserisce nelle piattaforme la riduzione dell’orario;

5- La Cgil inserisce nelle piattaforme il salario minimo legale:

6- La Cgil inizia la battaglia per il pensionamento a 60 anni;

7- La Cgil non firma più contratti atipici per ridurli drasticamente;

8- La Cgil dichiara lotta senza quartiere per la sicurezza sul lavoro.

9- La Cgil chiederà ogni tre anni il rinnovo della fiducia alle lavoratrici, ai lavoratori e ai pensionati.

10- La Cgil dichiara da subito lo sciopero generale contro l’Autonomia Differenziata e per il ripristino della sanità pubblica

Franco Cilenti

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