Lo scandalo dei sussidi fossili: come l’Europa continua a finanziare la crisi climatica nell’ombra

Il 2 ottobre United for Climate Justice (UCJ), una coalizione dei movimenti ambientalisti europei che raccoglie più di 30 gruppi sparsi tra Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia, Francia, Italia, Spagna, Portogallo, ma alla quale partecipano anche Inghilterra, Messico, Argentina, Uganda, ha inviato ai presidenti delle istituzioni europee una lettera aperta che chiede la fine dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025. La lettera è stata sottoscritta da 140 tra accademici e grandi organizzazioni incluse Oxfam, Action Aid International, Legambiente, Greenpeace Europe, Fondazione Banca etica e Enostra.  In questo articolo, vengono presentate le ragioni di questa encomiabile iniziativa.

Proprio in questi giorni anche Fondazione Banca Etica e Enostra sottoscrivono la lettera di UCJ per fermare i sussidi ai fossili.

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405 miliardi di dollari secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), 191 secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Sono le considerevoli cifre che rappresentano il costo dei combustibili fossili per i Paesi dell’Unione europea. Nel primo caso la cifra è più alta perché, oltre ai sussidi o agevolazioni fiscali che portano a una diretta riduzione del costo dei combustibili, sono comprese le somme che non vengono fatte pagare all’industria petrolifera per gli impatti ambientali e sanitari causati dalle emissioni di anidride carbonica, ma che invece i governi europei si trovano poi a pagare per far fronte ai problemi. La sostanza però non cambia: sono tutti soldi pubblici che vanno a finanziare un’industria fossile per definizione e per concetto. La crisi climatica è evidente: è stato dimostrato che le emissioni di carbonio fanno aumentare le temperature e producono effetti meteorologici devastanti. Sappiamo che ora è il momento di agire se vogliamo evitare il peggio.

L’Unione europea ha già deciso di sospendere i sussidi ai combustibili ai combustibili fossili nell‘Ottavo programma di azione ambientale (Environment Action Programme (EAP)) entrato in vigore il 2 maggio 2022. I motivi per cui l’Unione europea ha deciso di muoversi in questa direzione erano gli stessi che potevano essere condivisi dagli ambientalisti: raggiungere gli obbiettivi climatici fissati dagli Accordi di Parigi e dal Green Deal europeo, accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e migliorare la sicurezza energetica europea, ridurre l’inquinamento, non dipendere dalle fluttuazioni di prezzo del petrolio, promuovere l’industria verde. Purtroppo nulla è stato fatto dal punto di vista operativo. Nessun governo è stato obbligato a mettere in atto misure per interrompere i sussidi ai fossili e neppure a comunicare l’ammontare dei propri sussidi. Tra l’altro l’IPCC nel Sesto Report di Valutazione ha stimato ​​​​​​​ che eliminandoli si potrebbero ridurre le emissioni della sola anidride carbonica fino al 4 per cento e più in generale di tutti i gas climalteranti del 10% entro il 2030.

La lettera aperta

Per questo motivo il 2 ottobre United for Climate Justice (UCJ), una coalizione dei movimenti ambientalisti europei che raccoglie più di 30 gruppi sparsi tra Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia, Francia, Italia, Spagna, Portogallo, ma alla quale partecipano anche Inghilterra, Messico, Argentina, Uganda, ha inviato ai presidenti delle istituzioni europee una lettera aperta che chiede la fine dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025. La lettera è stata sottoscritta da 140 tra accademici e grandi organizzazioni incluse Oxfam, Action Aid International, Legambiente, Greenpeace Europe, Fondazione Banca etica e Enostra. Gli attivisti infatti ritengono che questi incentivi prolunghino artificialmente la vita di carbone, petrolio e gas, contribuendo a alimentare la crisi climatica. In particolare, come affermano le realtà firmatarie della lettera, i sussidi pubblici alle fonti fossili, abbassando artificialmente il loro prezzo, distorcono la domanda di energia, perpetuano la dipendenza da fonti energetiche inquinanti e minacciano la sicurezza energetica europea, oltre a fornire sussidi a industrie che contribuiscono significativamente alle emissioni climalteranti. L’adesione di compagnie finanziarie ed energetiche, come Fondazione Banca Etica (che offre prodotti di finanza etica) ed Enostra (che offre energia rinnovabile) mostra che non sono solo gli ambientalisti ad essere interessati a fare in modo che il sistema economico compia una transizione effettiva, abbandonando l’industria che più contribuisce al cambiamento climatico in corso.

La lettera è stata accompagnata da una serie di dimostrazioni tenutesi nei mesi da aprile a luglio che lanciavano la campagna Stop Fossil Subsidies e da una manifestazione che si è tenuta a Bruxelles il 5 ottobre e che ha visto anche la partecipazione di Greta Thunberg.

La nuova commissione europea ha l’opportunità di porre fine a perversi incentivi

Vista l’opacità che in questo momento copre tutto quanto riguarda i sussidi ai fossili, comprese le stime effettive di a quanto ammontano, la lettera chiede, oltre a fermare i sussidi ai fossili entro il 2025 di preparare una tabella di marcia trasparente per abbandonare i sussidi ai fossili nell’Unione Europea e di fissare una metodologia comune a tutti i Paesi europei per stimare la loro consistenza. La richiesta di trasparenza e di piani programmati permetterebbe tra l’altro alla società civile di controllare quanto sta accadendo, e di pretendere dai governi europei quello che hanno promesso nel caso manchino al proprio dovere. Nell’attuale situazione invece non è possibile intervenire con precisione, perché di fatto sono state fatte solo promesse generiche.

Lo scorso settembre, la Presidente dell’Unione Europea ha mandato lettere di missione ai commissari designati descrivendo le priorità per i prossimi cinque anni. Tra di esse, figura il bisogno di creare un contesto operativo per l’eliminazione graduale ai combustibili fossili. Rimane da vedere con che urgenza i commissari si metteranno all’opera. Ancora più incerte sono le prospettive di effettiva implementazione da parte dei Paesi UE. L’Agenzia Europea dell’Ambiente in un report del 2023 stima che sia molto improbabile che l’Unione europea riesca ad eliminare i sussidi entro il 2030.

Un problema globale che la comunità internazionale si rifiuta di prendere con serietà

Uno studio pubblicato su Nature stima che la quantità globale di sussidi mondiali abbia raggiunto i 1.5 mila miliardi nel 2022, nonostante fosse tra i 400 e gli 800 miliardi nei dieci anni precedenti. Sostiene inoltre che i sussidi siano ancora un problema persistente, nonostante i numerosi impegni internazionali presi. Gli autori dell’articolo fanno notare che impegni sono stati già presi a livello internazionale ben oltre all’Europa. Per esempio le economie del G20 si sono impegnate a razionalizzare la fuoriuscita dai fossili, ritenuti responsabili di incoraggiare inutili consumi, già nel 2009. Sono passati 15 anni e nulla si è mosso. Viene proposto dunque un nuovo approccio per eliminare le barriere esistenti. Per poter procedere verso una uscita bisogna superare alcuni ostacoli che sono profondamente radicati nelle strutture economiche e politiche dei vari Paesi. Vanno dunque creati piani di azione che mostrino come verrà gestito l’abbandono e quali saranno le scadenza, individuando gli attuali limiti e trovando soluzioni per abbatterli. Va fatto in modo che crisi internazionali, come la guerra in Ucraina, non possano portare a tornare indietro, pianificando le contromosse. Infine vanno previsti aiuti per i Paesi a economia ridotta, dove i sussidi posso ancora fare la differenza tra fame e sazietà.

UCJ ritiene quindi di non stare chiedendo nulla di nuovo, ma solo che gli impegni vengano rispettati. Il tempo sta sfuggendo e i continui ritardi stanno portando verso un collasso climatico del quale il primo a farne le spese sarà l’uomo. È dei giorni scorsi la pubblicazione di uno studio che rivela che l’Antartide sta diventando sempre più verde. Era presente meno di 1 km quadrato di verde nel 1986; ha raggiunto i 10 km quadrati nel 2021: sembra poco, ma purtroppo il ritmo di aumento della vegetazione procede a un ritmo velocissimo, pari, tra il 2016 e il 2021, al 30 per cento. Nel marzo del 2022, durante l’estate antartica, in alcune aree sono state raggiunte temperature di 20 gradi sopra alla norma. Se l’Antartide cambia colore, non sarà più in grado di riflettere il calore del sole e questo aumenterà lo scioglimento dei ghiacci. Potremmo sperare in futuro di fare un bagno nell’Oceano meridionale, ma per quell’epoca noi non ci saremo più.

Il prezzo da pagare per l’inazione di fronte a una crisi climatica sempre più urgente è molto più alto dell’eventuale costo che nel breve e medio periodo i cittadini dovrebbero sostenere se eliminassimo i sussidi alle fonti fossili. Questo è il motivo per cui Fondazione Banca etica ed Enostra sono interessate ad appoggiare la lettera per fare in modo che l’economia fossile possa essere per sempre abbandonata.

Chi volesse aderire alla campagna e sottoscrivere la lettera, può farlo qui.

Mariella Bussolati

27/10/2024 https://effimera.org

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